Con il voto di fiducia di ieri, la Camera dei Deputati ha approvato il decreto legge che rafforza il sistema bancario cooperativo (oltre 370 istituti su un totale di 700 banche in Italia). “Ovviamente le Banche di credito cooperativo riminese saranno interessate dal processo di unificazione previsto dalla riforma delle Bcc ed entreranno a far parte di un grande gruppo nazionale – spiega il deputato PD Tiziano Arlotti -. Sarà un’importante occasione di crescita per i nostri istituti di credito, che saranno rafforzati da questo processo, senza che ne vengano intaccati in alcun modo l’autonomia o i rapporti con il territorio di appartenenza.
Quella delle BCC è una storia straordinaria e ultracentenaria, che nel riminese vanta la BCC RiminiBanca (32 filiali e oltre 4500 soci, nata ad inizio del 2016 dalla fusione di BCC Valmarecchia e BCC Banca di Rimini), Banca Malatestiana (28 filiali e oltre 5000 soci) oltre a BCC Romagna Est (al Nord) e BCC Gradara (al Sud) che contano circa 13mila soci nel territorio riminese. Un sistema che ha sempre avuto un forte radicamento territoriale e che ha sempre sostenuto le imprese e le famiglie nella crescita del tessuto socio-economico e dell’associazionismo.
Negli anni della massima stretta creditizia, le BCC hanno giocato un ruolo importante, ma è divenuto sempre più necessario riformarle per renderle più competitive e più patrimonializzate per il sostegno della competitività e della stabilità di un sistema che, singolarmente, non erano più in grado di sostenere, sia per la forma giuridica di cooperativa mutualistica, sia per il peso della crisi che hanno dovuto sopportare.
Il decreto legge varato dal Governo è stato migliorato con il coinvolgimento dei rappresentanti del mondo delle BCC e della cooperazione nel suo complesso, così come nel corso dell’esame in Commissione sono stati apportati miglioramenti e integrazioni di rilievo arrivando a un testo condiviso.
Il cuore delle modifiche apportate dalla Commissione riguarda la procedura di ‘way out’, la via d’uscita prevista per le Bcc che non intendono aderire al gruppo bancario cooperativo da un miliardo di patrimonio introdotto dal decreto legge. In questo caso una o più banche congiuntamente potranno costituire entro 60 giorni dall’entrata in vigore della riforma una spa cui conferire l’attività bancaria. Il controllo della nuova società resta alla cooperativa originaria, che conserva le riserve indivisibili e conferma la missione mutualistica.
I capisaldi della riforma si possono così sintetizzare: salvaguardia del principio di autonomia della singola BCC, con l’attribuzione all’assemblea dei soci delle singole banche della facoltà di poter nominare i propri organi sociali; rafforzamento della mutualità, con il coinvolgimento dei soci il cui numero minimo passa da 200 a 500 e con l’innalzamento del capitale detenibile dal socio da 50 mila a 100 mila euro; consolidamento della dimensione della cooperazione nel suo insieme, attraverso l’appartenenza del gruppo BCC, condizione necessaria per poter esercitare l’attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo, attraverso il controllo della capogruppo da parte delle BCC stesse, le quali devono detenere la maggioranza del capitale della capogruppo Spa, attraverso la sottoscrizione del contratto di coesione, che disciplina la direzione e il coordinamento dalla capogruppo sul gruppo.
E poi il rafforzamento dell’intero sistema, con una soglia minima di patrimonio netto prevista per la capogruppo, che deve essere di almeno un miliardo, con i poteri assegnati alla capogruppo di definizione e attuazione degli obiettivi strategici, da un lato, e dei poteri necessari per l’attività di direzione, dall’altro; la forma giuridica della società per azioni, prevista per la società capogruppo, favorisce l’accesso del gruppo bancario al mercato dei capitali e il rafforzamento patrimoniale dell’intero gruppo, tenuto conto degli impedimenti naturali delle BCC di ricapitalizzarsi, accedendo al mercato dei capitali di rischio.
Ora servono tempi rapidi e certi per l’emanazione del Decreto attuativo da parte del MEF, per permettere l’adesione al gruppo dopo la conoscenza dell’articolato del patto di coesione, ed evitare rischi di richiesta di sospensione o di legittimità”.