Home FixingFixing Ambrogio Rossini: “E’ molto importante conoscere le lingue straniere”

Ambrogio Rossini: “E’ molto importante conoscere le lingue straniere”

da Redazione

L’imprenditore: gli studi, le esperienze negli Stati Uniti, il ritorno a San Marino. Nel 1954 lavorò in Francia, nel 1958 in Pennsylvania, nel 1960 aprì un ristorante a New York.

Ambrogio Rossini 3

 

di Alessandro Carli

 

“Qualche anno fa ho incontrato la mia insegnante delle scuole elementari, la maestra Stolfi, una donna solida che ancora si ricorda di me. E in quell’occasione mi ha detto: ‘Con me prendevi 4 in matematica, ma poi nel tempo hai imparato a fare i conti e ti sei saputo aggiustare con i numeri’. In effetti, non ero molto bravo a studiare…”. Ambrogio Rossini, classe 1936 (“Sono nato il 2 novembre a Gualdicciolo”), una vita di viaggi, incontri, emozioni. E che lo stesso Cavaliere fa partire dai banchi di scuola. “Ho fatto le elementari a Torello, vicino a San Leo in quanto in quegli anni c’era una convenzione tra i due Stati. E la mia maestra era di Gualdicciolo. La quarta e la quinta invece le ho seguite ad Acquaviva, ma non finii la quinta quindi la mia famiglia mi mandò a Monte Brandone, vicino Ascoli Piceno. Passai la quinta e la prima media, ma in seconda non fui ammesso alla classe successiva”. La sua voce è calma, il volto sorridente. “Mi piaceva disegnare, soprattutto condomini. Ad ogni edificio su carta toglievo una finestra…”.

Dalle Marche alla Romagna. “Andai a studiare a Faenza, dai Salesiani” prosegue mentre un’immagine di Don Bosco è posizionata vicino al suo computer.

“Tra il 1947 e il 1948 avrei dovuto seguire mio fratello Elio negli Stati Uniti, che nel frattempo aveva avviato un’azienda agricola. Ma…”. Ambrogio Rossini si ferma un attimo, e sorride. “Andavo a ballare al ritrovo dei comunisti a San Marino. A causa di questa frequentazione mi dissero che il visto per gli USA non mi sarebbe mai arrivato…”. Così cambiò meta.

“Nel 1954 andai a lavorare con i miei fratelli in Francia in un’impresa edile. Io facevo la calce”. Nel 1958 gli Stati Uniti. “In Pennsylvania, più precisamente a Pittsburgh. Non mi trovai benissimo, devo ammetterlo, e così decisi di tornare in Francia. All’aeroporto di New York incontrai una persona che mi chiese di andare a fare il cameriere in un ristorante. Dopo 5 o 6 mesi ero già diventato maitre e avevo imparato la lingua locale. Si trattava di un ristorante di alto livello, frequentato da persone facoltose che lasciavano anche tante mance. Dopo un paio d’anni, nel 1960, presi in gestione un ristorante di terza categoria a New York, chiuso da qualche tempo per fallimento. Erano gli anni del rock ‘n roll, si andava a ballare nelle balere sino alle cinque della mattina. In quei locali si respirava una grande energia e tanta voglia di leggerezza, di voglia di divertirsi”.

E lì, in quegli anni, l’intuizione. “Gli statunitensi mangiano poco e bevono molto. Per 5 o 6 settimane misi il buffet quasi gratis. Una proposta che favorì il consumo di bevande: mentre qui da noi si pasteggia con il vino, negli USA spesso si accompagnano i piatti con il whisky”.

Nel 1963 il grande passo. “Negli Stati Uniti ho sposato Maria Zavoli, nata a Galavotto. Poco dopo il matrimonio, siamo tornati nella nostra San Marino”.

L’imprenditore si mette a lavorare nelle costruzioni. Poi, verso la fine degli anni Settanta, decide di acquistare la Cartiera Ciacci, una realtà che ben conosceva. “La mia famiglia possedeva il mulino attiguo all’impresa e anche il terreno su cui era stato costruito lo stabile: con la nostra acqua veniva fatta la carta. Attorno ai 14 o 15 anni, quando mancava qualcuno, mi chiamavano a lavorare. Ci andavo di nascosto e quando venivo beccato, il proprietario della Cartiera, Alfredo Ciacci, doveva pagare una multa di 3 mila lire”.

“Nel 1978 la Cartiera era chiusa da qualche anno. Decisi di rilanciarla”. Negli anni a venire vennero effettuati investimenti per produrre carta per ondulatori esclusivamente da carta da macero riciclata, abbandonando definitivamente l’utilizzo della paglia. Si iniziò a produrre carta di tipo Medium e Fluting. Il nuovo prodotto inoltre, rispondeva alle nuove richieste del mercato di consumo.

Oggi nell’azienda lavorano anche i figli Emanuele, Danilo e Sabrina. “Emanuele e Danilo sono entrati in azienda ‘dal basso’. Ricordo ancora quando entrambi in estate lavoravano al carico macero, al muletto, facendo i turni anche notturni. Credo sia stata una buona lezione di vita ma non solo. Per capire come funziona un’impresa, è fondamentale conoscere tutta la scala, tutti i settori che la compongono”.

“Ho viaggiato e lavorato molto – conclude Ambrogio Rossini -. Tra San Marino, Italia (ha lavorato anche con il gruppo Ferruzzi di Raul Gardini, ndr), Francia e Stati Uniti ho conosciuto moltissime persone e ho imparato tanto. Come l’importanza delle lingue straniere, che ti danno accesso a molte informazioni, ma soprattutto ti permettono di dialogare. Oggi, secondo me, la cultura di una persona è anche nella sua capacità di esprimersi anche in altre lingue”.

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