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San Marino, dal 2009 ad oggi perse oltre 1.200 imprese

da Redazione

Lo spiega il Programma Economico 2016, che dal 7 settembre verrà dibattuto in Commissione. Giù l’export, disoccupazione all’8,55%. Ecco le azioni da intraprendere per crescere.

 

Tra lunedì 7 e martedì 8 settembre la Commissione Consiliare Permanente Finanze, Bilancio e Programmazione si riunirà per il dibattito in merito alla presentazione del “Programma Economico 2016”. In attesa dei risultati della seduta, abbiamo “studiato” il corposo documento (202 pagine) per estrapolare alcuni passaggi salienti e, di conseguenza, alcune doverose riflessioni.

Per arrivare a fare una serie di considerazioni, partiamo dai dati racchiusi nel report. Dal 2009 in poi il trend economico è in discesa, così come il Prodotto Interno Lordo. Sempre nello stesso periodo, il numero delle imprese operanti nel territorio si è contratto, e in difficoltà troviamo anche la voce “export”.

Il futuro però, perlomeno quanto descrive il Rapporto, dovrebbe essere un po’ più roseo: secondo le previsioni del FMI e della Fitch Rating, il 2015 segnerà la fine del periodo di recessione, con un aumento stimato di crescita del PIL di un 1% nel 2015 e del 1,1% nel 2016. Il tasso di disoccupazione a marzo 2015 è stato dell’8,55 % che seppur inferiore della media europea e inferiore di 4 punti rispetto alla media italiana evidenzia preoccupanti criticità e richiede interventi urgenti. L’inserimento da parte dell’Italia di San Marino nella white list fiscale e nella white list antiriciclaggio costituiscono elementi favorevoli per le relazioni commerciali fra i due Stati e precondizione per generare un impulso positivo all’economia già dal 2015. Il Bilancio dello Stato nel 2014 ha raggiunto l’equilibrio dei conti pubblici, infatti il Rendiconto Generale dello Stato per l’esercizio 2014 ha chiuso con un avanzo di circa un milione di euro, rispetto al disavanzo previsto di circa 15 milioni.

 

PIL

Nel quinquennio 2009-2013 si è persa, in termini correnti, una consistente parte della nuova ricchezza creata annualmente, pari al -17,41%. Analizzando i valori in termini reali (PIL a prezzi costanti 2007) questa percentuale s’innalza ulteriormente, fino a raggiungere il -22,5%.

Il PIL stimato con la metodologia della spesa mette in evidenza come è stata impiegata la ricchezza prodotta, indica in quale entità e quali sono stati gli aggregati maggiormente colpiti dalla perdita di valore prodotto. La tipologia di spesa che subisce un vero tracollo è quella riferita agli investimenti, che vede una diminuzione del 39,2% tra il 2009 e il 2013 e rappresenta una perdita di 182 milioni di euro. Considerando che il PIL ha perso nello stesso periodo circa 296 milioni di euro, spiega il Rapporto, “possiamo constatare che su tale perdita ha inciso per il 61,5% la diminuzione degli investimenti effettuati. Visto che gli investimenti sono determinanti per trainare la crescita di un sistema economico, questi valori non fanno sperare in una ripresa imminente”.

 

IMPORT-EXPORT

Da un’analisi dettagliata dell’import-export negli ultimi sette anni si evince che, dal 2009, l’ammontare dell’interscambio segue un costante trend al ribasso. Il 2009 vede un’importante flessione perdendo il -18,3% rispetto al 2008. Nel periodo dal 2008, in cui si raggiunge l’apice degli interscambi, fino a fine 2013 assistiamo ad una perdita del -46,8% del volume d’affari con il resto del mondo. Complessivamente nel periodo 2008-2013 si sono verificate contrazioni pari al -49,1% nel import e del -44,8% nel export. Nel 2014 le importazioni vedono invertirsi il trend negativo del quinquennio precedente, attestandosi su un valore di 1.629 milioni di euro, +0,34% rispetto l’anno precedente. Le esportazioni rimangono a valori negativi se comparate con il 2013, ma la discesa si è fortemente ridotta con una riduzione di soli -0,6 punti percentuale.

