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Confindustria Italia ritocca al ribasso il Pil

da Redazione

L’economia italiana rallenta: per il 2016 ipotizzata una crescita dell’1,4%. Frena la produzione industriale, aumentano gli scambi con l’estero.

 

Doccia fredda dal Centro Studi di Confindustria: l’economia italiana, anziché accelerare sta rallentando. E’ questo, in estrema sintesi, il dato principe che emerge dallo scenario economico del CSC guidato da Luca Paolazzi, che ha ritoccato al ribasso le previsioni per il Prodotto Interno Lordo italiano: il 2015 si è chiuso con un +0,8% (rispetto al precedente +1% elaborato nel mese di settembre) e ipotizzando una crescita rispettivamente dell’1,4% quest’anno (dal precedente +1,5%) e dell’1,3% nel 2017.

La differenza è dovuta ai nuovi profili trimestrali, diffusi dall’ISTAT in dicembre, che hanno peggiorato di un decimo di punto (a -0,1%) il trascinamento dal 2014 al 2015, e a un terzo trimestre meno positivo di quanto atteso (+0,2% rispetto a +0,4%), che abbassa anche il trascinamento ereditato dal 2016. La variazione acquisita al terzo trimestre 2015 è pari a +0,6%; con l’incremento congiunturale previsto dal CSC per il quarto e tenuto conto del differente numero di giorni lavorativi (3 in più quest’anno rispetto al 2014, che incidono per +0,12 punti), la variazione media annua nel 2015 si attesta, appunto, a +0,8%. Il trascinamento al 2016 è di +0,4%, contro il +0,6% indicato a settembre. Secondo il CSC la crescita del PIL procederà con variazioni trimestrali un po’ più alte nel corso del 2016 (+0,4% medio trimestrale), per poi frenare leggermente nel 2017 (+0,3%). Nel 2016-2017 il numero inferiore di giorni lavorativi (due in meno per entrambi gli anni) avrà un impatto negativo di 7 centesimi di punto in ciascun anno e questo diminuisce di circa un decimo di punto l’anno la crescita stimata. La revisione rispetto alle stime di settembre include anche il diverso andamento atteso di alcune variabili internazionali. Il loro impatto complessivo sul PIL è di poco superiore rispetto a quello calcolato in precedenza sia per quest’anno sia per il prossimo. In particolare, agiscono a favore: il prezzo del petrolio nel 2015 e nel 2016, che è ora previsto attestarsi a 54 dollari e 48 dollari al barile, da 54 dollari e 51 dollari previsto in settembre; il BTP decennale a 1,72% quest’anno e 1,64% il prossimo, da 1,76% in entrambi gli anni; e il cambio a 1,11 e 1,10 dollari per euro, da 1,13 e 1,15. Al contrario, la domanda mondiale è vista in ulteriore rallentamento: al +1,1% nel 2015 e al +2,5% nel 2016 da +1,5% e +3,6%. L’impatto potenziale sul PIL di questi quattro fattori è pari a +1,87% (da +1,79%) nel 2015 e +1,21% (da 1,17%) nel 2016. L’andamento previsto per i prossimi 24 mesi è legato principalmente al rafforzamento della domanda interna, guidata dal consolidamento della fiducia tra imprese e famiglie e sostenuta da politiche di bilancio di sostegno della crescita. Inoltre, saranno ancora positivi gli effetti sui bilanci di famiglie e imprese di un prezzo del petrolio che si manterrà a lungo su valori bassi, anche se con un profilo di graduale aumento, e dei tassi di interesse ai minimi storici. Per il sistema-paese, rispetto al 2014, c’è un risparmio sulla bolletta petrolifera di 21 miliardi di euro nel 2015 e di 24 nel 2016; e sulla spesa per interessi di famiglie e imprese di 18 miliardi una volta completata la sostituzione dei prestiti esistenti, di cui cinque già da dal 2015 che salgono a dieci quest’anno. In tutto, quindi, circa 34 miliardi di euro nel 2016 (42 a regime, stime CSC).

