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Manifattura e Servizi: la San Marino delle imprese funziona

da Redazione

Nel confronto con le due Province confinanti, il Titano si conferma “motore” tra Emilia Romagna e Marche, anche se non è stato ancora in grado di far ripartire l’edilizia (costruzioni più immobiliare), che invece in Italia si sta risollevando.

 

di Daniele Bartolucci

 

Nello spazio di quasi 3.500 km quadrati sono concentrate 75.656 imprese, che rendono questo fazzoletto di terra una delle aree con la più alta concentrazione di imprese d’Italia. Ma non sono tutte imprese italiane, visto che la somma comprende anche le 5.174 aziende insediate nella Repubblica di San Marino e, storicamente quanto statisticamente, molte di quelle nei territori circostanti, operano ogni giorno con esse. Stiamo parlando delle Province di Rimini e di Pesaro Urbino, che “abbracciano” l’antica Repubblica, anzi, insieme si può immaginare completino un unico motore economico, tanti sono gli intrecci e le interazioni tra i tre territori, nonostante i confini che li separano. Si tratta infatti di uno Stato autonomo e di due Province appartenenti a due Regioni differenti, Emilia Romagna e Marche. Eppure i legami sono tanti, a partire dalle migliaia di lavoratori frontalieri che salgono sul Titano ogni giorno, provenienti proprio da queste due Province. E allora partiamo dal lavoro, o meglio, da chi genera il lavoro, le imprese, per comprendere se questo territorio sia davvero un motore economico che si muove nella stessa direzione.

 

TRE TERRITORI VICINI, TRE “MODELLI” DIFFERENTI

Al di là dei volumi, è interessante evidenziare come dal numero delle imprese di ciascun settore si possano individuare tre modelli economici differenti, nonostante i territori siano così piccoli e vicini tra loro. San Marino ha oggi un’economia basata su industria (manifattura, costruzioni, trasporti ecc), commercio/turismo e servizi, che insieme rappresentano i due terzi delle imprese insediate in Repubblica. A questi si dovrebbe aggiungere la finanza, che anche se conta solo 65 imprese attive, è not quanto pesi sull’economia del Paese. Ma analizzando i numeri, senza tener conto in questo caso del fatturato e del numero di dipendenti (quest’ultimo, comunque, rispecchia la stessa dinamica), i settori più importanti risultano appunto i primi tre. E’ così anche per riminesi e pesaresi? Non proprio. Infatti Rimini ha un’accentuata preponderanza del commercio (9.080 imprese) e delle attività dei servizi alloggio e ristorazione (4.743) su tutti gli altri settori: in totale sono quasi 14.000 imprese, il 40% delle 34.569 totali. Nel riminese l’industria principale è il turismo, infatti, non il manifatturiero, che conta appena 2.606 imprese attive (solo il 7,5% del totale). Discorso ben diverso a Pesaro Urbino, dove il manifatturiero è un settore trainante, con 4.761 imprese attive su 35.913 totali, quasi il doppio che i vicini riminesi: se poi ci aggiungiamo le costruzioni (5.259) e le attività immobiliari (2.328), questo macrosettore rappresenta più di un terzo di tutte le imprese pesaresi, da solo. E se il commercio vale poco meno che a Rimini è vero che il turismo non è un asset così rilevante: ci sono infatti la metà di alberghi e ristoranti sparsi in un territorio che è tre volte più grande.

E questo si traduce in un peso maggiore dell’agricoltura (5.671 imprese attive) rispetto a chi tanto terreno non ce l’ha, ovvero Rimini e San Marino.

 

