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Sarajevo, la Capitale d’Europa tra il passato e il futuro

da Redazione

Il viaggio fotografico di Vittorio Giardi e Gabriele Mazza è diventato un volume. Una città che possiede ancora le ferite della guerra ma che è puntellata di centri commerciali.

Giardi Mazza Sarajevo

 

di Alessandro Carli

 

Sarajevo, “femmina inerme in mezzo a maschi assetati di stupro”, è l’orizzonte e il luogo in cui Masa e Max, i protagonisti de “La cotogna di Istanbul. Ballata per tre uomini e una donna” di Paolo Rumiz, incrociano i loro destini e le loro vite. Una città misteriosa e bellissima, che 20 anni fa ha dovuto subire un disastroso lifting che le ha cambiato i connotati: buchi dei proiettili come nei, strisce lasciate dalla schegge delle granate sulle facciate degli edifici che assomigliano a profonde rughe, ferite che non si rimarginano. Al fianco di queste ustioni, oggi la città è puntellata di modernissimi e luminosi centri commerciali.

“Sarajevo Capitale d’Europa 20 anni dopo”, il resoconto fotografico firmato da Vittorio Giardi e Gabriele Mazza che è stato anche mostra ospitata all’interno della Sala Fondazione San Marino, è diventato libro. “Tra febbraio e marzo 2014 – racconta Vittorio Giardi – io e Gabriele siamo stati in Bosnia per presentare ‘San Marino the stone and the move’ all’interno del Sarajevo Winter Festival. Durante i dieci giorni dell’evento abbiamo svolto un lavoro di ricerca e documentazione impegnativo ma gratificante, esplorando con scrupolo la città per fotografarla”.

Due sguardi diversi sulla stessa realtà. “Io ho cercato di dare un taglio più da cronaca, Gabriele invece si è soffermato sulla città. Io giravo con una sola macchina fotografica, spesso nascosta in modo da non farmi vedere, lui invece con un cavalletto e molto obiettivi. Abbiamo incontrato le neve e il sole, camminando 10-12 km al giorno”.

Giardi ricorda: “Nessuno ci ha mai guardato male, anzi: le persone volevano farsi fotografare per far vedere al mondo come sono. Alle sei di mattina le persone si mettono in fila per ricevere il pane, e ti sorridono, augurandoti una buona giornata. Gli abitanti vivono il presente e hanno voglia di futuro”. Stanno peggio i palazzi e gli edifici. “Il 90% dei nuovi edifici sono di proprietà di banche. Quelli vecchi – in particolar modo uno costruito durante l’epoca di Tito – invece hanno ancora i segni delle pallottole nei muri, ma magari hanno gli infissi appena acquistati. Nelle strade di Sarajevo si vedono passare automobili da 100 mila euro e mezzi che qui da noi non si vedono più da anni”.

A distanza di poco più di 20 anni dalla fine del conflitto, che provocò la morte di oltre 20 mila persone, i segni sono ancora visibili. “I parchi pubblici, ancora oggi, ricoprono le salme degli scontri: sono stati riconvertiti in enormi cimiteri che, ed è questo il messaggio più bello di fratellanza – vedono vicini ortodossi, cristiani e musulmani”.

 

WORLD PRESS PHOTO 2017


Qual è il segreto della fotografia? Domanda dalle risposte multiple. Una, lo possiamo affermare con certezza, è quella di saper parlare tutte le lingue del mondo. La mancanza della parola diventa quindi, attraverso l’immagine, una sorta di multi-linguaggio.

Come ogni anno, anche per il 2017 il World Press Photo ha stilato la classifica delle immagini più significative scattate nel 2016. Ne abbiamo scelte due. La prima è quella del fotoreporter turco Burhan Ozbilici, vincitore del WPP con “Un assassinio in Turchia”, scattata il 19 dicembre 2016, quando un poliziotto fuori servizio, Mevlut Mert, uccise a colpi di pistola l’ambasciatore russo, Andrei Kárlov, in una galleria d’arte ad Ankara.

La seconda invece, vincitrice della categoria “problemi contemporanei” (“Contemporary issues”), è opera di Jonathan Bachman. La giovane Iesha Evans si trova a una manifestazione contro la violenza della polizia contro gli uomini neri, al di fuori della Baton Rouge, Louisiana. L’immagine è diventata il simbolo delle proteste tra la comunità afroamericana e le forze di polizia. Uno scatto che non può non evocare quello dello studente sconosciuto a Piazza Tienanmen davanti ai carri armati.

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