Home FixingFixing Uno sguardo in alto. Con i piedi a terra…

Uno sguardo in alto. Con i piedi a terra…

da Redazione

E’ un gioco da equilibristi. Anche della parola, come scrisse Oscar Wilde. Siamo noi che non diamo la possibilità alle stelle di brillare nel cielo.

 

di Simona Bisacchi Pironi

 

Nel cielo d’agosto sembra si svolga ogni notte una battaglia.

La luna si alza all’orizzonte tinta di rossa. Le stelle iniziano a cadere. E noi tutti a guardarle esprimendo desideri.

Le scie luminose che abbandonano il cielo catturano gli sguardi, i sogni, forse perché “L’anima è piena di stelle cadenti” (I miserabili, Victor Hugo). Non esistono punti fermi ma solo punti di luce che ti accompagneranno per un tratto del viaggio e poi si spegneranno, per lasciare spazio a luci più forti, più intense, più profonde. Come vecchi marinai ci aggiriamo per la nostra esistenza cercando di lasciarci guidare dal cielo che abbiamo a disposizione. Anche in mezzo alla battaglia, “Siamo tutti nel fango, ma alcuni di noi guardano le stelle” (Oscar Wilde).

Puntare lo sguardo in alto rimanendo con i piedi ben affondati nella terra, questo è un gioco da equilibristi. Si puntano gli occhi in su e si vorrebbe cogliere l’infinito. E alla fine si scorge solo quello che noi vogliamo, quello che pensiamo, quello che desideriamo. Guardiamo un pezzo di meteora che cade nel buio e lo riempiamo di significati, di premonizioni, di profezie. Ma nessuno può conoscere il nostro destino. Nessuno può sapere quante stelle cadenti e quante fonti di meraviglia può contenere la nostra anima. E nessuno può sapere in quale modo la vita ci dona nuove stelle che illuminino il nostro cammino. O che almeno rendano meno buia la strada.

E ogni errore che facciamo offusca quel cielo. Siamo noi le nostre nuvole. Siamo noi che non diamo la possibilità alle stelle di brillare. Eppure “La nuvola nasconde le stelle e canta vittoria ma poi svanisce: le stelle durano” (Rabindranath Tagore). Le stelle durano. È il tempo che fa la differenza. È il tempo che rende frutto il seme. È il tempo che permette a una stella di diventare un punto di riferimento per i naviganti. È il tempo che può trasformare un sogno in un’illusione. O custodire un segreto fino a farlo diventare una storia da raccontare.

Perché alcune storie sono davvero come le stelle, che illuminano il cielo anche quando non ce ne accorgiamo. Anche se la luce dei lampioni è più forte, più facile da notare. È più facile cogliere quello che dovrebbe essere, quello che sarebbe meglio, più opportuno, più semplice… Ma la realtà è più creativa dei nostri “vorrei” e di tutti i “si deve”. E allora puntiamo gli occhi sulla luna, sulle stelle, e cerchiamo un frammento di infinito per sollevarci dalla terra greve. Proviamo a cercare qualcosa di più. Come il piccolo principe “Mi domando se le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua” (Antoine de Saint Exupéry). E può sembrare un controsenso, ma l’unico modo per trovare la propria stella è vivere questa terra.

Con il naso puntato in alto per scorgere nel cielo il rosso della battaglia che si svolge tra gli astri.

Per cercare un conforto e uno scopo dal nostro fango.

Per ricordarci che “siamo fatti della stessa sostanza dei sogni” (William Shakespeare) ma abbiamo la possibilità di diventare realtà. Abbiamo la possibilità di avere una storia da raccontare.

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