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Loris, il professionista con il dono del dialogo

da Redazione

Il ricordo a un anno esatto dalla scomparsa dell’ex direttore di Fixing: la sua educazione, le sue note e il suo modo fotografare a 45 gradi.

 

di Alessandro Carli

 

Nella mia vita professionale ho avuto la fortuna di incontrare straordinari “maestri”: Valeria De Tommaso ai tempi degli esordi a “La Voce di Romagna” (2001), poi successivamente Gianni Di Pasquale e Loris Pironi a “San Marino Fixing”. Giornalisti di grande penna che, seppur con metodi e poetiche assai differenti, mi hanno insegnato l’arte della scrittura (una persona in genere la possiede sin dalla nascita ma è solo nell’incontro con altre “colleghi” disposti a insegnarti che poi ci si raffina, si cresce, si migliora).

Il periodo più lungo di “insegnamenti” l’ho trascorso proprio con Loris, un ragazzo semplice di cuore – nell’accezione più nobile del termine -, dotato di sensibilità, curiosità e grande capacità di “scrivere di tutto”.

A un anno dalla sua prematura scomparsa, mi tornano alla mente moltissimi “frame” di vita vissuta, dapprima in tre (dal 2008, anno in cui è arrivato nelle vesti di direttore al giornale, sino all’estate del 2013, San Marino Fixing è stato scritto anche da Saverio Mercadante) e poi in due.

Il suo arrivo al nostro settimanale, quasi in punta di piedi, nel luglio del 2008, accompagnato da un sorriso. Lo stesso che ha sempre donato a tutta la redazione. Professionista “ottimista” – non si è mai fatto prendere dallo sconforto o dalle tensioni delle chiusure, abituale “sentimento” che si respira in tutte le redazioni -, Loris era un giornalista moderno: sapeva cioè scrivere di ogni argomento con la medesima efficacia e puntualità, con chiarezza e grande senso della notizia, ma allo stesso tempo sapeva destreggiarsi con abilità nelle nuove tecnologie nonostante possedesse un telefonino cellulare di primissima generazione.

Oltre alla carta stampata e a “disegnare il giornale”, sul web riusciva a trovare ogni volta nuove vesti grafiche, accattivanti soluzioni e bellezza visiva.

Era un esteta, Loris. Un esteta della scrittura che sapeva fare della velocità – il movimento sui tasti gli era naturale, quasi fosse un pianista, un pianista sull’oceano dell’informazione – e della precisione due caratteristiche del suo “modus operandi”.

Un ragazzo di altri tempi, con sani valori – sua moglie Simona era il suo mondo -, e con un linguaggio sempre garbato, misurato, mai sopra le righe.

Parlava sempre con un tono di voce sereno, mai “urlato”, e quando un mio articolo non andava bene, aveva la pazienza di correggerlo e di spiegarmi i passaggi “sbagliati” o “deboli”.

Aveva anche molta fiducia in chi, assieme a lui, scriveva il giornale, e non esitava a chiedere un aiuto, specie – e questo lo faceva sorridere – per i numeri e le date. Erano un suo innocente “tallone d’Achille”: chiedeva, con cortesia, di “controllarle” perché ogni tanto le sbagliava.

Loris poi aveva anche un suo modo di vedere il mondo, un po’ diverso da quello degli altri. Questa “visione” usciva benissimo nelle fotografie che scattava: amava le inquadrature a 45 gradi circa, cioè non “dritte”, ma sempre lievemente inclinate.

Non ho mai capito il motivo ma era il suo sguardo: forse una discesa, o una risalita. Una via di fuga per il soggetto che, se lo avesse voluto, avrebbe potuto “uscire” di scena.

Tra i tanti argomenti che Loris trattava sempre con cura, due in particolar modo lo entusiasmavano: lo sport e la politica. Su quest’ultima – che in prima battuta non aveva catturato la mia attenzione – mi ha donato le sue “chiavi di accesso”, la sua grammatica, e mi ha fatto capire la sua importanza. Ero perfettamente consapevole del suo peso, ma grazie ai suoi articoli e agli editoriali, mi è stato più chiaro l’approccio alla materia.

