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Gabriele Nanni si gioca “Il numero cinque” sulla ruota di Piemme

da Redazione

“Il libro è ambientato nel 1983, 6 anni prima della caduta del muro di Berlino. Erano gli anni della cortina di Ferro, anni in cui era difficile scambiarsi le merci. Anche un semplice paio di scarpe da basket della Nike”.

 

di Alessandro Carli

 

Gabriele Nanni (1977), giornalista riminese (quindi collega ma anche amico), con il libro “Il numero cinque” ha vinto il “Premio Battello a Vapore” 2014 delle edizioni Piemme. Volutamente non sveleremo la trama del romanzo (si trova già sul sito della casa editrice) ma solo l’argomento, lo sport, più precisamente il basket, e l’ambientazione, Rimini. Più interessante è come Gabriele – che è anche un ottimo disegnatore: andatevi a ripescare il suo gatto Picasso su “La Voce di Rimini” – è arrivato a scrivere e a essere pubblicato per Piemme.

Materia non nuova, quella della pallacanestro. Questa volta però non sono le “duemila battute” che chiedono in redazione…

“Saranno almeno 200 mila, ad occhio e croce. La storia ce l’avevo già in testa. E’ successo poi che nel 2014 mi sono imbattuto nel concorso di Piemme. Il problema però erano i tempi: il bando scadeva dopo una settimana. Mi sono messo a testa bassa e in sei giorni ho completato il romanzo. L’ho riletto una sola volta e l’ho inviato. Poco dopo mi hanno detto che ero tra i cinque finalisti”.

Come hai vissuto la Rimini degli anni Ottanta? E’ diversa da quella di Tondelli?

“Il libro è ambientato nel 1983, 6 anni prima della caduta del muro di Berlino. Erano gli anni della cortina di Ferro, anni in cui era difficile scambiarsi le merci. Anche un semplice paio di scarpe da basket della Nike. Quella Rimini, la mia Rimini, era diversa da quella descritta e raccontata da Tondelli. E’ la Rimini che ho vissuto da bambino, quella Rimini che per me era racchiusa in una via, e in una zona, la ‘barafonda’, a San Giuliano”.

Il libro parte da Rimini ma poi si spinge verso Est. In quegli anni, i campioni di basket venivano tutti da lì…

“Per me il basket è quello slavo: tecnica e tiro. Zara, assieme a Spalato e Zagabria, è stata la culla di questa pallacanestro. Ricordo Krešimir Ćosić detto ‘Kreso’, uno dei primi ‘lunghi’ a giocare come i ‘piccoli’. A Rimini abbiamo avuto Marko Tušek ma anche Boris Gorenc”.

Visto il successo del primo libro, immagino tu stia lavorando già su altre storie…

“Sì, due libri per la precisione. Uno per i bambini di 7 anni e uno per quelli di 10, sempre per Piemme. Quest’ultimo è ambientato nel 1990, l’anno dei mondiali di calcio in Italia”.

Qual è il libro che avresti voluto scrivere?

“Certamente ‘La storia infinita’: una trama geniale, un libro che dà un senso profondissimo al regno di Fantasia, e che abbatte i confini”.

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