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Editoriale: IGC, PST, UE, aeroporto, polo del lusso: i (troppo lunghi) tempi dell’attesa

da Redazione

Non occorre la sfera di cristallo o affidarsi alla fortuna, bensì sedersi a un tavolo e calendarizzare una serie di progetti – condivisi – che si vogliono (o meglio, si devono) raggiungere.

 

Lo slittamento dell’entrata del sistema IVA (IGC) dal 1° gennaio 2016 a (speriamo) al 1° gennaio 2017 sta passando pericolosamente sotto silenzio, forse perché ormai siamo abituati a una azione politica lenta e poco determinata che – imprigionata nelle spire corporative e nel compromesso a tutti i costi – non riesce esprime una visione di lungo periodo, ovvero un piano strategico di sviluppo pluriennale.

E’ un film già visto con la riforma delle imposte dirette che, oltre ad entrare in vigore un anno dopo, è stata ulteriormente smussata e resa meno efficace.

Per il rilancio del Paese serve un deciso cambio di passo.

Quanto tempo dovremo ancora aspettare? Il tutto mentre si avvicina il mese di settembre, quando, all’interno del percorso di avvicinamento all’Unione europea, si discuterà dell’interscambio commerciale.

Se si fosse rispettata la data che sanciva il passaggio dalla monofase all’Imposta Generale sui Consumi, a settembre si sarebbe già potuto pensare a un linguaggio comune che si sarebbe poi ufficialmente concretizzato dall’inizio del nuovo anno, agevolando le discussioni e gli scambi tra le imprese sammarinesi e quelle del Vecchio continente.

Nell’agenda della “cosa pubblica” poi troviamo l’importante progetto del polo del lusso, assolutamente condivisibile anche se nella sua elaborazione era auspicabile una maggiore trasparenza, e il Parco Scientifico e Tecnologico, del quale si parla a singhiozzo.

Così com’è, francamente non è né carne né pesce.

Tuttavia per il suo sviluppo, occorrono progetti concreti, investitori veri, pronti a finanziare l’operazione. Prima ancora, chiaramente, serve un accordo strategico con Roma.

In questa agenda di priorità non possiamo dimenticare il silenzio che è caduto sulle concessioni dell’aeroporto “Fellini”, un progetto – quello dello scalo internazionale – che per le aziende del territorio è potenzialmente interessante, specie per la gestione delle dogane.

 

Le festività

La recente festa sammarinese del 28 luglio, data in cui si celebra la caduta del fascismo, ci dà poi lo spunto per tornare su un altro cavallo di battaglia di San Marino Fixing e dell’Associazione Nazionale Industria San Marino, quello cioè delle maggiori festività rispetto all’Italia. Sul Titano il totale che avevamo conteggiato poco più di un anno (maggio 2014) fa raggiunge la ragguardevole quota di 43 giorni di non-lavoro “holiday & vacation”: 17 dovuti a festività e 26 di ferie.

Giornate di non lavoro che chiaramente incidono sulla competitività delle aziende del Monte.

Per recuperare qualche porzione di produttività sono state avanzate alcune proposte, come quella di spostare alcune festività alla domenica.

Ma forse il vero problema si annida nella mancanza di volontà di cambiare marcia: il Paese è pigro, troppo seduto sullo status quo raggiunto in passato ma che oggi risulta essere vetusto, lontano dalla contemporaneità.

Ci sorprende il fatto che, anche con accordo contrattuale fatto – tra gli allegati del contratto collettivo per il settore industria sottoscritto da l’Associazione Nazionale Industria San Marino e la Centrale Sindacale Unitaria, per esempio, c’è l’accordo tra datori di lavoro e sindacato dei lavoratori per la riduzione di due festività – la politica rimanga sempre e comunque ferma.

Al di là delle scelte dell’esecutivo e opposizione, un po’ troppo singhiozzanti, risalta ancora una volta e in maniera sempre più evidente la mancanza di un vero piano strategico, capace di disegnare – unendo le idee dell’esecutivo e alle note delle associazioni di categoria – la San Marino del futuro.

Dobbiamo tornare a essere attrattivi, essere cittadini attivi, dinamici, che vogliono fare qualcosa di concreto e importante per il loro Paese. Basta solo chiedere: bisogna anche iniziare a dare qualcosa.

Non occorre la sfera di cristallo o affidarsi alla fortuna, bensì sedersi a un tavolo e calendarizzare una serie di progetti – condivisi – che si vogliono (o meglio, si devono) raggiungere.

L’Europa, ricordiamolo, non fa sconti.

San Marino quindi, se vuole stare sui mercati e tornare ad essere un paese dove è bello vivere e lavorare, deve abbandonare quell’aria svogliata di riforme annunciate e non completate e spingere sull’acceleratore, dando un taglio con il passato.

Modernizzare un Paese certo non vuol dire dimenticare la caduta del fascismo o la ricorrenza dei defunti del 2 novembre, ma semplicemente essere responsabili, e guardare al futuro.

Senza demagogia o false scuse per mantenere buoni privilegi.

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