 

LENTO RECUPERO DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE

La caduta dell’attività industriale in Italia si è interrotta alla fine del 2014, mettendo termine a una recessione iniziata nel secondo trimestre del 2011. Ha successivamente inanellato quattro incrementi trimestrali consecutivi, recuperando l’1,8% complessivo. Nel quarto trimestre 2015 il CSC stima un ulteriore recupero (+0,5% la variazione acquisita in novembre), frutto di un calo dello 0,1% mensile in novembre e di un aumento dello 0,5% in ottobre su settembre. Rispetto ai massimi toccati nell’aprile del 2008, rimane del 23,9% inferiore.

Non ci sono, invece, segnali di interruzione della caduta nelle costruzioni, dopo il temporaneo incremento (+0,6%) nel primo trimestre: -1,2% congiunturale nel secondo e -0,4% nel terzo 2015. Il quarto trimestre parte con un acquisito di -0,2% e la fiducia degli imprenditori edili è stabile rispetto al terzo trimestre, mentre risultano più pessimistiche le valutazioni sui futuri piani di edificazione. Dal picco pre-crisi (gennaio 2008) l’attività ha subito un tracollo: -45,6%.

 

AUMENTANO GLI SCAMBI CON L’ESTERO

Il CSC stima incrementi delle esportazioni di beni e servizi, a prezzi costanti, pari al 4% nel 2015, al 3,6% nel 2016 e al 3,7% nel 2017. Le importazioni, dopo un rimbalzo del 5,4% nel 2015, cresceranno del 4,0% nel 2016 e del 3,9% nel 2017. Il contributo dell’export netto al PIL, quindi, sarà negativo nel 2015 (-0,2 punti percentuali), per la prima volta dopo cinque anni, nullo nel 2016 e marginalmente positivo nel 2017 (+0,1 punti). La robusta crescita delle importazioni nel 2015 riflette il graduale rafforzamento della domanda interna e la buona dinamica delle esportazioni, che incorporano anche beni e servizi acquistati all’estero. Il livello dell’import rimane, comunque, del 7,9% sotto il massimo registrato nel 2007. Quello dell’export, invece, è del 3,3% sopra.

 

L’EVASIONE FISCALE BLOCCA LO SVILUPPO

La lotta all’evasione è parte integrante e imprescindibile di un coerente programma di risanamento (anche morale) e di rinascita strutturale dell’economia italiana.

L’evasione fiscale e contributiva, infatti, si legge nel documento firmato dal CSC, blocca lo sviluppo economico e civile perché penalizza l’equità, distorce la concorrenza, viola il patto sociale, peggiora il rapporto tra cittadini e Stato e riduce la solidarietà.

Il CSC ha calcolato in un 3,1% di maggiore PIL e in oltre 335mila occupati aggiuntivi il beneficio del dimezzamento dell’evasione accompagnato dalla restituzione ai contribuenti, attraverso l’abbassamento delle aliquote, delle risorse riguadagnate all’erario. Si tratta, infatti, di cifre considerevoli. Il CSC stima che in Italia l’evasione fiscale e contributiva ammonti a 122,2 miliardi di euro nel 2015, pari al 7,5% del PIL. Al fisco vengono sottratti quasi 40 miliardi di IVA, 23,4 di IRPEF, 5,2 di IRES, 3,0 di IRAP, 16,3 di altre imposte indirette e 34,4 di contributi previdenziali.

L’ISTAT rivela che il sommerso economico, nel quale alberga l’evasione, è particolarmente elevato nelle altre attività di servizi (32,9% del valore aggiunto del settore), nel commercio, trasporti, attività di alloggio e ristorazione (26,2%), nelle costruzioni (23,4%) e nelle attività professionali (19,7%). Al contrario, ha una incidenza contenuta nelle attività finanziarie e assicurative (3,5%) e nella manifattura (6,0%).

Nel confronto europeo per livello di evasione, basato sul tax gap per l’IVA, l’Italia si attesta al secondo posto dopo la Grecia, con un gettito evaso pari al 33,6% di quello dovuto, contro il 16,5% della Spagna, l’11,2% della Germania, l’8,9% della Francia e il 4,2% dei Paesi Bassi.

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