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L’architettura di una “Città felice”

da Redazione

Per Lodovico Zuccolo è la Repubblica di San Marino: l’autore faentino nel Seicento fece dialogare Moricucci e Belluzzi.

 

di Alessandro Carli

 

Il Seicento è stato un secolo “felice” per la Repubblica di San Marino. Tra il 1613 e il 1633 ben tre scrittori creano le basi del “mito” del Titano nelle vesti di “Stato ideale” e appunto “città felice”: Traiano Boccalini, Matteo Valli e Lodovico Zuccolo. Quest’ultimo, nato a Faenza nel 1568, nella sua vita scrisse diversi testi, tutti molto interessanti: “Discorso della ragione del numero del verso italiano”, “Dialoghi” ma soprattutto “Belluzzo ovvero della città felice” in cui, muovendo una serie di critiche a “Utopia” di Tommaso Moro, “disegna”, attraverso un’architettura (di parole), le caratteristiche di un Stato ideale. La Repubblica di San Marino, appunto.

Un testo che, come scrive benissimo Paolo Costantino Pissavino, “presenta ‘Il Belluzzi’ come una sorta di abregé dei temi fondamentali che caratterizzarono nell’ideologia della conservazione le scritture politiche dell’età della Controriforma e Barocca (…).Zuccolo veniva ad elevare San Marino a peculiare paradigma di un sistema politico a base popolare, approdo dottrinale tutt’altro che diffuso nella cultura cinque e seicentesca”.

L’ottimo Claudio De Boni dell’Università degli Studi di Firenze inquadra, in una ricerca, la ricerca e l’obiettivo di Zuccolo. “Nel capitolo dedicato alla ragion di Stato” l’autore osserva “che non esiste una ragion di Stato, ma tante quante le forme di Stato esistenti: se tale dottrina si propone di suggerire i mezzi per la conservazione di un determinato potere statale, ‘non verrà altro a dire che un operare conforme all’essenza o forma di quello stato che l’uomo si ha proposto di conservare o di costituire’ (…) È infatti sua intenzione dichiarare che non ogni ragion di Stato va presa automaticamente per buona, perché ‘se buona sarà la forma della republica, giusta sarà la ragione di stato die la risguarda; e, se la forma della republica sarà mala, ingiusta doverà dirsi la ragione di stato’, che a quella è indirizzata”.

La biblioteca di Stato, nel suo archivio, conserva alcune copie degli anni Trenta edite da Zanichelli ma anche un prezioso volume, fatto stampare nel 1987 dal Credito Industriale Sammarinese, che riunisce i tre scrittori, Traiano Boccalini, Matteo Valli e Lodovico Zuccolo appunto.

 

DELLA CITTÀ FELICE

L’autore, nel frontespizio del libro, mette subito in chiaro gli interlocutori del dialogo, che ci piace immaginare all’aria aperta: Gio. Andrea Belluzzi e Vincenzo Moricucci, “Medico” di Mondaino. Ma è al primo personaggio, quel “Belluzzo” che dedica, sin dalle prime battute, parole al miele, definito “personaggio assai commodo de’ beni di fortuna, ma però è meglio fornito di quelli dell’animo, ne’ quali non cede o per vivacità d’ingegno o per nobile eruditione, o per rara prudenza a nissun altro gentiluomo di S. Marino sua patria”.

E al Belluzzi, Zuccolo fa dire che la sua terra “per più di mille anni, senza haver sentite percorre gravi di fortuna austera, si trova ancora libera, e vergine (..) e non paga tributo a nissuno”, né mai “fece homaggio a Potentato maggiore”. E ancora: “La Repubblica, per la buona natura de’ cittadini, viene a preservarsi libera dai moti interni e per la fortezza del sito e dalle insinuazioni esterne”. Dopo aver descritto le caratteristiche della città ideale, lo stesso Belluzzi le cala sul suo Stato. Stato in cui tutti “siamo poveri ma tuttavia commodi la più parte rispetto alla semplicità del viver nostro; dove il poco ne pare assai perché non habbiamo da impiegare il molto; dove si una la cortesia perché la scarsezza del denaro non ha potuto introdurre la tenacità del proprio” né l’ingordigia degli altri.

A San Marino, e parla ancora il Belluzzi, non vengono “forastieri e corrompere i nostri costumi, non mercanti a introdurre delitie, non banchieri a distruggerci co’ i cambi”. Nella sua esposizione, il sammarinese cita la coltura dei campi “aspri”, ma anche i giovani, abituati alle fatiche e a sfuggire a più poteri. A San Marino “non si dà ricapito a’ banditi, non si ricettano ladri, non si fanno favori ad “alcun Prencipe”. Altro bellissimo paragone, quello tra il Titano e Sparta. Il metro, il terreno di confronto è il mondo dei giovani. “Colà (Sparta, ndr) l’educazione dei giovani era troppo aspra perché facea di mestiere di ritirarli con duro morso dai piaceri, e di trattenerli con violenza in eserciti”. Sul Monte invece “l’asprezza del viso, la strettezza del luogo, la penurie di delitie li rende senza molto sforzo sani e robusti e continenti”.

In senso più ampio, “l’uguaglianza e la frugalità di Sparta fu opera di sola prudenza” mentre quella di San Marino può fare affidamento anche “alla natura del luogo”, che tiene “fermi quei provvedimenti di viver sobrio e moderato” che “prudenza ed equità introdusse ” sin “dal principio”.

Per Zuccolo-Belluzzi quindi San Marino è “La città felice” perché possiede un perfetto ordinamento.

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