L’ANIS e la CSU trovano l’intesa per riallinearli all’inflazione reale. Nel 2017 confermato il +1,2%, poi un ulteriore 1,8% spalmato in 5 anni.
di Daniele Bartolucci
ANIS e CSU hanno siglato l’accordo sugli aumenti retributivi del contratto Industria, rinnovato nel 2015, mantenendo l’impegno preso al tempo ma redistribuendoli su più anni, equilibrandoli all’andamento dell’inflazione. Una garanzia, quella dell’allineamento all’inflazione, che datori di lavoro e sindacati hanno concordato garantendo, in parallelo, la flessibilità delle prestazioni lavorative, sempre più necessaria alle aziende per sviluppare e competere sui mercati.
Come noto, ANIS e CSU “si erano infatti impegnati a verificare, con cadenza biennale, la reale incidenza dell’inflazione al fine di apportare i necessari correttivi laddove ci fosse un consistente scostamento rispetto agli aumenti retributivi corrisposti”, spiegano dall’Associazione Industria. “Alla luce delle verifiche effettuate è emersa una discrepanza tra inflazione reale e aumenti già corrisposti pari al 2,5%, per cui si è aperto il confronto tra le parti che ha portato alla rimodulazione degli aumenti programmati”. In particolare per il 2017 rimane invariato l’aumento dell’1,2%, mentre l’ulteriore 1,8% non verrà più corrisposto interamente nel 2018, ma distribuito sino al 2021 come segue: 0,80% nel 2019, 0,50% nel 2020 e 0,50% nel 2021. In definitiva: “L’aumento totale del 3% è comunque garantito ai lavoratori, così come è garantito l’eventuale recupero da parte delle aziende nel caso in cui si verificassero ancora periodi di deflazione, tali da non giustificare più gli aumenti preventivati, che verrebbero di nuovo posticipati”.
“Negli ultimi 4 anni”, spiegano dunque i sindacati della CSU, “le buste paga dei lavoratori del settore industria sono aumentate del 4% contro un’inflazione del 1,5%. Gli aumenti del biennio 2017-2018, pari al 1,2% e 1,8%, rispetto ad un carovita pari a 0, andavano quindi ritoccati almeno della differenza, ovvero l’1%”.
“L’accordo”, sottolinea infine ANIS, “prevede altresì di prorogare fino al 2021 gli interventi straordinari a favore dei lavoratori dipendenti creditori di aziende coinvolte in procedure concorsuali. Infine, è stato trovato l’accordo anche su un altro importante capitolo di spesa per le aziende, allineando agli altri settori il contributo al Fondo Servizi Sociali versato dalle imprese che applicano il contratto industria ANIS, che diminuisce dall’1,2% all’1% con decorrenza 1 gennaio 2017”.
La sottolineatura riguardo al contratto ANIS è importante, infatti, come ricorda la stessa CSU “tale accordo non ha efficacia erga omnes, così come previsto dalla nuova legge sulla rappresentatività, ma solo per le aziende che applicano il contratto CSU – ANIS ed i lavoratori in esse occupati”. E in tal senso c’è l’impegno, prosegue CSU, “a far sì che le trattative, previste da detta legge a partire da luglio 2018 ed a cui parteciperanno tutte le sigle sindacali e datoriali aventi i requisiti, conducano all’acquisizione dell’efficacia erga omnes dell’accordo raggiunto, attraverso le procedure indicate dalla legge stessa”.
Sul breve periodo, invece, l’accordo siglato il 30 gennaio ha una valenza che riguarda i prossimi 5 anni, motivo per cui il Presidente ANIS Stefano Ceccato e i Segretari Generali Giuliano Tamagnini (Csdl) e Riccardo Stefanelli (Cdls) hanno convenuto che “questa soluzione ci permette di pensare ad altro, visto che di sfide importanti per il Paese ce ne sono molte”. Il riferimento è andato subito al nuovo Governo, che incontreranno tutti la prossima settimana. “Ci sono diversi temi su cui imprese e lavoratori, pur confermando i propri rispettivi e diversi ruoli, possono trovare posizioni comuni”, ha spiegato Ceccato, “che possono poi tradursi in proposte importanti per il Governo”.