Home FixingFixing L’Italia si gode l’ISEE 2.0, il Titano aspetta dal 2013

L’Italia si gode l’ISEE 2.0, il Titano aspetta dal 2013

da Redazione

Bene i controlli sul reddito, ma lo Stato deve verificare a chi eroga le risorse. Agevolazioni e prestazioni sociali, manca l’indicatore delle famiglie.

 

di Daniele Bartolucci

 

L’utilizzo delle risorse pubbliche, fermo restando il principio cardine del welfare sammarinese dell’universalità riguardante la sanità e altri servizi, deve passare necessariamente attraverso un sistema di controlli efficace e puntuale, se non si vuole rischiare che vengano sprecate o, peggio, favoriscano (anche) i non aventi diritto. A maggior ragione in un periodo in cui le risorse sono poche e si ipotizzano tagli orizzontali a servizi invece importantissimi. Se da una parte, dunque, vanno approntati tutti i controlli necessari ‘in entrata’, quali sono quelli sull’emersione del reddito (la riforma dell’IGR e l’introduzione della Smac fiscale vanno in questa direzione), dall’altra occorre verificare che ciò che viene incassato venga poi erogato in maniera equa alla cittadinanza, magari basandosi proprio sullo stesso reddito appena verificato. Secondo un principio ampiamente condiviso che i servizi pubblici si paghino in base al proprio reddito (a scaglioni o in proporzione è indifferente), anche le agevolazioni potrebbero essere erogate a seconda del reddito verificato. Se questo è un obiettivo dello Stato, gli strumenti sono diversi, ma simili tra loro: in Italia viene utilizzato dal 1998 l’ISEE, ovvero l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente. Questo indicatore serve principalmente per valutare e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari per regolare l’accesso alle prestazioni (in moneta e in servizi) sociali e

sociosanitarie erogate dai diversi livelli di governo. In generale, l’ISEE viene utilizzato ai fini dell’applicazione di tariffe differenziate in relazione alla condizione economica oppure per la fissazione di soglie oltre le quali non è ammesso l’accesso alla prestazione. A San Marino avrebbe dovuto entrare in vigore l’Indicatore dello Stato Economico delle Famiglie (ISEF), ma il Congresso di Stato ha già sforato di oltre due anni il tempo limite previsto per predisporre tale strumento, ovvero il 30 giugno 2013. L’idea, infatti, era stata messa nero su bianco – e annunciata con entusiasmo come un’iniezione di equità nel sistema sammarinese – nella finanziaria 2013, approvata a fine dicembre 2012. Nell’art. 49 della Legge 21 dicembre 2012 numero 50 (la finanziaria 20132 appunto), si legge che “in un’ottica di un corretto utilizzo delle risorse a disposizione delle famiglie con difficoltà economiche, le finalità della suddetta legge sono quelle di creare strumenti di misurazione della condizione economica delle famiglie per l’accesso a condizioni agevolate, alle prestazioni sociali o ai servizi di pubblica utilità. L’indicatore verrà utilizzato, quindi, per la formulazione delle graduatorie per l’accesso ai servizi offerti dal settore pubblico allargato, per i quali sia prevista tale modalità. Inoltre, l’utilizzo verrà finalizzato per la verifica del diritto all’accesso alle risorse di cui al presente articolo, all’assegno familiare integrativo ed all’assegno di diritto allo studio”. A distanza di tre anni, mentre si sta per approvare la finanziaria 2016, nulla è ancora stato fatto, né reinserito in questa manovra di bilancio, nonostante suonino da diverso tempo molti campanelli d’allarme. Sia per quanto riguarda il bilancio dello Stato (spesa corrente in aumento costante, liquidità media dello Stato che diminuisce di circa 20 milioni l’anno, con conseguente difficoltà al mantenimento di alcuni servizi…), sia per quanto riguarda l’evoluzione sociale, che pone i sammarinesi, da qualche anno, per la prima volta di fronte a numeri importanti di disoccupazione, che poi si trasforma in redditi più bassi e, quindi, in maggiori oneri per lo Stato per quanto riguarda ammortizzatori sociali, contributi di sostegno alle famiglie ecc ecc. Se da una parte, quindi, è giusto domandarsi quanto è costato allo Stato il non aver creato un sistema di controlli sul reddito negli ‘anni buoni’, è altrettanto giusto chiedersi quanto stia costando allo Stato e alle famiglie (in particolare quelle oggi in difficoltà), il ritardo sull’introduzione dell’ISEF.

 

IN ITALIA IL NUOVO ISEE HA DIMEZZATO I NULLATENENTI

Pur con tutte le differenze e tenendo in considerazione il giudizio fortemente negativo (a volte anche troppo) nei confronti della burocrazia italiana, la risposta alla domanda precedente si potrebbe ricercare negli effetti che la riforma dell’ISEE entrata in vigore il primo gennaio del 2015 (sì, mentre a San Marino ancora non c’è, la ‘lenta’ Italia è già alla versione 2.0) sta generando. “Risultati eclatanti” aveva commentato il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti dopo la pubblicazione dei primi dati: “Nei primi tre mesi dell’anno i nullatenenti sono crollati letteralmente dal 75% a meno del 25%”. L’ISEE e a maggior ragione la sua versione più aggiornata, risulta infatti essere anche un ottimo modo per smascherare i furbetti, non prettamente evasori fiscali, abituati a dichiarare di non avere conti correnti e depositi bancari proprio per ottenere prestazioni sociali (assegni per la maternità, bonus famiglia e bebè, ticket sanitari ridotti) o agevolazioni su asili, università, mense e trasporti.

La riforma del Governo Renzi, infatti, si è basata sui passi avanti della tecnologia, passando dall’autocertificazione prevista nel 1998 alla rilevazione diretta presso l’anagrafe tributaria e gli archivi Inps (anche se per conti correnti, redditi esteri e automobili la precompilazione è rimandata al prossimo anno). Senza dimenticare che un’ulteriore spinta alla trasparenza è arrivata dagli enti locali, che vengono ‘premiati’ se nelle loro attività e funzioni, incrociando i dati in loro possesso, evidenziano e scoprono altri furbetti. Visto che la proposta del Congresso non è ancora stata formulata, si potrebbe inserire anche questa norma nell’ordinamento sammarinese, stante il fatto che gli Enti pubblici e le Aziende autonome dello Stato, al pari di Comuni, Province e Regioni, sono in possesso di tantissimi dati che opportunamente incrociati darebbero in pochi istanti la situazione patrimoniale delle famiglie.

Ma anche se non volessero aggiornare l’impegno iniziale contenuto nella finanziaria 2013, sicuramente basterebbe l’introduzione dello strumento oggetto di quell’impegno, scaduto da ormai tre anni.

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