Home FixingFixing Imprese in crisi, le banche si uniscono per aiutarle

Imprese in crisi, le banche si uniscono per aiutarle

da Redazione

Guidi (ABS): “Questo Codice le impegna tutti ad agire assieme e non in contrasto tra loro”. Mariotti: “Vogliamo favorire l’emersione precoce delle difficoltà, prima del baratro”.

 

di Daniele Bartolucci

 

Un accordo che supera la normativa vigente, anzi, nell’auspicio degli ideatori, la anticipa, dando modo sia ai creditori (le banche) sia ai debitori (le imprese) di trovare una soluzione alle difficoltà temporanee. Una soluzione ‘preventiva’, si potrebbe dire, in quanto il “Codice di comportamento Banche-Clienti in crisi” promosso da Abs e firmato il 31 luglio da tutti gli istituti sammarinesi, si basa appunto sull’evidenziazione delle difficoltà prima che queste diventino insormontabili. “Possiamo chiamarla emersione precoce della crisi”, ha annunciato il Prof. Sido Bonfatti, uno dei massimi esperti della materia, nonché attuale presidente della Carim e quindi profondo conoscitore della realtà romagnola e dei rapporti con San Marino, scelto da Abs come consulente per questa “operazione innovativa, unica nel panorama bancario”, ha sottolineato il presidente Daniele Guidi. “E’ uno strumento attualmente inedito”, conferma il Prof. Bonfatti, “che nell’Associazione italiana è da diverso tempo un’ipotesi ma non è ancora stata attuata. A riprova che tutti coloro che esercitano l’attività in questo settore sentono la necessità di una regolamentazione. Sarebbe auspicabile come legge, ma la realtà di San Marino ha permesso di crearla già a livello di sistema bancario”. “E’ un argomento tecnico”, ha proseguito il numero uno di Abs, “ma per il sistema è molto importante, non solo perché è la prima volta che il sistema bancario fa un’operazione unitaria e condivisa”.

 

FONDAMENTALE DIVENTA LA TRASPARENZA DEL DEBITORE

“Grazie al Prof. Bonfatti abbiamo introdotto un codice innovativo, che impegna le imprese ad essere trasparenti e credibili, mentre le banche si impegnano ad essere efficienti”. Per quanto riguarda le imprese, spetta loro il primo passo, palesando le difficoltà finanziarie che magari le banche ancora non conoscono, oppure, ancora meglio, le difficoltà che si presenteranno nel breve periodo, ad esempio quelle legate alla perdita di una grossa commessa, i cui effetti si vedranno nei bilanci solo dopo alcuni mesi. “Il connotato principale dell’accordo”, spiega il Prof. Bonfatti, “è l’ autodisciplina, quindi impegni volontari senza obblighi di legge. Il debitore, nel momento in cui si presentano queste difficoltà o, grazie ai dati in suo possesso, prima che si presentino, può richiedere una procedura preliminare e ottenere subito un ombrello protettivo.

A seguito della richiesta, le banche si presenteranno in maniera informata e qualificata (quindi definendo anche quali siano i rappresentanti), per decidere se aprire un tavolo di concertazione e quindi anche la tempistica”. In ogni caso, “tutte le banche rimarranno impegnate a non porre in essere atti idonei ad alterare la par condicio creditorum, sino all’esaurimento della Procedura di Concertazione”. Allo stesso modo “il debitore si impegna alla trasparenza e alla correttezza e quindi a non mutare le condizioni di parità verso i suoi creditori”. Quindi a non vendere un immobile, ad esempio, o applicarvi una nuova ipoteca. A fronte della sospensione delle azioni delle singole banche, cosa spetta all’impresa debitrice? Per prima cosa occorre disegnare il quadro completo della situazione finanziaria dell’impresa, quindi rendere consapevoli (trasparenza, ndr) tutte le banche dei propri debiti. Quindi, obbligatoriamente, “presentare un piano di riassetto o di rilancio, effettivamente basato su situazioni oggettive e quindi credibili”, sottolinea Guidi. “Di fronte a difficoltà momentanee, le banche si impegnano a fare la loro parte, ma dobbiamo verificare che si tratti di debolezze finanziarie superabili in continuità, non debolezze economiche”. Tradotto: la banca eroga credito e l’impresa deve avere mercato, se l’impresa non ne ha o non ha idee valide per il futuro non è un’impresa e quindi non verrà aiutata. E per il recente passato, l’accordo avrebbe evitato alcuni fallimenti? “Non so se si sarebbero salvate alcune aziende in questi anni”, risponde Guidi, “ma certamente certe situazioni si sarebbero potute affrontare in maniera differente”.

