Così lo definì il professore al Ginnasio-Liceo di San Marino, grecista ma anche autore di straordinarie opere poetiche. Come “In Republica bona”, musicata da Fabio Casali.
di Alessandro Carli
“O tekna, Kadmou tou palai nea trofe tinas pot edras tasde moi toazete“. Chissà che espressione ha fatto il giornalista Dario Zanasi de “Il Resto del Carlino” quando, salito a San Marino nell’estate del 1956 per incontrare il professor Giuseppe Mastella, alle proprie domande si sentì rispondere con i primi versi di “Edipo re” (che traduciamo: “O figli dell’antico Cadmo, nuova progenie, cosa siete venuti a fare?”). Nel 1956, in occasione dell’intervista poi uscita sul giornale del 28 luglio, il professor Mastella aveva quasi 80 anni. Si presentò con “una berretta sportiva marrone chiaro, una rosa giallina all’occhiello, il bastone con la punta incapsulata nella gomma, un corpo alquanto minuscolo, le pupille glauche a cui l’avanzata età dona i riflessi mutevoli e quasi liquescenti di un’ostrica”. Ma chi era, e soprattutto cosa lega il suo nome a quello della Repubblica di San Marino? Non di certo la nascita, avvenuta a Firenze nel 1868, e nemmeno gli studi universitari, portati a termine con successo a Padova. Il suo rapporto con il Titano è ben documentato all’interno della Biblioteca di Stato: vi sono difatti custodite numerose poesie edite e manoscritte, alcune pasquelle, ma anche lavori teatrali e versi per la musica. Nel 1891, poco più che 23enne, fu chiamato ad insegnare al Ginnasio-Liceo di San Marino e nel 1909 divenne cittadino. Nel 1948 il Consiglio Grande e Generale lo insignì della “Medaglia al Merito” con la seguente motivazione: “Per le sue virtù morali di cittadino, per le eminenti doti di letterato e di educatore, dopo aver esercitato la sua missione in Repubblica per oltre 40 anni con lustro del nostro Istituto”.
Una stima reciproca: Mastella difatti disse: “Amo profondamente l’Italia ma sono orgoglioso di essere cittadino sammarinese”.
Il professore, alla sua attività di insegnamento e di pubbliche relazioni – conobbe personalmente Giosuè Carducci il giorno in cui il grande poeta pronunciò il celebre discorso ma anche Giovanni Pascoli in occasione della commemorazione del poeta delle “Odi barbare” -, alternò anche un costante e prolifico impegno nella poesia. Il suo capolavoro fu “In Republica Bona”, scritto nel 1911 e completato nel 1932 in cui Mastella racconta tutto l’episodio dello scampo garibaldino sul Titano “attraverso la raffigurazione dei personaggi e lo svolgimento colorito degli aneddoti”.
L’opera, suddivisa in 18 sonetti, nel 2011 e nel 2015 è stata musicata da Fabio Casali e arrangiata da Marco Capicchioni, trasformando il “racconto” in una ballata per voce, due chitarre e un trio d’archi. “Il lavoro per me è stato entusiasmante – ha detto lo stesso Casali – ed è stato un piacere essere guidato dalla sonorità musicale di una poetica così raffinata. Combinare accordi e linee melodiche al solo fine di far risaltare il contenuto letterario, che mi è parso sin dall’inizio di alto livello, mi ha dato l’impressione di far rivivere questi versi attraverso la musica”.
Asciutta e densa di pathos è la descrizione che Mastella dà di Garibaldi, rigorosamente seguendo lo schema delle rime a-b-b-a, a-b-b-a, c-d-e, e-d-c.
Già dal titolo, “La guida”, emerge una forma di stima per il Nizzardo.
