Home FixingFixing “Finisce per A”, il giro d’Italia di Alfonsina Strada

“Finisce per A”, il giro d’Italia di Alfonsina Strada

da Redazione

Al Teatro Titano Patrizia Bollini ripercorre la pagina di sport femminile. Il regista Eugenio Sideri: “Fu una straordinaria eroina dei suoi tempi”.

bollini patrizia

 

 

di Alessandro Carli

 

Uno scandalo, visti i tempi. Eppure quando Alfonsina Morini, maritata Strada, si iscrive e partecipa al Giro d’Italia del 1924 – prima e unica donna a farlo, in quel tempo – forse non sapeva che a distanza di oltre 90 anni qualcuno – l’attrice sammarinese Patrizia Bollini e il regista Eugenio Sideri – avrebbe “messo in scena” la sua storia. L’8 marzo difatti al Teatro Titano buio in sala su “Finisce per A – Soliloquio tra Alfonsina Strada, unica donna al Giro d’Italia del 1924, e Gesù”, delizioso monologo sulla “corriditrice” che tutti credevano volesse sfidare gli uomini.

Lo scandalo fu anche nel lancio della sua partecipazione. A tre giorni dalla partenza sulla Gazzetta dello Sport compare come “Alfonsin Strada di Milano”; non si sa se la “a” mancante fosse dovuta a un errore o a precisa volontà, fatto sta però che un altro quotidiano, il Resto del Carlino di Bologna, andò a riportare il nome “Alfonsino Strada”. Solo alla partenza gli organizzatori chiarirono che il partecipante era Alfonsina Strada, e la stessa Gazzetta si astenne da articoli particolarmente vistosi. In breve la notizia si diffuse in tutta Italia, creando curiosità, sospetto, approvazione e scherno.

Giunse fuori tempo massimo durante la tappa L’Aquila-Perugia. Inizialmente, alcuni membri della giuria non vollero estrometterla dalla corsa, considerando anche il tanto tempo da lei perso per cadute e forature. Ma in seguito si optò per una linea dura: Alfonsina Strada fu esclusa dalla classifica del Giro.

“Quando Patrizia mi ha parlato, per la prima volta di Alfonsina – racconta il regista ravennate -, le ho visto gli occhi luccicare. Io sono un uomo, un ‘maschio’, e credo che non potrò mai capire fino in fondo cosa possa significare per una donna, specie in quegli anni, affrontare la società – seppur sportiva – dei ‘maschi’. E così ho provato a salire anche io sulla bicicletta delle parole, e a ripercorrere, insieme ad Alfonsina, il suo Giro d’Italia e le sue successive mirabolanti imprese che ne fecero un’eroina del tempo. E ho provato ad immaginare questa ragazza che, nella solitudine delle salite o nelle lunghe traversate delle pianure afose sulle strade sterrate, pedalasse e parlasse… parlasse per non sentire la fatica, per non ascoltare chi la osteggiava, per non smollare mai… ecco, avviasse un dialogo con Gesù. Si tratta di un Gesù nei ricordi del Catechismo, un Gesù che sta nel Cielo e nella Terra, nelle cose che la circondano, nel vento che le sbatte contro, nella pioggia che le serra gli occhi, nel sole che la acceca… un Gesù che, come lei, è stato condannato dalla legge dei ‘maschi’. Non si tratta di una preghiera, ma di un vero e proprio soliloquio, parole dette nella mente, raccolte nelle gambe e animate dal respiro, affaticato ma felice, di chi non si è mai voluto arrendere”.

Patrizia Bollini dà voce e corpo a questa incredibile pioniera dello sport femminile, meno nota della coetanea Ondina Valla, ma altrettanto importante nella storia dell’emancipazione sportiva – e sociale – delle donne. Patrizia-Alfonsina si racconta, parlando con Gesù, attraverso una Via Crucis in bicicletta, attraverso le lunghe e faticosissime tappe del Giro d’Italia del 1924, e delle altre imprese, dando voce alle storie, agli aneddoti ma pure dando voce al primo marito –recluso e morto in manicomio- e alla madre, Virginia, massaia analfabeta della Bassa Emilia, madre di altri otto figli. Un avvincente monologo tra sudore e stati d’animo semplici e generosi.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento