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Vittorio Scialoja, Maestro delle controversie

da Redazione

Il professore, studioso di diritto romano, tenne per oltre 30 anni l’ufficio di Giudice delle Appellazioni. Nel luglio 1933, per acclamazione, la Repubblica di San Marino gli conferì la cittadinanza onoraria.

scialoja ritratto

 

di Alessandro Carli

 

Studioso di diritto romano ma soprattutto Ministro della Giustizia nel 1909 e Ministro degli Esteri dieci anni più tardi, il nome (e il lavoro) del professor Vittorio Scialoja (1856-1933) è ben conosciuto anche nella Repubblica di San Marino: per oltre 30 anni (1903-1933) difatti tenne l’ufficio di Giudice delle Appellazioni. Un impegno che, nel luglio del 1933, quattro mesi prima della sua scomparsa (avvenuta a Roma nel mese di novembre) il Titano gli riconobbe, onorandolo con la cittadinanza onoraria “per acclamazione”.

 

LA SUA BIOGRAFIA E I SUOI STUDI

Nato a Torino il 24 aprile del 1856, a Firenze (l’allora Capitale d’Italia), frequentò il prestigioso Liceo Dante. Professore di diritto romano a Camerino (1879), Siena (1881), Roma (1884–1931); socio nazionale (1918) e presidente (1926–32 e luglio-novembre 1933) dell’Accademia dei Lincei, fu fondatore e segretario perpetuo dell’Istituto di diritto romano, promotore e presidente dell’Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato.

Delegato italiano alla conferenza per la pace (1919) e alla Società delle Nazioni (dal 1921 al 1932), nel 1927 fu nominato ministro di Stato.

Con Serafini, Alibrandi, Fadda e Ferrini iniziò quella imponente revisione dello studio del diritto romano che doveva poi approdare ad un generale rinnovamento della scienza giuridica italiana. Molti suoi studi hanno determinato nuovi orientamenti nei campi dell’esegesi, della storia, della dogmatica.

Fu un importante romanista, ordinario di Diritto romano (Università La Sapienza). Il “Bullettino dell’Istituto di diritto romano”, fondato da lui, porta oggi il suo nome.

Sull’importanza che ebbe il professore sul diritto sammarinese, ben scrive Michaela Reinkenhof di Lipsia: “Secondo l’opinione di Vittorio Scialoja, la Repubblica di San Marino doveva lasciarsi ispirare dal diritto italiano per le lacune dell’ordinamento del suo Statuto in materia di diritto internazionale, sin dai tempi in cui la Repubblica era legata al regno d’Italia per mezzo della ‘Convenzione di buon vicinato e di amicizia’. Allo spirito del tempo si aggiunse che il diritto italiano costituisce, in ogni modo, il diritto comune delle genti italiane, alle quali anche il popolo di San Marino appartiene”.

E’ una sentenza del 1924 che lo stesso Scialoja scrisse che ci aiuta a capire il significato del diritto comune vigente a San Marino che, testuale, “non corrisponde al diritto romano giustinianeo, ma è quel diritto che si venne formando e svolgendo sulla base del diritto romano, canonico e delle consuetudini negli Stati civili d’Europa e il particolar modo in Italia. Esso deve ricercarsi negli scritti dei più autorevoli giureconsulti e nelle decisioni dei tribunali svoltesi intorno e sopra le leggi romane”.

Lo stesso giurista non mancò poi di criticare – sotto il punto di vista del diritto – il Monte Titano: “La repubblica di San Marino è oramai l’unico Stato europeo – dopo il 1900, anno in cui il diritto comune ha cessato di aver vigore in Germania con l’attuazione del nuovo codice civile dell’impero – dove questo diritto (comune, ndr) ha ancora valor di legge. Essa è nelle condizioni delle repubbliche italiane dell’evo medio e del principio dell’età moderna, nelle quali vigevano gli statuti municipali e il diritto comune, fonte sussidiaria ma amplissima di diritto, in tutto ciò che dalle leggi speciali o dagli statuti non fosse espressamente preveduto”.

