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Beni strumentali: 6 anni dopo ritorna la rivalutazione

da Redazione

Imposta con aliquote a scaglioni. Novità rispetto al 2009: rientrano anche le partecipazioni. La possibilità, inserita nell’assestamento di Bilancio, va sfruttata entro la fine dell’anno.

 

di Daniele Bartolucci

 

Sei anni dopo l’ultimo provvedimento, si ripresenta la possibilità per rivalutare i beni dell’impresa. All’interno dell’assestamento di Bilancio, il provvedimento relativo alle modifiche e variazioni per l’esercizio 2015, è stato inserito infatti l’art. 28 che ripercorre in modo sostanzialmente identico quella precedente contenuta nell’art. 60 della legge n. 168/2009 (finanziaria per l’esercizio 2010) apportando delle piccole variazioni relative alla tipologia dei beni rivalutabili e al calcolo della tassazione separata.

A chi si riferisce l’art. 28 “Rivalutazione dei beni dell’impresa” della Legge 3 novembre 2015 n. 160? Esso prevede la possibilità per “le società di ogni genere, gli enti svolgenti attività d’impresa tenuti alla redazione del bilancio, nonché gli operatori economici persone fisiche” di rivalutare i beni strumentali di proprietà iscritti nel registro dei beni ammortizzabili e/o inventari alla data del 31 dicembre 2014 da effettuarsi entro il 31 dicembre 2015 (quindi c’è poco più di un mese di tempo), nonché le partecipazioni in società controllate e collegate costituenti immobilizzazioni. Va specificato che la rivalutazione delle partecipazioni è una novità rispetto a quella del 2009, con un fine evidentemente e principalmente di natura civilistica, in quanto dal punto di vista fiscale tali beni in caso di plusvalenza generano componenti esenti o parzialmente esenti se rientrano nei requisiti previsti dalla normativa fiscale.

Il legislatore ha ricordato quindi che la rivalutazione deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea, non deve superare i valori correnti di mercato ed è consentita anche alle persone giuridiche partecipanti ad operazioni di fusione, trasformazione e scissione aziendale.

Gli amministratori ed i sindaci, se nominati, devono indicare e motivare in nota integrativa i criteri seguiti nella rivalutazione e attestare sotto la loro responsabilità, salvo che non intervenga idonea perizia giurati di stima da parte di un professionista sammarinese, che i valori indicati non eccedono i limiti di cui al punto precedente. La delibera di rivalutazione e le annesse relazioni devono essere allegate alla copia del bilancio riguardante l’esercizio in cui è avvenuta la rivalutazione, da depositarsi presso la Cancelleria del Tribunale. I saldi attivi di rivalutazione al netto dell’imposta sostitutiva confluiscono in un’apposita riserva del netto da utilizzarsi per la copertura delle perdite oppure per aumentare il capitale sociale.

Ma quanto si pagherà e quanto, in teoria, è vantaggioso per le imprese che eventualmente decideranno di accedere a questa possibilità? L’imposta da corrispondere segue una logica abbastanza particolare, lasciando aperta la porta a casi limite in cui una maggiore rivalutazione sconta la medesima imposta dell’importo massimo dello scaglione precedente. Se si pensa ad esempio agli immobili, che probabilmente rappresentano il caso più comune, ed ai beni non ammortizzabili (terreni e partecipazioni), le aliquote sono le seguenti: fino ad una rivalutazione di 2,5 milioni di euro, la tassazione separata sarà calcolata con aliquota del 5%; aliquota del 4%, con un minimo di 125.000 euro se il saldo attivo è ricompreso fra i 2,5 e i 5 milioni di euro; aliquota del 3%, con un minimo di 200.000 euro per saldi attivi di oltre 5 milioni di euro. Per tutti gli altri beni ammortizzabili, invece, l’aliquota è stata fissata al 2,5%: un’ulteriore novità, in quanto la rivalutazione precedente prevedeva solo l’1%. E’ dunque importante, a seconda della categoria dei beni in oggetto, valutare attentamente questa possibilità in base al vantaggio di aderirvi (pagando appunto l’imposta) o meno.

Va specificato che i beni immobili oggetto di rivalutazione non possono essere alienati a titolo oneroso entro i 5 anni dalla data di rivalutazione fatta eccezione per le alienazioni durante le procedure concorsuali. In tutti gli altri casi, se l’alienazione avviene prima dei 5 anni, il contribuente è tenuto ad applicare le ordinarie imposte previste dalla L. n. 166/2013 sul valore della rivalutazione, scomputando l’imposta sostitutiva già versata. L’ammontare dell’imposta pagata non è deducibile dal reddito d’impresa e deve essere contabilizzato in diminuzione del fondo di riserva di rivalutazione iscritto in bilancio. Il versamento dell’imposta sostitutiva è dovuto anche dai soggetti che usufruiscono di esenzioni o riduzioni dell’IGR e deve essere effettuato entro il bimestre successivo a quello in cui si è perfezionata la rivalutazione e non può essere oggetto di compensazione con altri crediti IGR oppure con l’imposta monofase.

Il tema è quindi importante per le aziende, e non a caso anche in Italia è stata prevista questa possibilità, tanto che il disegno di legge di stabilità 2016 prevede, nell’ambito della riproposizione di numerose disposizioni agevolative, la rivalutazione dei beni d’impresa, da effettuarsi nel bilancio 2015. E questo a soli due anni (a San Marino, come detto, sei) da quella a suo tempo disciplinata dall’art. 1 commi 140 e seguenti della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014). A tal proposito, tale ‘novità’ si limita ad una riapertura dei vecchi termini.

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