Venne la guida: un uom arido, ossuto / tutto pel, tutto nerbi, tutto nocchi / tutte rughe la fronte ampia, con gli occhi / fiammeggianti e il contegno risoluto: / Cacciatore instancabile, saputo / nel rampar per dirupi e per trabocchi, / nell’entrare il padul fino ai ginocchi, / nel trovar, come il can, la strada al fiuto. / Si profferse con gioia: a una secreta / vista raccolse la famiglia, e, stesa / largo accennando la callosa mano, / indicò guadi e valichi, Sogliano / Bianca dai verdi poggi al ciel protesa / e cupa in fondo al piano la Pineta.
Merita poi più di una riflessione, anche per la stretta attualità, la terzina “Sacra fu sempre l’ospitalità / presso i maggiori; o che? Vogliamo noi / per un sospetto vil fare altrimenti?“, che racchiude tutta la forza espressa da un popolo che, nonostante il gravissimo pericolo che il proprio territorio venisse invaso e l’incolumità dei sammarinesi compromessa nella battaglia fra l’esercito austriaco e i garibaldini, decise di dare asilo ai fuggiaschi, di sfamarli e favorirne la fuga. Di fronte ai potenti che potevano schiacciare la Repubblica, i sammarinesi preferirono tenere fede ai propri valori fra cui quello dell’accoglienza è assoluto.
Ma è soprattutto in “Terra di San Marino” del 1932 che emerge il grande rapporto con il Titano. Mastella la chiama “dolce terra”, “sprone ardito di Romagna”. Uno Stato che ha “di smeraldo la campagna e d’ametista l’Appennino”. Colori che, se cercati con attenzione, si possono ancora cogliere.
Non da meno, per spessore e potere evocativo, quel meraviglioso “Inno a San Marino” scritto di suo pugno e datato 1941, definito, in un frammento, “picco di grazia”.
“AMARCORD”, QUANDO SI INCIAMPA SU TRE CONSONANTI “INCOLLATE”
Basterebbe il frame del professor di greco “Fighetta” (“Amarcord” di Federico Fellini) e chiuderla lì. Tutto quello che segue, sarebbe un di più.
Per chi ha fatto il Liceo classico, l’interrogazione di Ovo davanti alla cattedra è una storia già vista, o già vissuta, che evoca ricordi spesso lontani. Ve la riproponiamo, battuta per battuta.
Professore: “Acta necròn garpesònton, issemàr psamèn fosìn, cheeleo ienimèn fonès. E’ bella la lingua greca, vero?”.
Ovo: “Ostia!”.
Prof.: “Com’è musicale, eh?”.
Ovo: “Eeeh!”.
Prof. “EMARPSAMEN… ripeti”.
Ovo: “E-MAR-PSA….”. (sputo).
La classe ride.
Prof.: “No… no…”.
Ovo: “Non ci riesco!”.
Prof.: “State un po’ zitti, voialtri! Coraggio…”.
Ovo: “Professore potrebbe essere così gentile? Scusi, me lo potrebbe far risentire?”.
Prof.: “Certo, certo, certo… guarda: E-MAR-PSA-MEN… fai attenzione alla lingua, deve battere qui, contro il palato…. poi, cacciala fuori… E-MAR-PSA-MEN… coraggio!”.
Ovo: “E-MAR-PSA…” (pernacchia).
La classe ride.
Ovo: “State zitti, che faccio una gran fatica… dai….”.
Prof.: “Dunque, su, coraggio, E-…..”
Ovo: “E-MAR-PSA….” (pernacchia) “Ha sentito? E’ difìcile (con una f sola, alla romagnola) il greco! Come la metteva la lingua?”.
Il professore mostra come impostare la lingua, Ovo lo segue: “Non così fuori… tra i denti…”
Ciccio: “Dai, Ovo, che ci sei vicino!”
Prof.: “EMAR…..”
Ovo: “EMAR…..” (tira un sospiro profondo ed esplode in una fragorosa pernacchia)
Prof.: “Va a posto, Perdio!!!!”
Ovo, sconsolato: “C’ero quasi riuscito, però…”.