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Rendimento dei fondi, dal Fondiss il “progetto pilota”

da Redazione

Verso la riforma delle pensioni: con le attuali norme, chi ha iniziato a lavorare prima del 2000 avrà versato in contributi solo il 51% di quanto gli verrà erogato.

fondiss tabella

 

di Daniele Bartolucci

 

La riforma delle pensioni sta entrando nel vivo, con la condivisione delle prime proposte della Commissione di Studio sulla Previdenza Sammarinese, ma anche di quelle pervenute sul tavolo di lavoro dagli altri soggetti interessati, associazioni datoriali, sindacati, gruppi politici e non da ultimo anche dal Comitato Amministratore di Fondiss. Nei prossimi quattro mesi, infatti, il Governo è impegnato (art. 61 della Legge 189/2015) a produrre la proposta di riforma per rendere sostenibile, subito, l’intero sistema previdenziale.

 

FATTORI NEGATIVI E RISCHIO INSOSTENIBILITÀ

Come spiegato nei mesi scorsi (vedi Fixing nr.i 5 e 10), la sostenibilità dell’intero sistema è messa a rischio da diversi fattori, accentuati dalla crisi economica che ha portato ad una sostanziale riduzione del numero di lavoratori, e quindi dei contribuenti, ma anche delle risorse dello Stato, che secondo la normativa vigente è l’altro grande contributore dei fondi pensione. Su questi fattori si è discusso molto e molto si discuterà, visto che solo la ripresa economica e l’avvio di una nuova fase di sviluppo potranno correggere le previsioni, attualmente negative, sul depauperamento dei fondi pensione nei prossimi anni. Secondo i tecnici, infatti, l’intero patrimonio accumulato negli anni (a regime circa 400 milioni di euro) potrebbe esaurirsi nei prossimi 15-20 anni, grossomodo l’arco di tempo necessario perché la riforma del 2011 entri pienamente a regime. Una riforma che, anche a parere dei tecnici incaricati, sarà effettivamente sostenibile in futuro, ma non nell’immediato, a causa della “generosità” delle norme precedenti, di cui purtroppo si sta palesando il peso sui conti attuali. Si badi bene, la questione non riguarda le cosiddette “pensioni d’oro”, ma più in generale il calcolo matematico secondo il quale si è versato molto meno di quanto si percepisce o si percepirà. Per dare un’idea di questo calcolo, basti pensare che la Commissione di Studio ha analizzato, basandosi ovviamente su dati medi, la serie temporale dei redditi e dei contributi versati da un lavoratore e da una lavoratrice “a cavallo” della riforma del 2011, calcolando quindi il volume di contributi versati dal 1998 al 2036 (pari a 353.680,13 e 281.515,57 euro) e mettendolo a confronto con il volume delle pensioni che percepiranno da 2037 (649.717,22 e 598.619,21 euro) tenendo conto dell’aspettativa di vita e della reversibilità. E’ la conferma a quanto detto sopra, ovvero che i contributi coprono solo il 54,4% della pensione percepita nel caso dell’uomo e il 47% nel caso della donna, per un dato medio del 51%. La domanda sorge spontanea: il restante 49% chi lo mette? Ciò che manca, ovviamente, viene erogato comunque dal Fondo Pensione, al quale partecipano i lavoratori in grossa parte, lo Stato per quanto previsto dalla legge e infine il rendimento stesso del patrimonio, che per la maggior parte è però investito nelle banche sammarinesi a tassi molto bassi. E’ chiaro che di fronte ad una riduzione dei lavoratori contribuenti e del contributo statale, l’aumento dei pensionati e quindi dell’erogazione di prestazioni pensionistiche risulta insostenibile, a meno che non si intacchi in maniera sempre più decisa il patrimonio accumulato in attesa di una stabilizzazione, futuribile, del rapporto lavoratori/pensionati per cui i contributi dei primi (maggiorati e per più anni) basteranno a coprire le pensioni dei secondi (più basse di quelle odierne).

 

LA PROPOSTA “PILOTA” DEL FONDISS

Il fondo di previdenza complementare della Repubblica di San Marino è parte integrante del progetto avviato con l’ultima modifica normativa del 2011. Soprattutto in funzione degli effetti che dovrà avere nel medio-lungo periodo, visto che è stato istituito con lo scopo di sopperire alla diminuzione del tasso di sostituzione che subiranno i lavoratori di oggi quando andranno in pensione, integrando l’assegno pensionistico con un un’ulteriore pensione, detta appunto complementare. Come noto, infatti, con le ultime riforme attuate sul sistema previdenziale sammarinese, si andrà in pensione sempre più tardi e si percepirà un assegno più basso rispetto alle generazioni precedenti, per cui è stato previsto un intervento diretto e “personale”, visto che il Fondiss è un fondo a capitalizzazione in cui ogni singolo lavoratore ha una propria posizione contributiva. In altre parole, i contributi versati da ciascun aderente vengono “accantonati” in una sua posizione individuale e specifica. Posizione che permetterà dunque, maturati i requisiti pensionistici, di garantirsi una pensione complementare, ma affinché questa abbia un valore rilevante occorre che i versamenti al fondo siano adeguati e che le quote del fondo aumentino di valore nel tempo. Al di là del referendum abrogativo del 2014, la questione della gestione del patrimonio (oggi superiore ai 26 milioni di euro investiti) è ancora attuale, come dimostra l’impegno del Comitato Amministratore nel proporre una soluzione strutturale. La proposta, già portata all’attenzione delle istituzioni e delle parti sociali, passa ovviamente dall’individuazione di quei soggetti qualificati a San Marino (rientrando quindi nel vincolo territoriale) che possano gestire il patrimonio in funzione degli obiettivi fondanti del Fondiss. Una soluzione da condividere quindi con Banca Centrale e, soprattutto, con i nuovi vertici appena insediati. Un problema comune a tanti altri, in effetti, come è comune, in questo caso con il Consiglio per la Previdenza, l’annosa questione del rendimento del patrimonio gestito. Perché se è vero che da una parte c’è l’esigenza di assicurare sicurezza negli investimenti, dall’altro per le ragioni dette sopra diventa altrettanto fondamentale garantire un rendimento ottimale agli scopi prefissati. Il rendimento attuale, infatti, dato dall’investimento nelle banche sammarinesi, è ancora basso per raggiungere l’obiettivo finale, ovvero di rendere più sostenibile il primo pilastro e, per quanto riguarda il Fondiss, di aumentare la redditività delle prestazioni che verranno erogate in futuro. Il progetto proposto dal Comitato Amministratore di Fondiss, quindi, potrebbe rappresentare una soluzione percorribile anche dal Consiglio per la Previdenza, che già oggi sta valutando (pur avendo più libertà d’azione data dalla legge) e anche sperimentando altri investimenti rispetto all’unico e poco redditizio deposito nelle banche locali.

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