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Programma Economico 2016, la mancanza di tempestività nelle decisioni

da Redazione

Entrate in diminuzione, spesa corrente ancora altissima, il problema della liquidità. Pochissime azioni incisive e la spending review non ha portato i risultati sperati.

 

di Alessandro Carli

 

Non devono confondere le affermazioni che il Segretario di Stato alle Finanze Gian Carlo Capicchioni ha tenuto in aula in occasione della recente discussione del Programma economico 2016 (“Il bilancio 2014 chiuderà con un leggero avanzo” ha detto, aggiungendo che “il dato sui 15 milioni stimati è stato raggiunto”), né tantomeno la stima effettuata dal Fondo Monetario Internazionale sul Prodotto Interno Lordo, visto a +1% nel 2015 e +1,1% nel 2016: lo stato di salute del monte Titano è piuttosto preoccupante. Lo dice il Programma Eeconomico 2016: “Il livello della liquidità dello Stato è inadeguato rispetto alle esigenze della gestione finanziaria dello Stato, che ricordiamo deve soddisfare non solo le necessità dello Stato in senso stretto ma garantire anche la liquidità necessaria agli Enti Pubblici per la loro gestione, e in particolare all’Istituto per la Sicurezza Sociale”.

 

ENTRATE IN DIMINUZIONE

Le entrate al netto delle partite di giro e dell’accensione del mutuo a pareggio, spiega il dcumento, sono state accertate per 482.236.791 euro a fronte di 592.077.248 euro del 2013 (-109.840.457 euro) con una diminuzione del 18,55%. Le entrate tributarie dell’esercizio finanziario 2014 hanno registrato nel loro complesso una diminuzione pari al 7,01% rispetto all’esercizio precedente, passando da 436.686.827 euro a 406.059.963 euro. Osservando attentamente l’andamento delle voci relative alle imposte dirette si nota che il gettito ha subito un aumento dell’1,65% passando da 108.166.673 euro nel 2013 a 109.952.582 euro nel 2014, imputabili all’imposta generale sui redditi. Nel complesso le imposte dirette evidenziano minori accertamenti rispetto agli stanziamenti di competenza 2014 per 4 milioni (-3,55%).

 

SPESA CORRENTE ANCORA ALTISSIMA

La spesa corrente impegnata ammonta a 441.904.609 euro a fronte di 500.721.334 euro impegnata nell’esercizio finanziario 2013, con una diminuzione dell’11,75% e rappresenta il 91,74% della spesa totale, al netto delle partite di giro, mentre nell’anno 2013 rappresentava l’81,72%.

 

IL PROBLEMA DELLA LIQUIDITÀ

Scorrendo i dati, si può constatare come la diminuzione delle entrate, alle quali parallelamente non corrisponde una diminuzione della spesa corrente, porti al problema della liquidità. Problema che deriva anche dall’incapacità, da parte della politica, di prendere – anche mettendo sul piatto rischi ed errori – tempestivamente una serie di decisioni. Non sono cioè state messe in campo le necessarie contromisure per arginare il problema.

La crisi che ha colpito le aziende ha portato una contrazione delle imposte indirette e quindi un minor gettito della monofase.

Sulla spesa corrente, come ripetiamo da mesi, non è stata fatta un’azione incisiva: il costo del personale è stato trasferito sui fondi pensione e lo Stato, per esigenze di cassa, ha trattenuto i contributi pensionistici.

Anche la tanto conclamata spending review non ha portato i risultati sperati: è necessario riorganizzare l’amministrazione pubblica e razionalizzare gli uffici, che devono essere più efficienti e devono parimenti estendere i servizi. Il miglioramento dei servizi – come ad esempio gli orari di apertura degli uffici – ha ricadute importanti su tutto il sistema Paese.

Serve quindi un vero progetto di riorganizzazione e di accorpamento degli uffici, supportato da una forte implementazione della rete web per l’erogazione dei diversi servizi alle imprese e ai cittadini.

In un’ottica di revisione dei conti siamo convinti che si debbano ‘toccare’ anche gli orari e gli stipendi pubblici, allineandoli a quelli dei privati. Ad oggi, su quest’ultima voce, va ricordato, tra i due settori è in essere una forbice di 20-25 punti percentuali.

Vanno inoltre messe a mercato alcune attività dello Stato. Come l’ISS. Le spese della sanità sono certamente ottimizzabili. L’Istituto deve essere messo nelle condizione di produrre reddito. I costi possono essere abbassati attraverso una gestione di stampo aziendale e creando nicchie specializzate.

In chiave di crescita, anche la “Legge sviluppo” deve essere rivista. La promozione del sistema Paese, così com’è e risultati alla mano, non è perfettamente aderente alle necessità del Titano. Tra i punti da “risistemare” non possiamo dimenticare i parametri e la flessibilità per i permessi di soggiorno e le residenze.

Sul passaggio dall’imposta monofase all’IVA (la vogliamo chiamare volutamente IVA e non IGC anche per motivi di chiarezza: se si tratta di IVA e se questa parola è conosciuta all’estero, forse va adottata anche sul Titano), sottolineiamo ancora una volta la nostra posizione: il processo va accelerato.

La Segreteria di Stato alle Finanze, sull’argomento, sta proseguendo il percorso.

Nei giorni scorsi difatti ha inviato a tutte le parti sociali e alle associazioni di categoria sia il testo che la relazione. Per il sistema sammarinese si tratta di un tassello fondamentale, anche in un’ottica di avvicinamento all’Unione europea.

Un passaggio che permetterà al Titano di attrarre le imprese straniere.

Ricordiamo che oggi la monofase crea non pochi problemi alle transazioni commerciali: spesso i clienti non conoscono le procedure e rischiano di “scivolare” sul T2. L’accordo con l’Unione europea comporterà per la Repubblica di San Marino alcuni oneri ma anche e soprattutto molti vantaggi, come ad esempio la gestione interna delle dogane, che richiederà certamente competenze e un percorso di formazione.

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