Home categorieComunicati Stampa E’ a San Marino la prima piattaforma di biopsia liquida per lo screening del cancro

E’ a San Marino la prima piattaforma di biopsia liquida per lo screening del cancro

da Redazione

SAN MARINO – E’ noto che il cancro sia una patologia del genoma, causata da lesioni diverse (mutazioni, delezioni, duplicazioni, modificazioni) a carico del DNA. Queste lesioni si generano principalmente per esposizione ad agenti ambientali fisici e chimici quali il fumo, l’abuso di alcol, una alimentazione scorretta, ma anche per familiarità. E’ proprio l’accumulo di queste lesioni non riparate nel tempo a causare la malattia.

Oggi San Marino e Italia, prime in Europa, hanno a disposizione il nuovo test SCED, acronimo di Solid Cancer Early Detection che permette di eseguire la mappatura e il monitoraggio delle mutazioni genetiche coinvolte nei tumori solidi a scopo di screening di prevenzione secondaria, riunendo con un solo gesto la possibilità di indagare 50 geni noti per essere correlati al cancro e oltre 2800 mutazioni note anche in soggetti sani. Il prelievo di sangue può essere effettuato ovunque, per essere inviato presso Bioscience Genomics, spin off dell’Università di Roma Tor Vergata, presente con propri laboratori proprio a San Marino, Roma e Milano.

“Se sino ad oggi la ‘biopsia liquida’ era utilizzata come test di follow up dei malati, riteniamo che in pochi anni, grazie al supporto alla ricerca offerto dall’Università, potrà diventare il gold standard nella diagnostica in oncologia, come un percorso di monitoraggio della salute. Percorso in quanto il test è stato pensato in tre diversi livelli di approfondimento dell’indagine, da quello base a quello che indaga le mutazioni più specifiche” ha affermato il Prof. Giuseppe Novelli, Docente di Genetica all’Università di Tor Vergata, sede dello spin off Bioscience Genomics.

Alcuni anni fa gli scienziati scoprirono che tumori solidi appena sviluppatisi in tessuti diversi come il pancreas, il fegato etc. rilasciavano nel circolo sanguigno del soggetto tracce del loro DNA che, debitamente moltiplicate in laboratorio con le più recenti tecniche di amplificazione e sequenziamento potevano essere individuate ed analizzate.

I tumori pertanto, in fase precocissima e di dimensioni tali da non generare ancora sintomi nel paziente possono essere analizzati attraverso quelle che vengono chiamate cfDNA (cell free DNA) per verificarne la natura, la qualità e il numero di mutazioni. La ricerca degli ultimi anni ha individuato infatti le mutazioni più frequenti correlate ad oltre 100 tipi di cancro ed oggi quindi è possibile usare queste preziose informazioni per eseguire uno screening precoce che individui le mutazioni più a rischio e ne segua l’evoluzione nel tempo.

Vale inoltre l’assunto che più la fase di individuazione del cancro è precoce e maggiori sono le armi a disposizione per trattarlo e aumentare i tassi di guarigione e sopravvivenza, è questo il motivo delle numerose campagne di screening a disposizione della popolazione: dalla mappatura dei nei al pap test, la mammografia e il dosaggio di marcatori per la prostata. La parola d’ordine infatti è ‘diagnosi precoce’ per avere il massimo successo.

Come funziona – Da un minimo prelievo di sangue, di circa 10 cc, i biologi di Bioscience Genomics isolano il DNA libero circolante ed estraggono la frazione di DNA circolante per sequenziarlo alla ricerca della mutazione genetica tramite l’innovativa tecnologia NGS (Next Generation Sequencing). La tecnologia SCED è unica poiché incrocia l’analisi del DNA libero circolante (ctDNA) con quella del DNA germinale e delle Cellule Tumorali Circolanti (CTC) portando agli estremi il livello di affidabilità dell’esame.

Quando il tumore cresce aumenta il numero delle cellule tumorali circolanti e, quando viene sottoposto a trattamento, rilascia nel sangue intere cellule tumorali che si distaccano dalla massa primaria perché morte a seguito dell’attacco con i farmaci o che stanno migrando verso altri organi.

Utilizzi dopo la diagnosi di tumore – In questa seconda fase ‘contare’ queste cellule e analizzarne le mutazioni ha diversi usi clinici: individuare l’efficacia delle terapie, individuare tempestivamente fenomeni di resistenza, monitorare la formazione di metastasi con una indagine semplice, non invasiva, che prevede un semplice prelievo di sangue venoso e soprattutto ripetibile più volte nel tempo. Nella pratica clinica il test rappresenta l’ulteriore opportunità di individuare e monitorare i cambiamenti del tumore nel tempo in maniera rapida, minimamente invasiva, per fornire informazioni necessarie a valutare le varie opzioni di trattamento. Serve a monitorare nel tempo la comparsa di mutazioni di resistenza alle terapie anti-tumore, (permette infatti in individuare alcune alterazioni nel ctDNA associate con la resistenza alle terapie a bersaglio molecolare, come EGFR T790M, che annulla le capacità anti-tumorali dei farmaci inibitori di EGFR).

Uno dei più vasti studi di patologia biomolecolare mai realizzati con questa tecnica, presentato al congresso dell’ASCO (American Society of Clinical Oncology), ha analizzato campioni di sangue prelevati ad oltre 15 mila pazienti con 50 diverse tipologie di tumori (37% di tumori del polmone, 14% di tumori della mammella, 10% di tumori del colon-retto e 39% di altri tumori). È stato quindi affermato il ruolo di protagonista, presente e futuro, di questa tecnica per la prevenzione e diagnosi dei tumori solidi.

Il percorso di screening SCED è fatto da tre diversi livelli di approfondimento e non conduce ad un referto positivo o negativo, bensì alla valutazione della individuale stabilità genetica del soggetto e quindi al rischio di sviluppare il cancro, sulla quale viene impostato il programma di monitoraggio, ciò in considerazione del fatto che possono intercorrere da 10 a 30 anni tra l’inizio della mutazione genetica e il decesso del paziente.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento