Quasi 20 i punti percentuali di differenza. E l’ex Premier lascia. Sempre il 4 dicembre l’Austria ha deciso: sì a Europa e immigrazione.
di Alessandro Carli
Domenica da bollino rosso, quella del 4 dicembre. Mentre i cittadini di San Marino si sono riversati alle urne per esprimersi sul futuro politico del Paese, fuori dai confini di Stato si sono giocate due grandi partite.
La prima, sulla carta, non ha catturato gli interessi del Titano: in Austria l’economista Alexander Van der Bellen del Partito della Libertà ha battuto Norbert Hofer. Con questa scelta, Vienna si dice tollerante e favorevole all’Europa e all’immigrazione libera. Van der Bellen, subito dopo la vittoria, ha annunciato che il suo mandato sarà all’insegna dei “vecchi valori di libertà, uguaglianza e solidarietà”.
La seconda invece riguarda anche il Monte: gli italiani hanno detto “no” a quello che era stato presentato come referendum costituzionale ma che di fatto è stato un “test” sull’appeal politico di Matteo Renzi. “Come era evidente e scontato dal primo giorno – così l’ex Premier dopo i risultati definitivi – l’esperienza del mio governo finisce qui. Credo che per cambiare questo sistema politico in cui i leader sono sempre gli stessi e si scambiano gli incarichi ma non cambiano il Paese, non si possa far finta che tutti rimangano incollati alle proprie consuetudini prima ancora che alle proprie poltrone. Volevo cancellare le troppe poltrone della politica: il Senato, le Province, il Cnel”. “Lasciamo la guida dell’Italia – ha spiegato – con un Paese che passato dal -2% al +1% di crescita del Pil, che ha 600mila occupati in più con una legge, quella sul mercato del lavoro, che era attesa da anni, con un export che cresce e un deficit che cala”.
Già, ma cosa si porta a casa Renzi? Sicuramente – ma siamo ancora alla fantapolitica – quel 40% di sì: un bel capitale che potrebbe rappresentare le fondamenta di un partito tutto suo.
Ha affidato a Facebook i propri pensieri, amari, MEB, Maria Elena Boschi: “Peccato. Avevamo immaginato un altro risveglio: istituzioni più semplici in Italia, paese più forte in Europa. Non è andata cosi. Ha vinto il no, punto. Adesso al lavoro per servire le Istituzioni. Mettiamo al sicuro questa legge di bilancio. Poi pubblicheremo il rendiconto delle tante cose fatte da questo Governo. A tutti i comitati, a tutti gli amici e le amiche che ci hanno dato una mano, grazie. Decideremo insieme come ripartire, smaltita la delusione. Un abbraccio”.
IL VOTO IN EMILIA ROMAGNA
La squadra di Renzi aveva puntato molto sull’Emilia-Romagna. E la Regione, complessivamente, si è espressa (sul filo di lana) per l’ex Premier: i sì hanno ottenuto il 50,4% delle preferenze. Zoomando le province, i “sì” hanno vinto a Ravenna, Reggio-Emilia, Bologna e Forlì-Cesena mentre i “no” hanno prevalso a Piacenza, Ferrara, Parma e Rimini.
I MEDIA INTERNAZIONALI
Il “no” di Renzi – perché in fondo di questo si tratta – ha avuto vasta eco sui media internazionali. Per la BBC, dopo aver rimarcato che “il referendum è stato considerato come un barometro del sentimento anti establishment d’Europa”, l’ex Premier “ha patito una dura sconfitta”. Il The Guardian invece ha trattato il risultato dalla parte opposta: sulle sue pagine i giornalisti rimarcano la “grande vittoria” degli oppositori di Renzi: il Movimento 5 Stelle e “il partito di estrema destra Lega Nord”. Il Financial Times invece annuncia che gli elettori hanno inferto “un colpo a Renzi”. Ha toni catastrofici invece la Bild: la “minaccia terremoto-Italia” – in perfetto stile tedesco – potrebbe avere “conseguenze per l’Europa”. Finiamo questa snella rassegna stampa con il Wall Street Journal: per il quotidiano statunitense è “una vittoria del populismo nel cuore dell’Europa”.
L’IMMEDIATO FUTURO
Mentre andiamo in stampa (lunedì 5 dicembre), Matteo Renzi sta andando al Quirinale per rimettere il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Mattarella che ha affidato a una nota ufficiale le prorie intenzioni: “Vi sono di fronte a noi impegni e scadenze di cui le istituzioni dovranno assicurare in ogni caso il rispetto, garantendo risposte all’altezza dei problemi del momento. L’alta affluenza al voto, registratasi nel referendum, è la testimonianza di una democrazia solida, di un Paese appassionato”. Quello che accadrà, non è facile da prevedere. Al di là dei mal di pancia “europei” – spread che probabilmente continuerà a salire, turbolenze finanziarie, eccetera -, verrà nominato un traghettatore che porterà l’Italia sino alle nuove elezioni. Se la data di marzo – chiesta a gran voce dall’opposizione – sembra troppo ravvicinata e quindi non percorribile, già più papabile è quella di giugno.
Opposizioni che, superata l’onda dell’entusiasmo, dovranno comunque confrontarsi su alcuni terreni scivolosi, come ad esempio la legge elettorale, su cui Silvio Berlusconi da una parte e Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno idee piuttosto lontane. Nel frattempo, il toto-nomi è già scattato: a chi affiderà Mattarella il compito di fare da “Caronte tecnico”? Sulla ruota girano il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan (scelto da Giorgio Napolitano ma Ministro del Governo Renzi), ma anche Romano Prodi (che si era schierato per il sì), sino al Presidente del Senato, Piero Grasso. Non è da escludere poi la nomina ad interim di Graziano Delrio.
SAN MARINO E ITALIA
Naturalmente l’esito del referendum italiano tocca da vicino anche San Marino: entrambi i Paesi dovranno ricostruire una squadra di Governo, con nuovi interpreti ma con “vecchie pratiche” sul tavolo. Una su tutte, la firma del memorandum d’intesa con Bankitalia.