Nonostante questa considerazione, nei sei lustri di lavoro, ebbe modo di conoscere in profondità l’animo sammarinese, come riportano alcuni volumi custoditi nella biblioteca di Stato (su tutti, ricordiamo “Parere in tema di restituzione in intero contro la cosa giudicata secondo il diritto vigente nella repubblica di San Marino”) e che aiutano a ricostruire nei dettagli il suo impatto nella nostra Repubblica. Scialoja lodò “la poca disposizione a delinquere del nostro popolo. In particolar modo si diceva “meravigliato della scarsità di reati, specie di sangue e contro la proprietà, rilevando che quei pochi non assumevano forme speciali di gravità”.

Uno degli aspetti che lo colpì positivamente, fu senza dubbio il grande rispetto che i sammarinesi avevano (e hanno ancora oggi, ndr) verso le Autorità e gli Istituti. Un rispetto che definì “semplice, sincero e spontaneo” e che mutuò in occasione di un discorso pubblico quando disse che “il popolo sammarinese ha profondo il senso della giustizia. In quel discorso, datato 1930, scrisse all’allora Reggente Manlio Gozi: “Ho ascoltato con vero piacere le parole del vostro reggente, il quale ha accennato all’affetto dei sammarinesi verso di me, perché veramente io mi sono sempre sentito circondato da questa benevolenza di tutti i cittadini, che alla mia età è un grande conforto. Questi sentimenti dei sammarinesi ho cercato di corrispondere con la mia opera, data sempre con entusiasmo e con passione, e vi dichiaro che continuerò a prestarla finché potrò: forse un giorno le mie forze mi impediranno di lavorare per voi, ma ritengo che questo momento non sia ancora arrivato”.

Ma è nel seguente passaggio, rivolto ai capi e ai dirigenti di San Marino e al Commissario della Legge, che emerge tutta la sincera riconoscenza verso il Titano. “Io parlo sempre di voi e del vostro giudice al Presidente della Corte di Cassazione e al Ministro della Giustizia d’Italia e dico che sarebbe una fortuna per il Regno d’Italia se la Giustizia vi fosse amministrata come a San Marino”.

 

L’OPERA DI SCIALOJA A SAN MARINO

A Vittorio Scialoja si deve, in prima battuta, la precisazione del diritto comune, ma anche e soprattutto la risoluzione di molte controversie. Fissò, tra le altre cose, “la natura giuridica della dote congrua riservata alle femmine, in concorso ai discendenti maschi, sulla successione intestata del padre e degli avi paterni”, ma anche la capacità della donna di fronte alle obbligazioni cambiarie, la posizione delle società di fatto a scopo commerciale, “il criterio descrittivo tra la ferita grave per gli accidenti e la ferita grave di sua natura”, le condizioni e i limiti della restitutio in integrum, la natura della perenzione statuaria, la distinzione tra le sentenze interlocutorie miste, appellabili e le interlocutorie mere non appellabili, conciliando e interpretando, da par suo, contrastanti disposizioni dello statuto.

Le sue sentenze si sono sempre contraddistinte “per brevità, chiarezza e rigore di formulazione giuridica”.

 

L’ONORIFICENZA CHE GLI CONFERÌ SAN MARINO

Come detto, la sua ascrizione all’elenco cronologico delle persone ascritte alla cittadinanza onoraria di San Marino avvenne per acclamazione il giorno13 luglio del 1933. La cerimonia, riporta “Il popolo sammarinese”, avvenne a Roma, in Campidoglio. Scialoja, uomo di diritto, si commosse e per l’occasione presentò alle autorità capitoline il Segretario di Stato Giuliano Gozi che gli donò il riconoscimento. Al momento delle strette di mano, lo stesso “neo cittadino sammarinese” disse: “Questi è il Segretario di un piccolo Stato (e disse la parola ‘piccolo’ per ben tre volte) ma in pochi Stati del mondo i capi di governo hanno tanta autorità e generalità di consensi quanto lui nella Repubblica di San Marino”.

Meno di una settimana più tardi, esattamente il 19 luglio, scrisse una lettera a San Marino in cui, dopo aver ringraziato il Principe e Sovrano Consiglio per il conferimento, si soffermò su un complotto “poco avanti scoperto” contro la Repubblica: “Debbo all’illuminato Governo come debbo a cotesti cittadini che faranno senza dubbio dimenticare i torbidi, che non dovevano mai turbare la pace cittadina, se la pace della Repubblica non si è alterata. Evviva dunque la salda Repubblica e i suoi validi Reggitori!”.

