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Consiglio Grande e Generale: ingresso e permanenza degli stranieri in Repubblica (2)

da Redazione

Il dibattito più significativo si concentra sull’articolo 20, rispetto al quale il movimento Rete presenta due emendamenti modificativi, entrambi respinti. Il report dell’agenzia Della Torre.

 

In serata il Consiglio Grande e Generale prosegue l’esame dell’articolato sul progetto di legge in seconda lettura “Modifiche alla legge 28 giugno 2010 n.118 Legge sull’ingresso e la permanenza degli stranieri in Repubblica”, riprendendo dall’articolo 11.

Il dibattito più significativo si concentra sull’articolo 20, rispetto al quale il movimento Rete presenta due emendamenti modificativi, entrambi respinti.

Nel primo si prevede che “il cittadino e lo straniero residenti anagraficamente ed effettivamente in Repubblica possono richiedere il rilascio di permesso per convivenza, in favore dello straniero col quale intendono convivere”, eliminando la dicitura ‘more

uxorio’ in coda alla frase, prevista nella stesura del governo. Da eliminare inoltre la possibilità di richiesta per “convivenza in favore dello straniero, per coabitazione a fini solidaristici e di mutuo aiuto”.

L’esame si interrompe con l’approvazione dell’articolo 22. Si riprenderà alle 9 di domani mattina con l’esame dell’articolo 23.

Di seguito un estratto degli interventi.

Comma 19. Progetto di legge “Modifiche alla legge 28 giugno 2010 n.118 s successive modifiche (Legge sull’ingresso e la permanenza degli stranieri in Repubblica)

Articolo 20

Matteo Zeppa, Rete

A mio modo di vedere c’è incostituzionalità, quindi potremmo andare avanti attraverso altri organismi per evidenziare un diritto confermato da quest’Aula nel 2012. L’articolo del governo, nel momento in cui ammette la per coabitazione a fini solidaristici e di mutuo aiuto, è una presa in giro ulteriore. Sfido chiunque a mettersi nelle condizioni di chi veramente prova un sentimento per una persona del suo stesso sesso, rispetto alla quale devono fare finta di essere lì per fini solidaristici e di mutuo aiuto. Quest’Aula disse che ciò doveva essere naturale. Gli organismi europei fortunatamente ci guardano. Pensiamo ci sia una lesione dei diritti, qualcuno ne dovrà rispondere. L’Aula preferisce andare a imporre una finzione su un sentimento. Mi fa ribrezzo. Tutto ciò per non far passare la santità di un sentimento di amore. Noi andremo avanti in ogni caso, anche fuori dal territorio di San Marino, per evidenziare questa discordanza di intenti nel giro di pochi anni.

Denise Bronzetti, indipendente di maggioranza

Quello che non è chiaro nell’articolo è il permesso per coabitazione a fini solidaristici e di mutuo aiuto. Sotto questa definizione ci possono stare molte casistiche. Il dubbio che sorge è che non si sia voluta chiamare per nome quella che era l’intenzione del legislatore. Sotto questa dizione vorrei vedere chi può contestare la coabitazione di due persone dello stesso sesso che sono legate sentimentalmente. Era più facile chiamarle con il loro nome. Quando si scrivono le leggi non bisogna lasciare troppo spazio alle interpretazioni.

Luca Santolini, Civico 10

Quando si vanno a fare delle leggi gli equilibrismi politici, su materie come queste, non possono lasciare spazio a leggi scritte in maniera che ci siano spazi di interpretazioni dubbie. Poi c’è la questione di principio. Ciò è odioso, specialmente nel giorno della condanna di Strasburgo all’Italia per il mancato riconoscimento delle unioni omosessuali. La corte dei diritti ha definito questo come un diritto umano. Si è voluto mantenere un velo di ipocrisia non chiamando le cose con il proprio nome. A breve saremo costretti a fare un passo avanti, come succede per l’Italia. Anche San Marino ha firmato la Cedu, come l’Italia.

Francesca Michelotti, Sinistra Unita

Ammettere la coabitazione a fini solidaristici e di mutuo aiuto significa aprire la strada, per esempio, a due amici, o colleghi, uno dei quali frontaliere e l’altro sammarinese, che gli fa un piacere. Si apre una prospettiva incomprensibile e illegittima. Si sta aprendo la strada a interessi diversi, cioè risparmiare le spese di gestione della casa o di trasporto di un amico frontaliere. E ciò solo per non usare le parole della verità. Qui c’è una discriminazione odiosa contro le persone omosessuali. Voi ritenete questi comportamenti non legittimabili e usate escamotage linguistici che comportano privilegi per chi non ne ha il diritto.

