Home FixingFixing In “vetrina” su Facebook ma l’e-commerce è altro

In “vetrina” su Facebook ma l’e-commerce è altro

da Redazione

Andreini: “Vendere con i social non è così semplice, serve una strategia”. La doppia faccia della nuova applicazione: utile o controproducente.

 

di Daniele Bartolucci

 

Facebook ha deciso di implementare le funzioni delle pagine aziendali, dando la possibilità di vendere direttamente tramite una pagina, trasformandola in una sorta di negozio virtuale. “Ma l’e-commerce è un’altra cosa”, avverte Fabio Andreini, professionista di strategie digitali per aziende. Tornando al social più famoso del piante, “prima di adesso, esistevano altri servizi esterni che offrono possibilità di vendere tramite una pagina Facebook, ma ovviamente non erano servizi nativi ed erano integrati tramite Tab, non visibili da mobile e quindi non ottimizzati. Un po’ a sorpresa”, si legge sul suo sito www.fabioandreini.com, “Facebook ha rilasciato questa funzione “Vetrina” che permette di creare una vetrina/catalogo e vendere senza uscire dalla pagina”. Proviamo a capire come funziona. “Facebook sta rilasciando la funzione molto lentamente e solo poche pagine hanno già questa funzione attiva. La vetrina apparirà come una qualsiasi tab, ma essendo nativa, sarà visibile anche da mobile. Il catalogo è illimitato e si possono inserire prezzi, foto e descrizioni e i prodotti potranno essere condivisi come qualsiasi altro post. La vetrina avrà anche i suoi Insights con varie statistiche. In pratica si tratta di un vero e proprio sistema di eCommerce e sarà anche possibile gestire gli ordini e i pagamenti, nonché comunicare con i clienti. Il merchant o gateway di riferimento sarà Stripe (a mio avviso migliore di Paypal) in partnership con Facebook e per ogni ordine, le commissioni saranno del 2,9% + 30 centesimi per ogni transazione”. La volontà di Facebook è quindi quella di “andare incontro alle molte richieste da parte delle aziende, ma anche alla volontà di diventare sempre più immersivo nella vita delle persone e di offrire servizi a 360 gradi. Non posso dire se questa feature funzionerà veramente, l’unica cosa è osservare attentamente l’evoluzione di questo nuovo strumento e di come gli amministratori delle varie pagine lo utilizzeranno. Il rischio è che condividano loro stessi i prodotti in vetrina (i loro, ndr), riempiendo la propria home di annunci di vendita: questo sarebbe controproducente perché nessuno resterebbe sulla loro pagina per più di qualche secondo, e probabilmente una volta uscito non ci tornerebbe mai più”. Di qui la definizione di “vetrina”, differente da un sito di e-commerce: “Non è solo questo, anche perché i social network sono importanti per raggiungere il proprio target commerciale, ma sono funzionali alla strategia digitale che si vuole impostare, non basta quindi avere una pagina su Facebook, e ora una vetrina col proprio catalogo, per arrivare a vendere e dire di avere un proprio e-commerce. Soprattutto se tutti questi strumenti vengono messi in mano ad operatori amatoriali e non a dei professionisti”. “Il mondo è cambiato”, prosegue Andreini, che è anche membro del direttivo di ASI, “e la tecnologia ha ridotto distanze e tempi, ma le dinamiche commerciali esistono comunque, per questo si parla di strategia digitale e di presenza sul web. Pensare che certi passaggi si possano saltare o che lo possano fare tutti da soli è sbagliato e fa parte di una cultura del passato probabilmente. Spesso uso questo esempio per spiegarmi meglio: in Formula 1 la tecnologia è avanzata a ritmi vertiginosi, riducendo il tempo dei pit stop a pochissimi secondi, ma non per questo lo staff tecnico si è ridotto, anzi, se prima c’erano due meccanici al cambio gomme, oggi sono triplicati, certi staff arrivano a oltre 10 persone. E così è nel mercato digitale, perché il prodotto che si vede è come un iceberg: il 30% si vede perché fuori dall’acqua, ma il 70% è invisibile”. Il lavoro dei professionisti dietro a un sito o una piattaforma di e-commerce, quindi non si vede sempre ma c’è: “Diciamo che per pianificare un business di un certo livello il 30% del budget va investito nella piattaforma online, il resto in marketing, comunicazione e logistica. Tutto però deve essere studiato e pianificato a dovere, per non azzerare tutti gli sforzi fatti per attirare gli utenti sul proprio sito commettendo errori o facendo anche danni alla propria azienda. Danni d’immagine, in questo caso, perché la condivisione di esperienze, positive o negative, è il pane quotidiano dei social network e i feedback sono velocissimi ad arrivare, ma difficili da cancellare”. Detto questo, l’e-commerce ormai è la nuova Mecca o c’è ancora tempo per chi ancora non ha aperto un sito online? “Sicuramente internet offre possibilità fino ad oggi inimmaginabili, con l’azzeramento delle distanze tra venditore e compratore, anche si trovassero ai due estremi della Terra. Per chi vuole aprirsi a mercati più ampi di quello italiano ed europeo, è probabilmente una scelta giusta, se non ovvia. Le transazioni online continuano ad aumentare di anno in anno e il punto di equilibrio tra commercio online e quello in sede fissa è o sarà ben presto a favore del primo”. E San Marino? “Abbiamo una legislazione all’avanguardia in materia, a cui abbiamo contribuito anche come ASI, ma i vincoli dell’export restano quelli di ogni altra attività: il rappresentante fiscale per volumi importanti, il T1 e T2, la distribuzione in UE e soprattutto fuori dalla UE. Occorrono accordi internazionali per agevolare l’export sammarinese e, quindi, anche la crescita del settore online. Settore dove stanno andando fortissimo non solo beni di consumo come abbigliamento ed elettronica, ma soprattutto il food, dai vini ai prodotti tipici, cosa che anche a San Marino non mancano”.

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