Home FixingFixing Quel “tornio” che fa girare la vera economia

Quel “tornio” che fa girare la vera economia

da Redazione

Antonio Calabrò ha presentato il suo ultimo libro nella sede dell’ANIS. Stefano Ceccato: “Facciamo nostro il forte richiamo a fare impresa”.

 

di Alessandro Carli

 

E’ una fotografia “F64”, di grandi dettagli economico-politici e industriali, quella scattata giovedì 24 settembre dal professor Antonio Calabrò, Consigliere delegato della Fondazione Pirelli e responsabile Cultura di Confindustria, ospite dell’Associazione Industria San Marino per presentare la sua ultima fatica letteraria, “La morale del tornio”, un libro che rimarca il primato dell’economia reale, quella cioè che pone al centro l’impresa industriale italiana, su quella “di carta”, quella cioè della finanza.

Tema sul quale il Presidente di ANIS Stefano Ceccato ha trovato diverse analogie con la realtà sammarinese: anche a San Marino, ha spiegato, “operano industrie che non hanno perso il legame con l’artigianato di qualità e che oggi possono contare su dipendenti sempre più qualificati”. Anche per questo, ha concluso, “facciamo nostro quel forte richiamo, contenuto nel libro, al ‘vero’ fare impresa, che è in cima ai valori sia di Confindustria Italia che di ANIS”.

Stimolato dal caporedattore di San Marino RTV Sergio Barducci, Antonio Calabrò – che ha condiviso il tavolo, oltre che con Stefano Ceccato anche con l’Ambasciatore d’Italia a San Marino, Barbara Bregato e con il Presidente San Marino-Italia Augusto Mengozzi (in platea invece il segretario di Stato all’industria Marco Arzilli e il segretario di Stato all’istruzione e cultura Giuseppe Maria Morganti) – ha esordito parlando dell’ancora attuale crisi dei mercati.

“Da ogni crisi si esce cambiati da come si è entrati” ha esordito il Consigliere delegato della Fondazione Pirelli, sottolineando poi come in Italia esistano due correnti di pensiero opposte, quella dei “declinisti”, che continuano in maniera quasi ossessiva a lamentarsi, e quelli invece che “si danno da dare”. Per fare un esempio concreto, Calabrò ha ricordato Gino Bartali. “Era un grandissimo ed era solito affermare: ‘è tutto sbagliato, è tutto da rifare’ ma poi vinceva”. Il libro, ha spiegato l’autore, “è contro chi afferma che abbiamo perso”. Calabrò crede nella risalita: “I numeri dicono che siamo in ripresa. Numeri piccoli, certo, comunque positivi. E anche il mercato interno mostra segnali confortanti”. Poi un salto nel passato. “Abbiamo attraversato momenti peggiori. Mi riferisco agli anni Settanta, i cosiddetti ‘anni di piombo’: Piazza Fontana, l’uccisione di Aldo Moro, la crisi petrolifera. Una parte delle imprese manifatturiere però, nonostante i tanti problemi, si è messa a lavorare, uscendo dagli orizzonti dei media e della politica: Torino, il nord est, la dorsale adriatica. Negli anni Ottanta l’Italia era un Paese ricco e benestante grazie alle imprese manifatturiere”.

Spazio poi alla disoccupazione. “I numeri sono fondamentali, ma vanno letti e interpretati. La disoccupazione giovanile in Italia è al 40%: in questa percentuale però sono compresi anche i giovani che studiano”. Ripulita da quest’ultimi per percentuale si attesta attorno al 30%, “una media comunque più alta di quella europea”.

Calabrò, dopo aver chiarito che nelle imprese “l’automazione crescente dei cicli produttivi” incide enormemente (e in maniera negativa sotto il profilo delle assunzioni) “nel lavoro”, si è soffermato sulla “fuga dei cervelli”. “La mobilità, per me, significa ricchezza. Non sono preoccupato se un giovane va all’estero, mi preoccupo se nessuno viene in Italia”.

In questo senso, ha raccontato, la Germania della Merkel è saggia: ha aperto le porte alla Siria perché i siriani hanno il maggior livello di istruzione tecnica del bacino mediterraneo. “In Italia gli stranieri, anche se laureati, vengono trattati come lavoratori di serie B”. E’ più facile trovarli come manovali che nei posti che contano. “Sono pezzi di ricchezza che se ne vanno” ha commentato con un lieve tono di amarezza.

Ma la Germania è anche stretta, strettissima attualità: il caso della Volkswagen, colpita da uno dei più grandi tsunami della storia dell’auto, quello del ‘dieselgate’ con la rivelazione di aver truccato i dati riguardanti le emissioni dei gas di scarico. “Lo scandalo avrà ripercussioni anche su altri settori” comunque collegati al mondo delle automobili. “Le conseguenze – ha spiegato Calabrò – si protrarranno nel tempo” anche perché “si è andata a toccare la fiducia. Se perdi la credibilità, perdi anche i clienti”. Germania che entra anche in una seconda riflessione di Calabrò, a carattere più europeo. Berlino ha “sforato le quote di surplus commerciale ma non è stata sanzionata. E’ più grave quello che hanno fatto o lo sforamento del 3% del rapporto tra deficit e Prodotto Interno Lordo?”.

Piuttosto duro invece l’affondo sulla legalità in Italia. Mafia Capitale, Expo 2015, Mose. Sembra che il malaffare sia ben radicato. “Secondo quanto espresso dalla Corte dei conti, la corruzione ha un peso di 60 miliardi”. Le imprese legate alla mafia sono più competitive di quelle “pulite” anche perché hanno molte più agevolazioni per quel che riguarda l’accesso al credito.

Poi il ritorno alle imprese manifatturiere e alla politica, che spesso le mette in difficoltà anziché agevolarle. “La politica italiana è poco attenta ai valori delle aziende” ha spiegato il professore, che subito dopo ha affrontato il tema della competitività: “Siamo competitivi sulla qualità ma non sui prezzi”. Su quest’ultimo punto Calabrò ha detto che “altre economie sono decisamente migliori”.

Sul digital manufacturing (“Una rivoluzione in corso” ha spiegato) l’Italia e le imprese hanno bisogno di infostrutture all’avanguardia (come la banda super larga) e di investimenti in formazione. Esattamente quello che serve a San Marino.

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