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Cinema, visto per voi: io non vado “all’Inferno”

da Redazione

Incuranti del monito di Dante: “Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”, prendiamo posto. Uno a caso, tanto la sala è semi-vuota.

 

Martedì otto novembre. Con l’uscita nelle sale di “Inferno di Botticelli”, anche noi, inebetiti forse dal richiamo iconoclastico del mito infernale, ci dirigiamo all’UCI di Savignano. Undici euro di biglietto (perché è un evento ci fanno sapere alla cassa), e non basta neppure sventolare in bella vista la beneamata tessera. Nessuno sconto. Alla faccia di Dan Brown, il cui “Inferno”, di mercoledì, costa solo due euro.

Incuranti del monito di Dante: “Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”, prendiamo posto. Uno a caso, tanto la sala è semi-vuota.

Inizio: una veduta dall’alto del Ponte Vecchio, specie di cartolina “americana”, oseremo dire, d’una Firenze rimestata di turisti. “Cosa c’è di nuovo?”, pensi subito. Poi, appare un tale che parla come un presentatore di “Voyager”, e dopo dieci minuti di chiacchiericcio intorno alla Firenze del 1400, inizia con delle brevi interviste, dire brevi sarebbe cosa buona, in realtà si intervallano l’una con l’altra per interi quarti d’ora. La domanda è sempre la stessa: “Lei andrà all’Inferno?”; “Come se lo immagina?”; “Esiste davvero… l’inferno?”; “Lo sa che se commette uno di questi peccati, finirà in uno dei gironi, lo sa?”, con l’occhio torvo, ammiccando una certa suspense drammaturgica.

Poi, finalmente, quasi tirando un respiro di sollievo, si inizia a parlare del Botticelli. Un uomo, trascina un carrello per i corridoi vaticani, alla maniera di “E.R.”. Prende la tela, pregio del Rinascimento, dov’è miniato il cratere infernale (1490-1497). I particolari sono suggestivi. Questione di attimi: pensi al colore, alla luce d’una Firenze medicea, e pensi al genio dell’allievo di Lippi. E subito dopo, arrivano le illustrazioni: “Segni d’aria”, verrebbe una poesia guardandoli, anche a chi non ha alcuna dimestichezza con l’esercizio della poiesis.

Qualche informazione degna di nota, in un’ora mezza di documentario, arriva: “Le illustrazioni sono conservate in parte presso la Biblioteca Vaticana, e in parte presso il Gabinetto delle Stampe di Berlino”. E ancora: “Si può notare in alcuni casi, che sono rimaste incompiute. Sei stampe forse sono andate perse. O forse sono in Scozia. Acquisto, magari, di un ricco magnate”, per riassumere. Chissà! A noi l’arduo mistero. Qualche tentativo ancora di ricreare un’atmosfera, alla Brown appunto, e via che si ricomincia con la carrellata d’interviste nonsense. E facce, facce una dopo l’altra, come se piovesse, tanto che spereresti di vedere anche quella di Ralph Loop per chiedergli a tua volta, in un laconico addio, il rimborso del biglietto.


Aurora Castro (in compagnia di Teresio Troll)

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