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Una preghiera lunga quasi mille chilometri

da Redazione

Due sammarinesi raccontano il loro cammino di Santiago de Compostela.

 

di Alessandro Carli

 

Novecentoventi chilometri a piedi: viene quasi un senso di fatica già a nominarli. Solo a pensarli percorsi con uno zaino in spalla, suonano nella mente lunghi come un’Avemaria. Eppure due sammarinesi, Antonio Capezzone e Terzo Zafferani, hanno scelto il “trasporto lento” delle scarpe e delle gambe per vivere un’esperienza unica, quella che si respira – tra sole, sudore, forza di volontà e momenti di sconforto – percorrendo il Cammino di Santiago de Compostela.

Non una vacanza, bensì un viaggio. Un viaggio spirituale e culturale, paesaggistico in alcuni tratti, certamente naturalistico per tutto il percorso, pensato a San Marino ma realizzato e partito, fisicamente, da un paesino abbarbicato sui Pirenei. Quasi un mese di tragitto tra sole, caldo, qualche goccia di pioggia e quei tesori che solamente la lentezza del camminare sa farti cogliere.

19 agosto 2015, Saint Jean Pied de Port, un paesino che sulla cartina geografica dell’Europa forse è un puntino invisibile. Antonio e Terzo hanno scelto l’inizio e sanno dov’è la fine. Tra il borghetto francese e Santiago ci sono quasi mille chilometri di terra.

“E’ un percorso che desideravamo da molti anni affrontare: è molto frequentato dai pellegrini di tutto il mondo – raccontano -, ma allo stesso tempo è un viaggio anche culturale. Lungo il cammino si incontrato piccoli borghi medievali. E’ come tornare indietro di quasi mille anni”.

Prima tappa, Saint Jean – Roncisvalle. “Si parte da un’altitudine di 150 metri sopra il livello del mare e dopo circa 11 chilometri si arriva a quota 1.430”.

In alcuni ostelli, come ad esempio in quello di Lasarogna, “siamo stati i primi sammarinesi che hanno deciso di fermarsi. In altri ostelli ci siamo ritrovati a condividere la stanza con 70 persone. Gli abitanti dei vari posti non sapevano pressoché nulla del monte Titano. Noi, con un sorriso e con la cartina in mano, abbiamo spiegato dove si trova la nostra Repubblica, aggiungendo qualche ‘pagina’ di storia e sottolineando che siamo uno Stato indipendente”.

Lungo il percorso, pellegrini di tanti continenti. “Oltre agli spagnoli e agli italiani, abbiamo incontrato anche persone provenienti dal Canada e dall’Asia – proseguono -. Per noi è stata una sfida: 920 chilometri, mentalmente e fisicamente, sono una distanza molto impegnativa. In alcuni tratti si cammina per 20 chilometri in mezzo al nulla: nessuna casa, nessuna pianta. Nulla di nulla, sono strada in terra battuta. Escludendo circa 100 chilometri di asfalto, tutto il resto del cammino è composta da mulattiere, sentieri, foreste e sassi. Gli abitanti dei paesini e delle campagne che si incrociano lungo il percorso sono persone cordiali: ci venivano incontro per offrirci un cestino di fragole, oppure un po’ d’uva”.

La bellezza spirituale e artistica, in alcuni momenti, ha lasciato spazio anche a momenti più intimi, di fatica. “Ho avuto alcuni momenti di crisi – ammette Terzo Zafferani – e qualche problema fisico ai talloni e alle caviglie, che si erano gonfiate. Ogni tanto sognavo il divano di casa”.

Entrambi poi ricordano poi i momenti di pianto, ma anche le ore trascorse senza scambiarsi alcuna parola.

Gli orari sono stati abbastanza rigidi: “Vista la distanza e il tabellino di marcia – una media di 30 km con una punta di 44 km -, ci si metteva in cammino alle 6.30. Al pomeriggio, raggiunta la meta prefissata, ci si faceva la doccia e si lavavano i vestiti”.

Dopo quasi un mese di cammino, Santiago. E, davanti alla cattedrale, un pianto liberatorio, purificatore.

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