Home FixingFixing Il Consiglio per la Previdenza difende l’investimento all’estero

Il Consiglio per la Previdenza difende l’investimento all’estero

da Redazione

“E’ diversificazione, dobbiamo attuarla”.

 

di Daniele Bartolucci

 

La notizia dell’investimento di 10 milioni di euro del Fondo Pensioni in un prodotto di un gestore del Lussemburgo ha innescato il dibattito politico sul Titano. Un dibattito che però, solo in minima parte tocca il nodo della questione, comunque evidenziato dal movimento RETE che ha sollevato il caso: “Il fondo pensioni deve garantire il sostentamento dei lavoratori una volta terminata l’età lavorativa. Per questo motivo il suo rendimento deve essere certo, non aleatorio”. Il Fondo Pensioni di San Marino, che rappresenta da sempre un unicum nel panorama internazionale potendo contare su una “riserva tecnica” di quasi diverse centinaia di milioni di euro, si sta scoprendo anche l’unico fondo di gestione al mondo investito unicamente nel sistema bancario del proprio Paese. Una scelta che viene meno al basilare principio della diversificazione e che, nel tempo, sta dimostrando anche di essere perfino poco remunerativa, dati i bassissimi rendimenti che le banche sammarinesi offrono. Per quanto riguarda la certezza del rendimento, quindi, l’investimento in un unico asset finanziario rappresenta di per sé un rischio importante, come hanno rilevato i più in questi giorni. Come Guerrino Zanotti (Psd): “Mi chiedo se sia garantista di più avere tutti i 400 mln investiti nel sistema interno. Non credo che chiunque possa darci consigli su come differenziare investimenti, ci consiglia di metterli tutti nello stesso sistema”. La parola d’ordine è infatti la diversificazione, quella che fino ad oggi non è stata attuata. E’ lo stesso Consiglio per la Previdenza ad ammetterlo, ricordando che “già da tempo ha rilevato l’esigenza di incrementare la remunerazione del Fondo Pensioni e diversificare gli investimenti, sino ad oggi totalmente investiti in strumenti di liquidità o titoli obbligazionari presso gli istituti bancari sammarinesi, caso unico ed anomalo nel panorama internazionale, che crea un’eccessiva dipendenza del Fondo Pensioni, troppo esposto e legato all’andamento degli Istituti Bancari sammarinesi”. Per fare questo ha scelto di “avvalersi di un consulente (Ivan Simetovic, professionista pluripremiato a livello mondiale, ndr) che assista il Consiglio in questo attento e graduale percorso di diversificazione degli investimenti e, quindi, del rischio. Dopo un’attenta e approfondita analisi delle varie tipologie di prodotti finanziari presenti nel mercato internazionale, si è optato per investire una somma di 10 milioni, che costituisce il 2,5% del Fondo Pensioni, in un prodotto di un gestore internazionale professionista specializzato in Fondi Pensioni, con uno storico di rendimenti più alto rispetto a quelli del mercato sammarinese, con un bassissimo e calcolato grado di rischio e, come ulteriore garanzia, con la possibilità di smobilizzare l’investimento mensilmente”. “Ricordiamo”, aggiunge il presidente D’Amelio, “che la nostra missione è quella di tutelare e incrementare il Fondo Pensioni, esigenza fattasi ancora più importante vista la costante riduzione dello stesso Fondo e del ritardo del Governo nella corresponsione di 40 milioni di accantonamenti e di 32 milioni necessari per ricostituire il Fondo di riserva di rischio, sui quali il Consiglio ha presentato proposte di mediazione, ma alle quali non abbiamo ancora avuto risposte”. Intanto anche i Consiglieri chiedono però risposte, in parte soddisfatte dal comunicato del Consiglio per la Previdenza, che difende la propria autonomia, in parte già in loro possesso. La questione della pubblicità di tali scelte, ad esempio: è proprio la politica – e le associazioni di categoria unite ai sindacati – che costituiscono il Consiglio stesso, quindi la trasparenza c’è già. Non solo: ogni anno il Consiglio redige un report con tutti i dati e le operazioni effettuate, report sicuramente a disposizione del Consiglio Grande e Generale. L’altra questione è legata al “rendimento minimo garantito”, locuzione che ha fatto storcere il naso a chi conosce la materia. Il rendimento di uno strumento finanziario in verità è sempre garantito, ma da chi ha emesso lo strumento. Se l’emittente fallisce il rendimento verrà azzerato (come quasi sicuramente l’investimento). Ci sono infatti titoli che garantiscono rendimenti superiori al 10% annuo, ma la garanzia è data da emittenti con rating da “spazzatura”, quindi il rischio che non vengano ripagati è altissimo. Ma non basta avere un buon rating per garantire un rendimento “minimo”: è il caso dei Bund tedeschi o dei Bot italiani – citati anch’essi– che se comprati ai prezzi attuali garantirebbero meno del minimo, visto che offrono un rendimento negativo.

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