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Sostegno all’editoria, approvata definitivamente la legge

da Redazione

La Camera ha approvato ieri sera in via definitiva il testo unificato delle proposte di legge per il riordino della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell’editoria (Istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell’editoria e dell’emittenza radiofonica e televisiva locale, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Procedura per l’affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale).

“L’obiettivo di questa legge è assicurare diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell’informazione a livello locale e nazionale – spiega il deputato PD riminese Tiziano Arlotti, che nei mesi scorsi aveva incontrato i media locali per approfondire il provvedimento -.

Negli ultimi anni, anche per il combinato disposto di una incertezza sulla definizione delle risorse e della crisi che dal 2008 in poi ha picchiato duramente con effetti sulla vendita di copie e sulla raccolta pubblicitaria, il pluralismo dell’informazione è stato messo duramente alla prova. Ora mettiamo finalmente ordine, finanziando non a caso il Fondo per l’editoria (100 milioni di euro annui per il 2016-18) anche con le risorse che si stanno introitando con nuovo regime sui canoni televisivi. Vogliamo inoltre incentivare le imprese del settore a investire e acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo, promuovere l’innovazione nell’informazione e nella rete di distribuzione e vendita, favorire lo sviluppo di nuove imprese editrici anche nel campo dell’informazione digitale”.

La linea che guida il provvedimento è garantire che al contributo pubblico corrispondano capacità economica e imprenditoriale, una reale esistenza sulla base delle copie vendute, e la capacità di raccogliere fondi diretti. “Il provvedimento prevede una ridefinizione della platea che può accedere ai contributi del sostegno pubblico all’editoria secondo due linee di fondo – spiega Arlotti -: maggiore trasparenza e migliore definizione della piccola editoria. Si vuole privilegiare in particolare il tema del no profit e delle cooperative di giornalisti, mentre si escludono, in maniera molto chiara, sia i fogli di partito sia le società quotate in Borsa”.

Ora la questione da affrontare è quella della fase transitoria, conclude il deputato. “Auspichiamo che i decreti delegati siano approvati celermente dal Governo. Intanto lavoreremo sui contributi relativi al 2015, per fare in modo che le realta editoriali ormai pressoché esauste possano avere le risposte attese e i fondi che le possano ristorare per la parte che è mancata fino ad oggi, soprattutto relativa ai fondi 2015. Manterremo naturalmente alta l’attenzione su questo aspetto”.

Nello specifico, le risorse del Fondo saranno destinati alle imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti non aventi fini di lucro; editrici di quotidiani e periodici espressione delle minoranze linguistiche; enti senza fini di lucro; cooperative giornalistiche; associazioni dei consumatori a condizione che risultino iscritte nell’elenco istituito dall’articolo 137 del codice del consumo; quotidiani e periodici in lingua italiana editi e diffusi all’estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero; imprese ed enti che editano periodici per non vedenti e per ipovedenti.

Si interviene anche sul tema dei prepensionamenti di questo settore con un criterio di razionalità, che dice che laddove c’è bisogno di un intervento pubblico e, quindi, di contributi, ci deve essere rigore, un accompagnamento verso una condizione simile a quella di tutti i lavoratori.

Per la Rai viene introdotto il limite massimo retributivo di €240.000 annui per dipendenti, collaboratori e consulenti del soggetto affidatario della concessione, fissata ora in 10 anni (contro i 20 precedentemente previsti).

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