Home FixingFixing “La Repubblica di San Marino non può isolarsi dall’Unione Europea”

“La Repubblica di San Marino non può isolarsi dall’Unione Europea”

da Redazione

Si è concluso il ciclo di seminari organizzato dal CRRI per i soci ANIS. La professoressa Giuliana Laschi: “Altri piccoli Stati hanno mantenuto la propria diversità”.

IMG 1588

 

di Alessandro Carli

 

“Un piccolo Stato come San Marino non può pensare di vivere positivamente un futuro di sempre maggiore globalizzazione standosene isolato sul Titano”. La professoressa Giuliana Laschi, cattedra Jean Monnet ad personam di Storia dell’integrazione europea, con l’intervento su “Il processo d’integrazione europea e il cammino sammarinese”, il 7 settembre ha concluso il ciclo di quattro seminari intitolato “Libertà d’impresa – libertà d’Europa”, dedicato alle aziende associate ANIS e organizzato dal Centro di Ricerca per le Relazioni Internazionali (CRRI) dell’Università degli Studi della Repubblica di San Marino e dall’Associazione Nazionale Industria San Marino.

Il Monte ha iniziato ufficialmente il proprio cammino verso l’UE nel marzo dello scorso anno. Cosa può e deve significare per il Titano un accordo di Associazione con l’UE? In particolare quali possono esserne i vantaggi e gli ostacoli da superare e su quali peculiarità può contare?

“L’accordo di associazione apre ad una stretta collaborazione e partecipazione alla vita europea, sia essa culturale, economica e politica, mantenendo al contempo l’autonomia necessaria per evitare di essere assorbito in una complessità troppo grande da gestire per uno Stato così piccolo. D’altra parte i piccoli paesi (anche se non tanto piccoli quanto San Marino) che sono entrati, come Malta o Cipro hanno mantenuto la propria specificità e la propria diversità, come è da sempre nel processo di integrazione europea. Certo è che l’immissione nel grande mercato europeo deve essere ben congegnata e adeguata alla realtà sammarinese, altrimenti potrebbe creare dei contraccolpi. Tuttavia se vengono ben sfruttate le particolarità e tipicità del Titano sicuramente il giovamento può essere evidente. In particolare San Marino a mio giudizio può avere un ruolo importante, come avvenuto anche recentemente negli organismi internazionali, per l’antico radicamento democratico, per l’accoglienza, il turismo e tutte le altre peculiarità che i sammarinesi sapranno mettere in evidenza”.

Tra le quattro libertà dell’UE, quali sono più recepibili per San Marino e quali invece potrebbero rappresentare un ostacolo?

“Sicuramente l’ostacolo principale, soprattutto rispetto al passato, sarà il movimento dei capitali e il rispetto che dovrà esserci per tutta la normativa europea legata alle banche. Ma d’altra parte da tempo oramai San Marino sta lavorando nella direzione di una convergenza con l’Europa. Per le altre libertà, invece, sinceramente vedo solo dei vantaggi nel recepirle”.

Sul “processo di integrazione europea” non possiamo non affrontare la stretta attualità: il caso della Turchia…

“Il caso della Turchia è estremamente complesso e spinoso. Lo era prima del colpo di Stato fallito di poche settimane fa, forse lo è ancor di più adesso. La Turchia è un grande paese, la cui appartenenza all’Europa nessuno metteva in dubbio nei secoli scorsi. La Comunità fece un accordo di associazione con la Turchia già nel 1963, prevedendo una successiva adesione. All’epoca il problema della diversità religiosa non era stato ritenuto tale dalle istituzioni e dai Paesi europei, né era in discussione l’appartenenza geografica all’Europa. Esistevano invece problemi dal punto di vista economico e politico. L’eccessivo peso dell’esercito ed il mancato rispetto di diritti fondamentali erano i problemi reali, oltre alla necessità di uno sviluppo economico adeguato a quello dei paesi membri. Nel 1987 la Turchia ha richiesto formalmente l’adesione all’Ue e nel 1999 è stata riconosciuta come paese candidato. Per accedere all’Ue occorre rispettare determinati criteri, come dicevo prima, non soltanto quello economico. Ad esempio l’abolizione della pena di morte è stata una delle modifiche legislative introdotte dal paese per adeguarsi in vista dell’adesione all’Ue. Negli ultimi anni le trattative sono però del tutto arenate, ufficialmente perché non è ancora risolta la questione di Cipro, per metà sotto il controllo turco. Tuttavia le strade della Turchia e dell’Ue si stanno allontanando. Molti paesi europei non vedono più di buon occhio l’ingresso della Turchia sia per ragioni economiche, sia perché diverrebbe il paese più forte all’interno del processo decisionale europeo, essendo ben più grande della Germania stessa. Ma il problema, pur non esplicitamente, è anche religioso. L’accentuarsi della caratterizzazione religiosa degli ultimi anni, infatti, ha fatto mancare all’ingresso della Turchia il sostegno di parte dell’opinione pubblica, spaventata dall’idea di una così forte presenza islamica nell’Ue. I problemi politici si sono poi accentuati con la presa di potere sempre più forte da parte di Erdogan, che oramai fa pensare ad una democrazia molto deficitaria in Turchia, simile alla situazione russa. Da questo punto di vista, il fallimento del colpo di stato, se da un lato ha salvaguardato la parvenza di democrazia nel paese, dall’altro sembra aver dato ad Erdogan la spinta decisiva per un’assunzione del potere troppo personale. Entrambe le situazioni, governo militare e governo personale di Erdogan sono evidentemente incompatibili con l’appartenenza all’Ue. Allo stesso tempo l’evidente contrarietà di alcuni paesi europei all’ingresso della Turchia negli anni ha anche allontanato i turchi stessi, che si sono sentiti respinti e hanno fortemente rallentato l’implementazione delle riforme necessarie”.

Altro cantiere, la Brexit, che ha messo in luce una frammentazione: si aspettava l’uscita dell’UK?

“Francamente sì, anche se speravo in un ripensamento. I governi del Regno Unito da decenni incolpano l’Ue di tutti i loro problemi o quasi, inevitabilmente si era creata una situazione di euroscetticismo diffuso nella cittadinanza. In questa situazione la mossa irresponsabile di Cameron di indire un referendum al solo scopo di vincere le elezioni in patria non poteva che finire così”.

Su che aspetti può trattare Londra con Bruxelles?

“Personalmente sono del tutto contraria a trattative eccessivamente accomodanti. Non è pensabile che Londra possa continuare a beneficiare dei vantaggi del mercato unico, senza pagarne alcun costo. A mio modo di vedere l’unica cosa che si può concordare è un trattato simile a quello degli altri paesi ex EFTA, come la Norvegia, che fanno parte dello Spazio Economico Europeo. Non vedo alcuna ragione per ulteriori concessioni, che peraltro rischierebbero di spingere altri paesi sulla stessa strada”.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento