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Legge dei Semi e “resilienza”, percorso rischioso sui brevetti

da Redazione

Il progetto di iniziativa popolare approda in prima lettura in Consiglio Grande e Generale. Il tema “vita” mette in discussione convenzioni e trattati già ratificati e attuati.

 

di Daniele Bartolucci

 

Approda in Consiglio Grande e Generale la “Legge dei Semi”, un progetto di legge di iniziativa popolare che si pone principalmente l’obiettivo di “tutelare e garantire l’agro-biodiversità, i diritti degli agricoltori e la produzione agro-ecologica (una produzione che parta da semi liberi da brevetti, attenta alle risorse e al territorio)”. Inoltre, spiegano i promotori dell’iniziativa, ovvero i membri del Consiglio Direttivo della Fondazione Banca della vita – San Marino terra della biodiversità, “si vuole promuovere lo sviluppo della ricerca sulla diversità delle sementi in base ai principi di qualità e resilienza, caratteristiche fondamentali per affrontare le sfide della crisi economica, ecologica e della sicurezza alimentare”. Temi all’ordine del giorno in molti Paesi industrializzati, ma ancora di più in quelli in via di sviluppo, dove l’agricoltura rappresenta ancora un asset fondamentale, ma spesso sono le multinazionali a trarne i maggiori vantaggi, attraverso l’uso di pesticidi e selezionamento dei semi che i piccoli produttori locali non si possono permettere. Di fatto la biodiversità globale è messa a rischio da questo sistema e l’intenzione dei promotori è di invertire il trend, partendo dal proprio Paese: “Per un piccolo paese come San Marino, è indispensabile tutelare e proteggere la propria biodiversità per poter difendere la sua stessa sovranità”. In sintesi, si legge nella relazione di Francesca Piergiovanni che accompagna il progetto legge, la Legge sui Semi stabilisce che: “L’interesse a lungo termine (delle generazioni presenti e future) ha la precedenza sull’interesse privato e di breve termine; la conservazione delle risorse naturali, inclusa l’agro-biodiversità, ha la precedenza sull’utilizzo non sostenibile di tali risorse da parte delle generazioni presenti; l’agro-biodiversità di origine genetica, tecnologica oppure derivante dagli effetti dei sistemi agricoli, è il carburante del motore dello sviluppo sostenibile, assicura un’agricoltura sostenibile in un futuro incerto; mantenere, sostenere ed utilizzare la diversità equivale a custodire e tenere in vita delle opzioni alternative per tutti; il sistema di produzione agricola non può venir imposto non-democraticamente, ma deve avvenire attraverso un percorso inclusivo di tutti gli attori; la diversità dei sistemi di produzione deve co-evolvere nel rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali, delle diversità culturali, biologiche, e dei valori umani; in agricoltura l’innovazione è un procedimento di natura cumulativa, collettiva e continuativa utilizzato a beneficio di tutti”. A questi obiettivi, se ne aggiungono due in particolare, che si pongono in contrasto con l’attuale sistema globalizzato, ma anche con la normativa vigente a San Marino. Ovvero, il fatto che “si deve applicare il principio della condivisione, non dell’appropriazione, alla biodiversità e alle risorse genetiche, nonché alla conoscenza ad esse associate” e che, soprattutto, “i vegetali, le loro varietà, le loro parti e componenti, geni inclusi – anche se isolati – (nonché procedimenti biologici essenziali per la produzione di varietà vegetali) non possono essere brevettabili”. Il tema della brevettabilità della vita è in effetti una delle problematiche più complesse e dibattute dell’epoca contemporanea, percorrendo quel labile confine tra etica, morale e ricerca scientifica. La Legge dei Semi, pur non entrando nel merito delle questioni più spinose (come potrebbero essere le staminali), pone un elemento di discontinuità molto forte, contenuto nell’art.13 “Brevetti e miglioramento genetico convenzionale”. Tale articolo recita: “Ogni forma di vita non può, per nessuna ragione, essere considerata “invenzione”. In relazione al principio di cui al comma precedente i diritti di proprietà intellettuale sul vivente, o parte di esso, sono da considerarsi inammissibili sia sul piano etico che sul piano giuridico. Nella Repubblica di San Marino, in attuazione dei principi di cui ai precedenti commi, è esclusa la brevettabilità del vivente o parte di esso”. La questione travalica l’ambito dei semi e dell’agricoltura e, potenzialmente, riguarda qualsiasi ambito in cui si utilizzino brevetti su esseri viventi o parti di essi (che siano vegetali o animali poco importa, dal batterio al virus, dal seme di grano al gene di una pianta, dal vaccino al pesticida, riguarda tutti). Per questo è una sfida globale e riguarda come detto il rapporto tra i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo: la maggior parte delle risorse della biodiversità sono ospitate nei Paesi poveri, ma i Paesi ricchi hanno tecnologie sofisticate, come l’ingegneria genetica, per sviluppare nuovi prodotti da queste risorse. Per cui, una multinazionale può prendere dei geni da una foresta in un Paese povero, manipolarli nei propri laboratori e brevettare quanto ottenuto. Oltre al proprio profitto, però, si crea un paradosso: il Paese povero, al pari di tutti gli altri, dovrà poi pagare a queste società i diritti per utilizzare quanto prodotto con le proprie risorse genetiche. Questo è uno dei problemi che l’attuale sistema può creare e la Legge dei semi si pone appunto come strumento per evitare tali rischi, anche a San Marino. Va detto che tale portata è ben chiara ai promotori, tanto che nella relazione vengono citate le principali fonti normative a livello internazionale, ma, invero, non quelle sammarinesi (che comunque con l’approvazione della Legge andrebbero abrogate) in materia di proprietà intellettuale e di proprietà industriale. San Marino infatti non è membro del WTO e quindi non aderisce ai TRIPS di questa organizzazione, che invece vengono menzionati nella relazione. Allo stesso modo San Marino, pur aderendo al WIPO non ha mai sottoscritto la Convenzione Internazionale per la protezione delle nuove varietà di piante (UPOV). La Repubblica di San Marino invece ha ratificato e dato attuazione al P.C.T. (Trattato sulla Cooperazione sui brevetti) gestito dal medesimo WIPO e fa parte dell’Organizzazione europea dei brevetti (European Patent Organisation, EPO).

Entrambe queste organizzazioni hanno concesso e concedono brevetti che hanno a che fare con la vita, sia nel campo delle biotecnologie sia nel settore dei vegetali. Tali brevetti una volta che sia compiuta la procedura internazionale di esame e concessione possono essere validamente nazionalizzati a San Marino mediante il deposito del testo del brevetto e il pagamento delle tasse nazionali. Di conseguenza, sono stati diversi i depositi di brevetti biotecnologici anche a San Marino, mentre non si sono ancora verificati depositi aventi ad oggetto varietà vegetali. San Marino infatti non ha una disciplina apposita sul riconoscimento delle varietà vegetali né ha mai aderito alle convenzioni internazionali che regolano la specifica materia.

Se la Legge dei Semi dovesse venire approvata nella forma proposta, si creerebbe un problema serio per San Marino: dentro o fuori l’EPO e il PCT? Il riferimento generico alla vita, escluderebbe dalla brevettabilità anche tutti i brevetti che riguardano le biotecnologie farmaceutiche. E per i brevetti europei e PCT già depositati e concessi (e per i quali sono già stata pagate le tasse)? Va infatti tenuto in considerazione che la Legge 25 maggio 2005 n.79, ovvero il “Testo unico in tema di proprietà industriale” contiene già dei limiti e delle esclusioni dalla brevettabilità per invenzioni contrarie all’ordine pubblico o al buon costume, in particolare la legge elenca a titolo di esempio: la clonazione di esseri umani, i procedimenti di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano, le utilizzazioni di embrioni umani a fini commerciali o industriali, i procedimenti di modificazione dell’identità genetica degli animali atti a provocare su di loro sofferenze senza utilità medica sostanziale per l’uomo o l’animale, nonché gli animali risultanti da tali procedimenti. La legge dichiara invece brevettabile il materiale biologico e il procedimento microbiologico, ma in caso di commercializzazione di materiale di riproduzione di origine vegetale dal titolare del brevetto ad un agricoltore a fini di sfruttamento agricolo, la legge prevede dei limiti, ovvero il così detto “privilegio dell’agricoltore”, cioè il diritto dell’agricoltore di utilizzare il prodotto del raccolto per la riproduzione o la moltiplicazione in proprio nella propria azienda, con un richiamo esplicito al Regolamento CE n. 2100/94. In pratica con il testo proposto le possibilità di brevettazione di ogni forma biologica sarebbe vietata, con conseguenze importanti in termini di brevetti già depositati (che secondo la nuova dicitura, non avrebbero più alcun valore) o ancora da depositare. Un divieto così generico e vincolante, infatti, non è presente in altri Paesi europei, per quanto la discussione sia in atto da anni. A San Marino la discussione avverrà ora in Consiglio Grande, dove, per adesso, nessuno pare si sia chiesto quali conseguenze potrebbe portare l’approvazione del testo così proposto.

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