UN ANNO IN RIPRESA, MA NON PER TUTTI

La fotografia sintetica dei tre modelli economici è utile anche per vedere come, nell’anno della ripresa (ovviamente a livello statistico), si siano sviluppati e secondo quali direttrici. Dovendo creare un quadro analitico omogeneo (si veda la tabella a centro pagina), gli ultimi dati disponibili sono quelli di settembre 2015-settembre2016. Un anno in cui, come detto, si sono notati i primi segnali positivi dopo tanti “rossi”. Vediamo come li hanno intercettati i tre territori. San Marino ha avuto un anno contrastato, visto che se confrontiamo l’attuale situazione con la media annuale del 2015 il trend è positivo, mentre se analizziamo mese con mese, c’è stato un piccolo calo del numero delle imprese. Fatta questa premessa, il calo è stato di 30 imprese rispetto alle 5.204 di settembre 2015. Se consideriamo il fatto che le sole costruzioni, un settore in difficoltà da anni oramai e per cui si è fatto ben poco a livello legislativo, sono diminuite di 21 unità, la situazione torna ad essere di pareggio, che è già un dato positivo rispetto ai cali consistenti degli anni precedenti. Un segnale positivo che si è concretizzato nell’aumento delle aziende manifatturiere, tornate a quota 500 (498 per la precisione) con un aumento di quasi 30 unità. In questo, solo San Marino è cresciuta quest’anno, più della “turistica” Rimini (che ne ha perse 22) e più della “produttiva” Pesaro Urbino (che ne ha perse 32). Ma se emerge nella manifattura, il Titano si merita la “maglia nera” dell’edilizia, con un -4,9% nelle costruzioni e un -1,1% nelle attività immobiliari. A Rimini e Pesaro Urbino i dati sono infatti decisamente migliori, anche se negativi: rispettivamente -2,2% e -3,5% nelle costruzioni, +0,1% e +1,6% nelle attività immobiliari. Segno che in queste due aree, e più in generale in Italia, il settore sta invertendo la rotta (come confermano anche i dati sui mutui richiesti), grazie anche a politiche incentivanti da parte del Governo e delle Regioni. Per quanto riguarda invece Rimini, che abbiamo identificato come turistica e commerciale, è stato un anno positivo, tutto sommato: è l’unica area, infatti, dove il commercio ha visto un aumento del numero delle imprese rispetto ai dati negativi di San Marino (-3,1%) e Pesaro Urbino (-1,3%). Cosa che si ripete anche per alberghi e ristoranti (in verità, anche San Marino è migliorata con un +1,1%), al contrario di Pesaro Urbino (-0,9%), che conferma la sua identità poco “turistica” anche nel 2016. In pratica, dal quadro appena descritto e in base anche ai dati statistici forniti dall’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Rimini, assieme a quelli dell’Ufficio Statistica di San Marino, sembrerebbe – il condizionale, in assenza di dati qualitativi sui bilanci, fatturati e occupati – che San Marino e Rimini abbiano effettivamente intercettato questi primi segnali di ripresa, migliorando le proprie performance nei settori che possiamo considerare fondamentali per la loro economia reale: la manifattura a San Marino (anche se commercio e turismo arrancano ancora un po’, per non parlare dell’edilizia, che perde anche quest’anno), e il turismo e commercio a Rimini. Mentre Pesaro Urbino, una realtà sicuramente più industriale, ha lasciato sul campo altre decine di aziende, proprio nel settore in cui era (ed è ancora) più forte degli altri, ovvero il manifatturiero.

Questo si traduce anche in un dato negativo, a livello generale, peggiore degli altri due territori, a riprova che quando va in crisi il settore più importante, si trascina dietro anche tutti gli altri. Questo, anche San Marino, purtroppo lo sa bene, avendo fatto i conti con il rapidissimo declino della sua piazza finanziaria nel volgere di pochi anni, con una raccolta bancaria dimezzata che, di fatto, ha portato al ribasso anche tutto il resto dell’economia del Paese. Economia che, fortunatamente, è riuscita comunque a reggere questa “tempesta” puntando proprio su quegli asset che l’hanno sempre sostenuta: manifattura e artigianato, turismo e commercio, servizi alle imprese e ai cittadini. E a proposito di servizi, guardacaso, San Marino ha totalizzato un ottimo +5,5% (+32 imprese), che lo colloca al primo posto come trend, davanti a Rimini (+0,1%) e Pesaro Urbino (-0,5%), unica area in negativo in questo settore. Del resto, se calano le imprese in generale e calano quelle del settore di riferimento (scusate se ci ripetiamo), cala anche il numero delle attività di servizio. Ma non sempre, visto che le attività professionali, scientifiche e tecniche, nonostante tutto, a Pesaro Urbino sono cresciute (+0,5%), così come a Rimini (+3,6%), mentre a San Marino sono diminuite (-1,3%). Un dato su cui occorrerà riflettere, per capire perché i professionisti sammarinesi non abbiano seguito il trend positivo.

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