Un libro che ci porta a rivivere una sera e un mistero di oltre 70 anni fa.
Ha giocato in casa, lo scrittore faentino Fabio Mongardi, autore de “Il caso Manzoni”. Ha giocato in casa perché la sua fatica letteraria è stata presentata nei giorni scorsi a Villa Manzoni, il salotto pubblico dell’Ente Cassa di Faetano che lega il suo “nome” (Manzoni Borghesi) a quello della famiglia Manzoni Ansidei di Frascata di Lugo, oggetto e soggetto del libro. “Il caso Manzoni” è un’opera che oscilla tra la fiction e l’indagine giornalistica, ma è anche un atto di giustizia nei confronti di responsabilità, che per troppo tempo sono state nascoste. La sera del 7 luglio 1945, un gruppo di partigiani uccide, senza apparenti motivi, la contessa Beatrice, i suoi tre figli, e la serva. I corpi, vengono trovati tre anni dopo sepolti in un campo nelle vicinanze. Perché? E’ questa la domanda che ancora oggi aleggia tra le nebbie delle valli, nella bassa romagnola.
Per quel delitto, rimasto a lungo al centro del dibattito parlamentare, furono accusati alcuni ex partigiani vicini al Partito Comunista. La vicenda diventa l’occasione, per l’autore, di un’accurata riflessione sul clima da guerra civile che caratterizzò l’Italia alla fine del secondo conflitto internazionale.
Su questo intreccio, il pubblico del salotto letterario è rimasto appeso al filo della curiosità. Anche perché Mongardi, volutamente, non ha voluto svelare le parti cruciali del volume. Come nei migliori polizieschi…