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La Gran Bretagna vuole “copiare” San Marino

da Redazione

A breve la tassa sulle società scenderà al 17%, come sul Titano. L’annuncio ha un sapore “elettorale”, in vista del referendum sul Brexit.

ministro Osborne

 

 

di Daniele Bartolucci

 

Londra punta Dublino, hanno titolato i giornali di mezza Europa, ma sarebbe più giusto dire che punta San Marino, visto che l’intenzione è quella di abbassare la corporate tax, la tassa sulle società, al 17%. Un’aliquota che sul Titano tutti ben conoscono da tempo e che ora diventa un obiettivo per il Governo britannico, chiamato a tamponare l’emergenza politica che potrebbe scatenarsi con il referendum sul “Brexit”, ovvero l’addio all’Unione Europea, a giugno.

Un obiettivo, dicevamo, tra i più significativi del Budget illustrato ai Comuni dal Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, per far fronte al rallentamento economico e mantenere il target di un avanzo di bilancio di 10 miliardi nel 2020, da una parte, e, dall’altra, accontentare il cosiddetto ceto medio, probabilmente determinante nel voto dei prossimi mesi e scontento delle politiche economiche dell’UE tanto quanto del Governo di Cameron. Critiche soprattutto all’indomani delle stime, riviste al ribasso, sulla crescita: dal 2,4% infatti, Osborne ha dovuto ammettere che l’economia crescerà nel 2016 solo del 2%. Di qui la promessa dell’abbassamento delle tasse alle società (dal 20 al 17%) e anche ai cittadini (la tassa su capital gain passerà dal 28 al 20% e per alcune fasce al 10%, inoltre cresceranno gli sgravi sui depositi di risparmio).

Facendo un rapido calcolo, in Inghilterra il Governo è costretto a correre ai ripari per una crescita del 2%, mentre a San Marino si festeggia la crescita dell’1% scarso, appena certificato dal Fondo Monetario Internazionale.

C’è qualcosa che non torna. Come non torna il fatto che, con un’aliquota al 17% sulle società l’Inghilterra punta a rilanciare la propria economia. Allora San Marino che ce l’ha già, cosa dovrebbe vedere nelle proiezioni statistiche, un +3%? Purtroppo San Marino non è l’Inghilterra, per tanti e ovvi motivi anche non dipendenti dalle proprie scelte economiche e politiche. Uno dei fattori determinanti, però, risulta essere proprio il tema del referendum, ovvero la permanenza nell’Unione Europea: la maggior parte degli economisti – ed ora anche i consulenti di Cameron, che si sta accorgendo dell’effetto boomerang della sua campagna euroscettica dei mesi scorsi – concorda infatti che l’uscita dall’Unione Europea sarà negativa per la Gran Bretagna, più per la Gran Bretagna che per gli altri Paesi UE a quanto pare: lo spazio commerciale unico, il “peso” politico nei confronti di USA e Cina, la BCE e tanti altri fattori di competitività verrebbero infatti meno, e questo ricadrebbe sull’economia già “rallentata” della Gran Bretagna, isolandola economicamente e socialmente, oltre che geograficamente come è sempre stata.

A San Marino, al contrario dell’Irlanda, forse non interessa troppo se la Gran Bretagna abbasserà le tasse societarie e diventerà un competitor più agguerrito, ma dovrebbe guardare alla campagna referendaria con rinnovata attenzione, visto che si trova nella posizione di dover trattare proprio con l’Unione Europea un Accordo di associazione.

Anche Cameron sta “trattando” con l’Europa, e visto che un’economia che viaggia al +2% considera forse svantaggioso uscire dall’Unione Europea, per un’economia che dopo anni di rosso vede un flebile +1% è forse il caso di vedere l’Accordo di associazione come un’opportunità da cogliere. Non al volo e a occhi chiusi, ma consapevoli dei propri limiti e delle proprie peculiarità: insomma, in Europa sì, ma le condizioni per un Accordo vantaggioso per San Marino vanno trattate.

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