William Giardi, Upr

Questa non è la legge con cui affrontare i diritti degli omosessuali. Gli omosessuali sono i meno tolleranti, guardate cosa è successo a Barilla quando ha detto che era per la famiglia tradizionale. Ci vorrà una legge per i diritti degli omosessuali. Qui dentro molti sono ossessionati dai gay. Se avessimo introdotto anche la convivenza per questioni affettive non avrebbe in alcun modo regolato i principi dei gay.

Elena Tonnini, Rete

L’intera Aula consiliare nel 2012 ha approvato un’Istanza d’Arengo che proprio all’articolo 15 di questa legge chiedeva di eliminare il concetto di more uxorio. Usare il termine ‘coabitazione’ è ipocrita, significa semplicemente vivere sotto lo stesso tetto. Negare quindi ogni tipo di legame affettivo. Questo stabilisce la legge. Si costringono le persone a nascondere quello che sono, a negare la propria dignità.

Marino Riccardi, Psd

Condivido gli emendamenti, come lo fa il mio partito. Ma credo che in questa fase queste idee purtroppo non appartengano alla maggioranza in Consiglio e nel Paese. E’ vero che è una cosa mistificata non chiamata con il proprio nome, ma si raggiunge l’obiettivo dando una possibilità a persone dello stesso sesso che hanno degli affetti. E’ un passo in avanti, anche se non un riconoscimento pieno. A malincuore respingiamo gli emendamenti di Rete e votiamo l’articolato come presentato. E’ comunque il punto di partenza per arrivare in tempi nemmeno lunghi a un riconoscimento reale dei diritti e dei doveri di queste persone. Tra noi e la Democrazia Cristiana ci sono sensibilità diverse, questo è un risultato positivo, siamo a un punto centrale che va bene per entrambi.

Manuel Ciavatta, Pdcs

L’Istanza del 2012 richiede che venga modificato l’articolo in cui non c’era equiparazione. Non viene chiesto di rimuovere la dicitura more uxorio. Ma di fornire le condizioni per permettere la convivenza. La legge lo fa.

Federico Pedini Amati, indipendente di minoranza

Questo è un Paese ipocrita, tempo fa questo parlamento firmò un documento per iniziare uno studio concreto per i diritti delle coppie dello stesso sesso. Lo aveva sottoposto Lgbt e lo abbiamo firmato tutti. Stiamo tornando all’ipocrisia, torniamo molto indietro. C’è una decisione politica che non vuole riconoscere dignità alle coppie dello stesso sesso. Quanto riportato nella legge non è dignitoso. Stiamo dicendo che riconosciamo la possibilità di una convivenza, ma con questa dicitura. Non va bene. Per i diritti servirà una legge ad hoc.

Gian Nicola Berti, Noi Sammarinesi

Noi abbiamo diversi tipi di convivenze possibili: per opportunità, necessità, amicizia, vincoli familiari o anche ragioni coniugali o more uxorio. Le differenze sono rilevanti, non per quanto scritto nella legge, ma nel diritto di famiglia. Se adottassimo l’emendamento di Rete si genererebbe confusione. Qualcuno sostiene che questo diritto di convivenza deve essere riservato anche alle coppie omosessuali. Ciò è riduttivo, potrebbero esserci esigenze anche diverse. Chi convive per 12 anni more uxorio ha gli stessi diritti dei coniugi.

Nicola Renzi, Alleanza Popolare

Questo testo di legge risponde compiutamente e pienamente a quanto chiesto dagli istanti del 2012. Se la dicitura fosse davvero ipocrita, non lo è altrettanto tentare di inserire altre questioni in questa legge? E’ meno ipocrita porre in agenda una legge sulle unioni omosessuali. Ci si confronterà in una sede che non è questa. Riccardi ha citato solo Psd e Pdcs. L’impostazione di Ap è liberale. Credo che con questa legge si sia fatto un passettino in avanti.

Andrea Zafferani, Civico 10

Bastava avere voglia di chiamare le cose con il loro nome. Io ho estrema paura di questa dicitura. Si dice che chi ha il permesso ha precedenza rispetto ai frontalieri nel trovare un lavoro. Chi ha un amico che gli dà una mano passa avanti agli altri e si prende il lavoro, magari. Temo che dietro queste convivenze si possano mascherare i fenomeni di cui parlava il consigliere Francesca Michelotti. Chiedo di riferire al Consiglio in tempi rapidi su come sta andando la situazione.

Pasquale Valentini, Segretario di Stato per gli Affari Esteri

Siamo davanti a un cittadino residente che si pone il problema di fare entrare un altro soggetto non residente. Il cittadino residente deve andare in Gendarmeria e dire che intende instaurare una convivenza con questa persona e deve dimostrare la disponibilità al sostentamento del nucleo che intende costituire, e stipulare polizze assicurative su sanità, rischi, eccetera. Con quella dizione si comprende il più e il meno. A mio avviso conviene andare avanti perché è una discussione che in questi termini non produce effetti. In questo modo un elemento discriminatorio viene eliminato.

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