 

LA MORTE DI SCIALOJA: LUTTO DEL GOVERNO

Il 20 novembre, il giorno dopo la morte di Scialoja, il Segretario di Stato Giuliano Gozi fece pubblicare “Il manifesto del Governo” in cui diede notizia ai cittadini della scomparsa di Scialoja. Nel ripercorrerne la carriera sammarinese, Gozi scrisse che “Grande fu il bene che quel Sommo Luminare del Diritto prodigò nell’esercizio, dell’alta Magistratura, partendo la giustizia sammarinese con cognizione unica più che rara e con la saggezza e la serenità di antico stampo; ma inestimabile fu il prestigio che Egli diede alla nostra Patria, la Lui amata con affetto di padre e di studioso, eccitandone e testimoniandone le più sane virtù, affermandone sempre e testé anche in modo più significativo il sacrosanto diritto di vivere libera e indisturbata nel politico consorzio”. Gozi, in pieno stile del periodo, così concluse la sua missiva: “Cittadini! Inchiniamoci con spirito incorrotto e incorruttibile davanti alle venerate spoglie dell’Uomo che, meritevole della perpetua nostra ricordanza, or si eleva tra i Geni tutelari della Repubblica”.

 

IL CONSIGLIO PRINCIPE E SOVRANO

Il Consiglio Principe e Sovrano si riunì in seduta circa 10 giorni dalla morte di Scialoja. L’Eccellentissima Reggenza, in mezzo “al religioso silenzio” dell’Assemblea in piedi, pronunciò le seguenti parole: “Egli fu veramente un grand’uomo, non solo in materia di scienza ma anche di politica e del grand’uomo, alla profonda sapienza aggiunse la saggezza, fatta di bontà, di generosità, di umana comprensione; onde per la nostra Repubblica, oltre che giudice, fu amico e protettore, la cui perdita costituisce una grave disgrazia”.

Appena ricevuta la notizia dell’addio da parte della stessa famiglia, ha dapprima ordinato “l’esposizione della bandiera abbrunata a Palazzo Pubblico” e successivamente spedì alla famiglia il seguente telegramma: “La Repubblica di San Marino che ebbe in Vittorio Scialoia (scritto con la i invece che con la j) un Giudice illustre e intemerato, un consulente e padre amorevole, compiange unanime l’irreparabile evento”.

La Reggenza inoltre inviò a Roma per i funerali e, in nome del Titano, donò una corona di fiori e lesse il messaggio di cordoglio. “Non è fatto ordinario che la morte di un Giudice sia rimpianta dalla generalità dei cittadini fra cui si annoverano anche coloro che, o nel campo penale o nel civile, furono colpiti dalle sue sentenze. Perciò questo che si è verificato a San Marino è il più significativo onore che potevasi rendere alla memoria dell’Estinto. Ciò ha costituito un conforto anche per la Reggenza e per tutti voi, perché così abbiamo potuto constatare, non senza orgoglio, che il popolo sammarinese col suo fine intuito, ognora presente, sa identificare i veri amici sotto ogni veste gli si presentino e, giusta la norma tradizionalmente seguita, di tener fede alle amicizie, che gli fu elemento principe di conservazione, sa non dimenticarli mai più. Sempiterna gratitudine noi dobbiamo a Vittorio Scialoia che dovrà essere a suo tempo ricordato anche con qualche segno più tangibile (San Marino gli ha intestato una via, ndr)”.

 

1930: QUELLA FESTA ALL’HOTEL TITANO

Torniamo indietro di tre anni, e rileggiamo assieme il brindisi pronunziato per “Sua Eccellenza” Vittorio Scialoja durante uno dei suoi soggiorni a San Marino per capire anche qualche aspetto “più leggero”. La sera del 25 luglio del 1930 gli avvocati, i funzionari e gli impiegati del Tribunale Commissariale della Repubblica di San Marino organizzarono in suo onore un pranzo d’onore. Fu invitato anche il Capitano Reggente Manlio Gozi che, al momento dello spumante, interrompendo la consuetudine che i Reggenti debbano parlare “in simposi”, si alzò per brindare alla sua salute, augurandosi che alla Repubblica fosse dato poterlo avere a Giudice e ospitare per moltissimi anni ancora.

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