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Editoriale: Nuove aree da destinare allo sviluppo

da Redazione

Vanno inoltre riviste ed aggiornate le norme sullo sviluppo e le relative misure fiscali, ad oggi non sempre chiare e comunque non perfettamente calibrate sulle reali necessità del sistema.

 

di Alessandro Carli

 

La fase di crisi economica e finanziaria – davvero lunghissima e diffusa in quasi tutto il mondo – ha comportato anche l’arresto del ciclo degli investimenti, incidendo notevolmente sulla competitività del tessuto produttivo sammarinese.

Le imprese, ora più che mai, ora che la curva sembra tendere verso l’alto (come ha confermato in ANIS durante la presentazione del suo libro “La morale del tornio” il professor Antonio Calabrò), hanno bisogno di essere messe in condizione di “fare mercato” e di essere competitive. Se l’impegno delle aziende è pressoché quotidiano, non si può dire la stessa cosa per chi dovrebbe agevolarle, ovvero la politica, spesso lontana dai problemi veri del Paese e piuttosto pigra quando si tratta di prendere decisioni forti, anche impopolari.

Per una volta però vogliamo essere meno duri, e dare a “Cesare quello che è di Cesare”.

L’esecutivo, in questi ultimi mesi, qualche piccolo passo l’ha fatto. Accogliamo con favore il via libera al Polo del lusso, così come la riapertura (speriamo davvero imminente) del Polo commerciale di Ponte e Mellini. I margini per fare meglio però ci sono (è un discorso di volontà), e devono essere battuti.

Per rilanciare il Paese servono nuove aree da destinare allo sviluppo delle imprese manifatturiere, aree in grado di accogliere grandi investimenti, anche esteri. Vanno inoltre riviste ed aggiornate le norme sullo sviluppo e le relative misure fiscali, ad oggi non sempre chiare e comunque non perfettamente calibrate sulle reali necessità del sistema.

Il Titano ha straordinarie potenzialità, ma forse non ne siamo ancora davvero pienamente consapevoli. Ha carte da giocare sul tavolo dell’Unione europea – nei giorni scorsi è stato avviato il capitolo dedicato allo scambio delle merci – ma anche su quello della vicina Italia e del mondo.

Va però capito che i tempi sono cambiati, che è impossibile difendere lo status quo, e che è più che mai necessaria una vera, sincera apertura verso l’esterno.

Chi decide di investire sul Monte deve poter contare su norme certe e non solo: cavilli, burocrazia eccessiva, orari degli uffici preposti (altro ostacolo da superare: uno Stato che vuole essere all’avanguardia non può permettersi di avere gli sportelli chiusi uno o due pomeriggi alla settimana) diventano un freno.

Deve essere inoltre favorita la possibilità di acquistare una casa, di far studiare i propri figli vivere e lavorare nel nostro Paese. Esattamente come accade nelle Nazioni che oggi stanno vivendo la ripartenza: è il lavoro che genera economia, sono le imprese manifatturiere – come ha spiegato il professor Antonio Calabrò durante la presentazione del sul ultimo libro, ospitata nella sede di ANIS – che fanno da volano, e non il mondo della finanza.

Con forza di volontà, qualche sacrificio e avendo soprattutto a cuore il bene del Paese, si può ripartire.

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