Per quanto concerne le esportazioni, i seguenti settori hanno subito le maggiori diminuzioni in termini percentuali per il periodo 2009-2014: Attività immobiliari, servizi ecc. -67%; Costruzioni -56,8%; Commercio -47,8%. In termini di volume, le maggiori perdite nelle esportazioni per il periodo 2009-2014, quantificate in 1,05 miliardi di euro, si riferiscono alle seguenti attività: Attività immobiliari, servizi ecc. -26,1%; Commercio -19,4%; Attività manifatturiere -16,9%.

L’Italia rappresenta il più importante partner estero, con uno scambio che ammonta a oltre l’83% del totale. Questa concentrazione anomala dell’interscambio quasi totalitario con la vicina Italia ha reso la Repubblica di San Marino vulnerabile allo shock subito dalle misure restrittive delle politiche italiane. Ciò dimostra che per l’economia nazionale valgono le stesse regole economiche aziendali, ovvero che non si possono concentrare i rapporti con un’unica controparte affinché non si debba dipendere fortemente da essa. Un modo per superare questa situazione è quello di diversificare ed ampliare il raggio d’azione dell’economia domestica, cercando di crearsi nuovi partner stabili e duraturi a livello internazionale. Il primo semestre 2014 ha segnato l’uscita di San Marino dalla black list e l’ingresso nella white list fiscale italiana e l’entrata in vigore dell’accordo sulle doppie imposizioni con l’Italia rafforzando i rapporti bilaterali tra i due Stati. Il processo di normalizzazione richiederà però ancora del tempo da parte degli operatori per stabilizzarsi completamente; inoltre non è plausibile assumere l’ipotesi di un immediato ritorno dei volumi di interscambio raggiunti negli anni precedenti al 2009.

 

IMPRESE

Il perdurare della crisi economica e le incertezze sistemiche hanno continuato a produrre i loro effetti sulla chiusura delle imprese operanti in territorio: nel 2008 il totale delle imprese era di 6.400 unità circa, nel 2015 invece di 5.200 circa (-1.200 imprese).

Con l’eliminazione del modello economico tradizionale San Marino è di fronte alla necessità di attrarre nuovi investitori e sviluppare nuovi settori per la crescita. Per sostituire le perdite subite nel settore finanziario, i settori manifatturieri e quelli relativi ai servizi dovranno migliorare la propria competitività sul mercato estero cercando di aumentare visibilità anche su mercati diversi da quello italiano. Il settore manifatturiero è fortemente correlato ai cicli produttivi italiani e deve quindi affrontare la diminuzione della domanda dei propri prodotti a causa delle contrazioni nella zona euro.

I settori che vedono la maggior perdita nel numero di imprese dal 2008 al 31 maggio 2015 sono “attività immobiliari, informatica e servizi alle imprese” con un calo di 732 imprese pari al -29,7%, seguito dalla chiusura di 322 imprese nel settore “commercio” pari al -19%, di 157 imprese nel settore “manifatturiero” pari al -24,8%, di 87 imprese appartenenti al settore “costruzioni e impianti” pari al -18,9% e infine di 50 imprese operanti nel settore “attività finanziaria” pari al -43,1%.

 

I PASSI FATTI IN AVANTI

A fronte di una serie negativa di indicatori, San Marino ha messo in campo una serie di azioni: la riforma fiscale, la Legge per lo sviluppo e gli accordi internazionali, su tutti quelli con l’Italia. Sul tavolo ci sono altre iniziative: il passaggio dalla monofase all’IVA e la riforma del mercato del lavoro. Partirà poi a breve il negoziato con l’Ue, che avrà un forte impatto sul sistema e porterà una vistosa sferzata di ammodernamento al Paese.

La Legge sviluppo dovrà essere rivista, perlomeno per quel che concerne i parametri e la flessibilità per i permessi di soggiorno e le residenze. Crediamo che la promozione del sistema Paese inserita nella Legge sviluppo non sia del tutto aderente alle necessità del Titano.

Sui conti pubblici e la spending review c’è poi ancora molto da fare: occorre recuperare efficienza anche attraverso l’individuazione delle sacche di spreco. Rimanendo sulla PA, la revisione della spesa ha portato pochi risultati e perlopiù non quantificati. “Desumere” senza numeri, ci fa pensare che non si sia fatto granché.

Concludiamo con l’ISS, la più grande azienda pubblica, che potrebbe e dovrebbe costare di meno. Come? Un esempio su tutti, l’esternalizzazione di alcune attività.

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