Nuovo ordinamento penitenziario: riabilitazione e reinserimento le parole chiave. Il carcere dei Cappuccini non è più idoneo: in pole c’è l’ex Ufficio Automezzi di Murata.
di Daniele Bartolucci
La riforma dell’ordinamento penitenziario è approdata finalmente in Consiglio Grande e Generale. Quasi, perché se è vero che il Segretario di Stato agli Affari Interni e Giustizia, Giancarlo Venturini, ha depositato il progetto di legge in Segreteria Istituzionale il 10 maggio, è arrivato in prima lettura solo nella seduta di luglio e non in quella di giugno.
Va detto che l’ordinamento penitenziario sammarinese è datato 1997, quasi venti anni fa, quindi. Un periodo lunghissimo in cui San Marino è rimasto inerte ai cambiamenti degli standard internazionali, che lo hanno fatto precipitare in fondo alla classifica stilata annualmente dal Consiglio d’Europa.
NUOVO CARCERE: IN POLE C’È MURATA
Nelle statistiche penali del 2014 San Marino risultava lo Stato che ha meno detenuti e con una spesa media giornaliera più alta, fino a 685 euro al giorno per “ospite”. Non solo, come ricordato recentemente da Marco Podeschi (Upr), che ha anche svolto una visita personale alla struttura, “già dal 1994 il primo rapporto del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti del Consiglio d’Europa evidenziava le criticità della struttura, e da allora il Cpt resta in attesa di avere informazioni sullo stato di avanzamento del progetto di costruzione di una nuova prigione. Invece, sono trascorsi 22 anni dal rapporto e ancora del progetto del carcere non c’è traccia”. In verità un progetto ci sarebbe, come ha spiegato il Segretario al Territorio, Antonella Mularoni, intervenendo in primavera dopo le sollecitazioni di Andrea Belluzzi (Psd), che, numeri alla mano, ha ipotizzato l’esigenza di nuovi spazi, stante la conclusione imminente di diversi processi penali, con possibili condanne. E infatti, ha spiegato Mularoni, tra le infrastrutture da realizzare con i famosi 30 milioni di euro “in prestito”, c’è anche il nuovo carcere che dovrebbe sorgere a Murata. “Stiamo facendo valutazioni preliminari per costruire un nuovo carcere a Murata”, ha annunciato Mularoni, che ha smentito l’idea di mandare i carcerati in Italia nel frattempo. “Le carceri italiane sono già sovrappopolate”, per questo il governo punterà ad “una nuova struttura che sarà moderna, per la rieducazione dei condannati”. Rieducazione che, per problemi di spazio, non potrà infatti avvenire ai Cappuccini, ma eventualmente nella nuova struttura. A tal proposito, si parla dell’Ufficio registro automezzi come immobile da convertire allo scopo. Ma a Murata, come era da aspettarsi, si stanno già elevando le proteste dei residenti, preoccupati dai nuovi “vicini” di casa.
IL “COMANDO” A UNA NUOVA UNITÀ ORGANIZZATIVA
Il progetto di legge è composto da 56 articoli, frutto dello studio svolto dal Gruppo tecnico di lavoro nominato nel settembre 2013 dal Governo composto da funzionari della Segreteria agli Interni, dal Responsabile del Servizio Sociale Adulti in esecuzione di pena, da un rappresentante dell’Ordine degli Avvocati e Notai, da un funzionario della Avvocatura dello Stato e da un Magistrato del Tribunale di San Marino, per una proposta di revisione delle norme in materia carceraria. Tra le novità c’è la creazione dell’Unità Organizzativa “Ufficio esecuzione penale” che farà riferimento al Dipartimento Affari Istituzionali e Giustizia, ovvero non saranno più i militari della Gendarmeria ad occuparsi del carcere ma funzionari della Pubblica Amministrazione. Questa UO, infatti, si legge nel testo, “assicura l’esecuzione dei provvedimenti del Giudice dell’Esecuzione e del Giudice Inquirente, sia di natura detentiva sia di misure alternative. Garantisce l’ordine all’interno dell’istituto di pena, tutelandone la sicurezza. Partecipa, anche nell’ambito di gruppi di lavoro, alle attività di osservazione e trattamento rieducativo dei detenuti”. A guidare l’UO – e quindi il carcere – sarà un dirigente PA, che guiderà una nuova figura: l’operatore specializzato penitenziario, ovvero personale “accuratamente selezionato e adeguatamente formato, nel quadro sia della istruzione iniziale sia della formazione continua”, come richiesto dal Cpt. Formazione e creazione di una struttura ex novo, che di fatto allungheranno i tempi, quindi “sino all’attivazione e piena operatività della U.O. Ufficio Esecuzione Penale, continua o ad essere svolte dal Servizio Sociale per Adulti in esecuzione di pena (SSAEP)”. Una volta operativa, all’interno verrà istituito anche un Gruppo di osservazione e trattamento (GOT), formato: dal Direttore dell’Ufficio, dal medico del carcere, da un educatore, uno psicologo, un assistente sociale, un rappresentante degli operatori specializzati penitenziari.
I DETENUTI LAVORERANNO E VERRANNO PAGATI
Sarà questo Gruppo a redigere un “programma personalizzato” di recupero del soggetto incarcerato e di “stimolare il processo di revisione critica sulle condotte antigiuridiche poste in essere, sulle motivazioni e sulle conseguenze negative delle stesse nonché sulle possibili azioni di riparazione”. Come ha spiegato il Segretario Venturini, infatti, “il fine ultimo del trattamento rieducativo è quello di favorire il reinserimento sociale e il modo migliore per farlo è proprio quello di non troncare nettamente i rapporti con l’esterno per il periodo di reclusione” mentre “risultano a tal proposito conosciuti gli effetti criminogeni che la detenzione, vissuta quasi in isolamento dal mondo libero, può provocare”. Tra le attività previste, oltre alla pulizia dei locali carcerari, c’è il lavoro: “Un elemento positivo del programma di trattamento”, chiosa Venturini, “e in nessun caso può essere imposto come una punizione”. Quindi niente lavori forzati, come auspicato da qualcuno, tanto è vero che verrà anche remunerato, rispettando “i limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia di lavoro”, compresi “il riposo festivo, il congedo ordinario, la tutela assicurativa e previdenziale”. Ma, di contro, è previsto che dagli stipendi dei carcerati/lavoratori siano prelevate le somme “dovute a titolo di risarcimento del danno, di rimborso delle spese di procedimento e di mantenimento in carcere”.