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GMG da Cracovia: l’ultimo messaggio di Monsignor Andrea Turazzi

da Redazione

Devo rientrare in diocesi con un giorno di anticipo. Domani è festa di San Leone, uno dei padri fondatori della nostra comunità (anticipare la partenza ti salva dallo “strazio” degli ultimi abbracci).

Scrivo questa ultima pagina di diario durante il volo verso Roma, ma ci vorranno tempi e calma per analizzare, come si deve, l’esperienza vissuta. Meglio se l’analisi la si farà insieme con i nostri giovani partecipanti e, meglio ancora, se si saprà sdoganarla dalle emozioni soggettive perché passi un messaggio per tutti. La GMG deve restare un dono che i giovani fanno ad altri giovani…

Propongo una sorta di “ordine del giorno”, quasi una sequenza di titoli per il confronto.

1. Anzitutto: è stato notevole l’incontro con il popolo polacco. Ricca di significati l’accoglienza riservataci, la meditazione sulla loro storia, sui doni di cui sono portatori all’Europa. Abbiamo capito, almeno un poco, gli elementi fondamentali della coesione e dell’identità del popolo polacco: il cattolicesimo e la lingua, le sofferenze e la mistica… Capiamo che Giovanni Paolo II non fu un fungo spuntato d’improvviso, ma frutto di una tradizione.

2. Azzeccata la scelta dell’ospitalità a dimensione famiglia, anche se pagata con ore di trasferimenti. C’è stata data la possibilità di una reale vicinanza e di una condivisione fraterna fatta non solo di parole (pochissime in verità per la difficoltà della lingua) ma di esperienze e… di cucina! La regia ha reso possibile tutto questo, compresa la partecipazione ad eventi di paese, persino a manifestazioni sportive, a percorsi sui monti, ai balli tradizionali, etc. In una parola, tutto quanto è la cultura di un popolo.

3. Il Papa è stato formidabile. Nessuna spettacolarità, ma ha saputo dialogare con i giovani, con una semplicità disarmante, adoperando parole che agganciano i ragazzi. Adopera metafore molte vicine a loro: non vuole che siano «giovani-divano, tutto comodità e videogiochi». Non li vuole «pensionati a 23 anni, ma titolari in campo e mai riserve»: Disposti a cambiare il mondo, convinti che si può.

Francesco, il Papa delle periferie e della misericordia, spinge i ragazzi al servizio del prossimo (quello alla veglia è stato un discorso fortemente vocazionale, pur non avendo parlato di preti e suore): «Nell’accoglienza dell’emarginato che è ferito nel corpo e nell’accoglienza del peccatore che è ferito nell’anima si gioca la nostra credibilità di cristiani. Non nelle idee, lì!». E poi provoca: «Volete essere addormentati e intontiti o lottare per il vostro futuro?».

4. I giovani delle GMG sono normalissimi, ma abbastanza coraggiosi da viaggiare da un continenti all’altro. Se in un momento di dialogo gli chiedi che cosa gli è piaciuto di più, ti rispondono che è stato il momento dell’adorazione o della messa. Sorprendono. Vivono con disinvoltura l’amicizia e l’unità pur con appartenenze, culture, lingue diverse (mi è stato detto che sono rappresentate questa volta 178 nazionalità). Vestono tutti allo stesso modo; identici i gusti musicali…

5. Che cosa resterà di questa GMG? Che è possibile stare insieme pur diversi: un messaggio indispensabile per questi giorni. Si può andare davvero oltre le barriere. I sociologi chiamano il linguaggio delle GMG “linguaggio della modulazione”: importante è vibrare insieme. Così nei concerti rock, così ieri sera nel silenzio assordante dell’adorazione. È come canta un vecchio slogan: «Sì, ma insieme!». La GMG è anche il luogo di un rilancio della fede in Gesù Cristo: resteranno le parole delle catechesi, ma più ancora l’immagine di quel Gesù misericordioso che ha campeggiato sullo sfondo degli eventi unitari. Attraverso la GMG passa, dunque, un messaggio che capiscono tutti, per questo è una formula che non tramonta, fa risuonare contenuti che vibrano anche attraverso l’inno proprio di ogni edizione, gridato all’unisono da migliaia di voci; oggi saranno almeno due milioni. E’ il canto che dischiude l’audacia della misericordia evangelica mentre rinserra la nostalgia di questi giorni trascorsi nella casa più grande che è il mondo.

Ricevo un sms da una nostra capogruppo: «Carissimo Vescovo siamo partiti. Tutto procede bene. La ringraziamo per aver camminato con noi e continueremo a farlo insieme. D’ora in poi sarà molto più significativo rispondere al suo saluto: “Sia benedetto il nome del Signore”. “Ora e sempre”!». Sono commosso. Sono io che ringrazio.

Cracovia, 31 Luglio 2016

 

+ Andrea Turazzi

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