 

PRIMO PASSO: SOSPENSIONE DELLE AZIONI ESECUTIVE

“L’intento è quello di intervenire, insieme, sulle crisi aziendali, soprattutto di quelle imprese più strutturate: questo per non perdere aziende, capitali e know how”. La grandezza delle aziende interessate è quantificabile in almeno 1 milione di euro di debito totale nei confronti di più banche, ma a seconda dei casi si può comunque ragionar per difetto o per eccesso.

Perché questo accordo? La risposta è nell’esperienza recente, spiega Guidi: “Laddove ci sono possibilità di sviluppo, di spin off o per l’apertura di nuove linee, fino ad oggi non c’erano le necessarie garanzie, o comunque si interveniva una o due banche e non tutte”. Magari litigandosi gli asset aziendali, si potrebbe aggiungere, spesso in base ad un principio cronologico di conoscenza delle sofferenze: in pratica la banca che scopriva per prima le difficoltà dell’azienda debitrice cercava di intervenire direttamente e per prima sul patrimonio, distruggendolo e dando all’azienda scarse possibilità di riprendersi e ripartire. “Ora invece”, annuncia Guidi, “con questo Codice di condotta si può intervenire, ma assieme”. In pratica “l’accordo impegna tutte le banche a sospendere per i termini indicati, ogni azione ingiuntiva o esecutiva individuale nei confronti dell’impresa debitrice. . È un impegno ad agire in maniera congiunta, la banca può anche non intervenire, ma astenersi da azioni di disturbo”.

 

GUIDI (ABS) SU BAIL IN E PROCEDURA FALLIMENTARE

Quando si parla di crisi aziendali, non si può non parlare anche della crisi che ha colpito le banche e quindi le operazioni per salvarle. “Le banche sono anch’esse imprese”, ribadisce il presidente dei Abs, Daniele Guidi, “quindi il rischio che possano fallire esiste. A San Marino abbiamo evitato questa eventualità, come noto a tutti, attraverso il credito di imposta”.

A chi gli fa notare che si tratta comunque di un aiuto di Stato, Guidi rilancia: “Perché, altri Stati, anche nell’Ue, non l’hanno forse fatto?”. Al di là della frecciatina, “credo che non sarà questo uno dei temi sul tavolo dell’adesione all’Unione Europea, avendo San Marino per le sue dimensioni dei margini di autonomia come in molti altri settori”.

Comunque, per evitare questo genere di aiuti di Stato alle banche (e a tutte le altre imprese), l’Ue ha disposto che per evitare il fallimento si possa agire anche nei confronti dei soci e dei depositi: in Italia è stato approvato al Senato il testo sul bail in, per capitali superiori ai 100mila euro, ovvero oltre la garanzia dello Stato. E a San Marino? “Abbiamo anche noi un fondo di garanzia, che è stato costituito e quindi è operativo, ma non abbiamo recepito la norma del bail in e, per quanto mi riguarda, non la vorremmo. Anzi, credo sia un motivo di competitività il non averla introdotta, a garanzia degli investitori che scelgono il sistema bancario sammarinese”. A proposito di competitività, l’accordo sul Codice di comportamento appena siglato, non esaurisce la materia, giusto? “Sicuramente no, da tempo sollecitiamo il Governo perché aggiorni diverse procedure, tra cui sicuramente la prima è quella fallimentare. Abbiamo avuto notizia di una proposta di legge e, così come tante altre questioni, auspichiamo si arrivi ad un aggiornamento della normativa per rendere più efficiente il sistema, e quindi più competitivo”.

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