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E’ possibile pensare a una San Marino totalmente biologica?

da Redazione

Non è un’idea affatto “Strambotta”, anzi. Leggete bene…

 

Non una classica poesia – e la letteratura ne è davvero ricolma – bensì un’altra forma lirica, quella denominata “strambotto” e firmata da Antonio Andriani. “Spero apprezzino il sapore nostrano / del verso, no glutine, biologico / coltivato in territorio montano / lieve per chi soffre d’intolleranza. / Questa lirica non duole alla panza!”.

Attacco “azzardato”, o forse sarebbe più opportuno parlare apertamente di “provocazione”. La stessa che lanciano, non in versi ma utilizzando la forma del “romanzo”, i vertici del Consorzio Terra di San Marino. L’argomento? Beh, è contenuto nelle parole di Andriani. Non nell’incipit, bensì all’altezza della pancia.

Biologico.

Bio-logico.

Il bio è una questione di logica o una scelta logica?

E’ ipotizzabile pensare a una “San Marino” bio e quindi a uno Stato bio? Cosa comporterebbe una scelta di campo così radicale?

“In prima battuta – spiegano i vertici del Consorzio Terra di San Marino – crediamo che il Titano potrebbe rappresentare davvero, perlomeno in questo settore, un history case: non esistono nazioni totalmente biologiche. Viene da sé che decidere di percorrere questa strada significherebbe investire e soprattutto sposare la ‘qualità’. E’ innegabile poi che questa decisione creerebbe ricadute positive su tutto il sistema”.

Utopia pura? No, non del tutto. Ovviamente è una “provocazione”, ma che ha – e visto che parliamo di terra, la figura retorica è ben ponderata – radici che iniziano a svilupparsi. Una delibera del Congresso di Stato difatti ha stanziato un finanziamento per reclutare un professionista che stili i criteri legati alle certificazioni biologiche.

“Investire nel bio – prosegue il Consorzio Terra di San Marino – comporta un grosso cambio culturale rispetto al presente e al passato. Significa riqualificare un comparto e, a pioggia, tutti i settori che hanno a che fare con la terra”. Tradotto: bio la parte rurale, ovviamente, visto che la rivoluzione ha come punto di partenza i prodotti e quindi la terra e quindi chi la lavora. Ma bio è anche altro: oggi il Titano – a parte due realtà, una nell’uva e una nell’olio – non lo è.

A chi interessa?

Già. Bella domanda. A moltissime persone che ad oggi non sono interessate. Perché scegliere di diventare “bio” vuol dire mettere in campo una squadra e non solo un regista o un centravanti. Sposare il bio, diventare un Paese “bio”, richiede fatica. E risorse, tante. Quelle “umane” si devono specializzare (e in questo percorso verso l’alto, l’università può fare tanto), ma va data anche assistenza agli uffici tecnici e vanno individuate le “materie prime”. Al plurale: persone (che sono i primi che lavorano e hanno a che fare con il campo e la terra) e chiaramente i semi da coltivare.

Senza dimenticare lo Stato. Uno Stato che vuole essere “bio”, deve partecipare attivamente alla trasformazione. Anche perché, ricordano i vertici del Consorzio Terra di San Marino, “la resa rispetto al ‘non bio’, è inferiore del 30%”. Quindi, azzardiamo: maggiori finanziamenti e soprattutto un’équipe di professionisti che sappiano dare tutte le informazioni adeguate per tutti coloro che vogliono convertirsi al “bio”. “Bio”, a dispetto delle poche vocali e consonanti che lo compongono, vuol dire tanto: il cibo e gli spazi per gli animali, le tecniche di coltivazione autorizzate, la possibilità di utilizzare alcuni “particolari” ingredienti per la trasformazione.

Più spesa e meno resa? Che razza di provocazione!

Ma allora, perché puntare al “bio”?

Perché è una grande opportunità di cambiamento.

Perché è un nuovo settore di mercato.

Perché il “bio” – e qui ci prendiamo una licenza poetica, ovvero smontiamo le rime – si coniuga con il verbo del turismo e delle imprese. Avete idea di quante realtà estere interessate potrebbero avvicinarsi al Titano sapendo che è “bio” e portando uno straordinario valore aggiunto per tutta l’economia?

La Svizzera ha scommesso sulla tecnologia di precisione (gli orologi, per esempio). Tutti sanno che in quel campo il Paese elvetico rappresenta un’eccellenza. E se il Titano sovrapponesse il proprio nome a quello del biologico?

Passiamo diventare il primo Paese al mondo in questo settore? Crediamo che con un lavoro di squadra – Consorzio Terra di San Marino e Stato – questo orizzonte possa trasformarsi in realtà.

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