Venerdì 7 aprile prenderà il via un corso di 20 ore con insegnante madrelingua cinese che si terrà nella sede della Scuola Superiore di San Marino al quale sono iscritti 23 studenti.
Un’iniziativa concordata con la Segreteria di Stato all’Istruzione e curata dall’Istituto Confucio San Marino (che gratuitamente fornirà docenti e materiale didattico ai partecipanti).
Le lingue che, fino agli inizi del Novecento, facevano parlare il mondo: spagnolo,francese e inglese, oggi stanno segnando il passo nei confronti della lingua cinese.
Gli americani, inutile dirlo, lo avevano capito con largo anticipo e nel 2010 oltreoceano erano più di 1.000 licei attrezzati per l’insegnamento del putonghua, il cinese ufficiale, già padroneggiato da milioni di studenti giapponesi nel frattempo (secondo costume nipponico) portatisi avanti col lavoro e passati a studiare il cantonese e il cinese in uso nella provincia del Fuijian, vere e proprie lingue nella lingua.
E il Belpaese? A rimorchio: negli anni Novanta erano quattro gli Atenei con la sguardo rivolto a levante (la romana Sapienza, l’Orientale a Napoli, Cà Foscari a Venezia e l’Università degli Studi di Milano). Adesso pure gli altri si sono uniformati, finanziando anche borse di studio che annualmente consentono a centinaia di universitari di recarsi a Pechino, Shannghai e Guangzhou per perfezionare la conoscenza di una lingua che si compone di 5.000 caratteri, da imparare a memoria.
“E’ vero che gli stessi cinesi in parte li ignorano – dice Katya Sciarrino Direttrice dell’Istituto Confucio San Marino – ma è comunque indispensabile essere in grado di riconoscerne una buona quantità. Per riuscirci serve tempo: almeno due anni per poter esprimersi con un minimo di scioltezza. Scrivere è più difficile e saper leggere è considerato l’ultimo gradino”.
Insomma, prima si inizia meglio è. Per questo anche San Marino vuole mettersi al passo con i tempi portando la lingua cinese nelle superiori, per offrire occasioni ai giovani studenti di migliorare le loro competenze nella preparazione e favorire il loro accesso al mondo del lavoro , ma anche per intraprendere quel percorso di internazionalizzazione inevitabile per la Repubblica.