Loris sapeva che dovevo crescere in questo particolare settore e quindi, facendosi un po’ da parte, mi ha mandato a fare più volte il giro delle segreterie, “decifrandomi” – quando ce n’era bisogno – il linguaggio politichese.

“Se (il tale segretario di Stato) ha detto così, in sostanza vuol dire che…” commentava, lasciando poi alla mia penna la scrittura del relativo articolo.

Dopo una manciata di “servizi”, un giorno, mi disse che sulla “politica” ero cresciuto. Ricordo anche con emozione il primo editoriale che mi fece scrivere. Lo lesse e disse: “A parte un piccolo passaggio, va bene”. In quel momento mi sentii un vero giornalista.

Era un ragazzo riservato, Loris: una qualità davvero rara se si pensa al mondo dei media che appaiono in televisione e pontificano su tutto.

Loris non amava apparire. Preferiva di gran lunga far parlare le sue dita, le sue parole scritte. Eppure, quando è stato chiamato a San Marino RTV per la rassegna stampa del mattino o a qualche tavolo tecnico, se l’è sempre cavata egregiamente, tenendo testa a professionisti ed economisti.

Amava il calore degli affetti veri, il confronto, la semplicità. Girava con un piccolo block notes e una penna, e scriveve “in piccolo”. Per lui le cose importanti erano altre: non le apparenze, bensì le persone.

Ci eravamo promessi – e quando a fine maggio di quest’anno ci sono andato ho portato, a modo mio, anche lui – che saremmo andati a Londra tutti insieme: io, lui e Simona.

Era un viaggio che forse non aveva intenzione di fare prima di conoscermi ma, dopo aver ascoltato con pazienza tutti i miei racconti e aver visto le fotografie che aveva scattato in tanti anni, si era lasciato contagiare.

Era questo Loris: nessun pregiudizio ma molta curiosità e spirito di avventura, vivacità intellettuale per le “cose nuove”.

Loris poi sapeva fare squadra. Forse un retaggio che gli proveniva dai suoi anni di sport (football americano: per la finale del campionato statunitense faceva le ore piccole, una concessione a una vita molto regolare, mai eccessiva), forse un’innata voglia di confronto, di apertura.

Ti coinvolgeva sempre nei suoi articoli, soprattutto negli editoriali: chiedeva di “fargli le pulci”, un termine che equivale un po’ a “passare al setaccio con la lente di ingrandimento” parola per parola. Non che non fosse sicuro – Loris quando scriveva era inattaccabile e sempre preciso – ma solo per far sentire tutta la redazione ancora più partecipe al progetto Fixing.

Loris era giustamente convinto che il giornale fosse un progetto collettivo: lui, da direttore responsabile, firmava il settimanale, ma voleva che fossero i suoi “figli” (io, Saverio, i docenti di INforma ma anche i ragazzi del Liceo Economico coinvolti nel “Corso di giornalismo”) a dargli corpo e voce.

Quello che sto portando avanti da circa un anno assieme ai preziosi Daniele Bartolucci e Roberto Parma è esattamente questo: dare continuità agli insegnamenti che mi ha lasciato. Che, con caratteri diversissimi, mi hanno donato prima Gianni e poi lui.

Il giornale che leggete ogni settimana è questo. La ricerca delle notizie, l’equilibrio, l’obiettività – né Gianni né Loris hanno polemizzato o cavalcato la notizia scandalistica o “strillata” – e la professionalità. Il “taglio” che dà San Marino Fixing alle notizie è un marchio di fabbrica costruito nel tempo.

Forse non è esattamente il giornale che avrebbero scritto loro.

Però, credo, lo leggerebbero con attenzione, un po’ per affetto e un po’ per capire dove sta andando.

E per leggere e capire se i loro insegnamenti trovano spazio. Ma anche – ne sono sicuro – segnalandomi, con il loro tono di voce sempre gentile, gli errori.

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