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Libertà sindacale e rappresentatività: un po’ di chiarezza

da Redazione

Dopo la mancata firma di USL e OSLA dei contratti di industria e artigianato, siglati nelle scorse settimane da CSU e rispettivamente da ANIS e UNAS, come già accadde nel 2012 si ripresenta la possibilità di avere più contratti con regole e principi diversi per questi settori.

 

Dopo la mancata firma di USL e OSLA dei contratti di industria e artigianato, siglati nelle scorse settimane da CSU e rispettivamente da ANIS e UNAS, come già accadde nel 2012 si ripresenta la possibilità di avere più contratti con regole e principi diversi per questi settori. Va ricordato che la contrarietà di USL ed OSLA non era riferita ai testi contrattuali, ma agli allegati che stabilivano i principi di base sulla rappresentatività di tutte le parti aventi diritto alla trattativa ed alla firma dei contratti. È noto che la CSU con ANIS ed UNAS aveva già firmato impegni ben più stringenti sul tema della rappresentatività nei rinnovi contrattuali del 2012. Nello stesso periodo e di fronte a più contratti sottoscritti per un unico settore, l’intero Consiglio Grande e Generale aveva definito questa situazione un problema per il paese, votando all’unanimità nella seduta del 2 agosto 2012 un ordine del giorno che impegnava il Governo a “completare il percorso già intrapreso dalla Segreteria di Stato per il Lavoro, per introdurre il principio della maggiore rappresentatività, anche al fine di attribuire validità erga-omnes ai contratti collettivi di lavoro”.

L’attacco frontale portato alla Segreteria competente, che sta cercando di mettere in pratica quanto stabilito da tutto il Consiglio, risulta quindi strumentale. A detta dell’USL, che su questo tema porta avanti una vera e propria “guerra santa”, stabilire regole minime di rappresentanza per avere il diritto di firmare contratti erga-omnes, sarebbe una pratica antidemocratica, e addirittura in contrasto con le direttive internazionali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Nulla di più falso! L’USL può fare tutte le battaglie che vuole, ma correttezza vorrebbe che non le facesse su di una menzogna architettata ad arte; la Convenzione OIL n. 87 del 1948, ratificata a San Marino nel 1986, stabilisce il principio internazionale della libertà di associazione sindacale, cosa che c’è oggi nel nostro territorio e che ci sarà domani anche dopo l’approvazione della nuova legge. Qualsiasi gruppo di lavoratori ha ed avrà la piena libertà di costituirsi in associazione sindacale e diventare un soggetto contrattuale, e non occorre nessun numero, minimo o massimo che sia, di iscritti o altri requisiti. L’associazionismo sindacale è e continuerà ad essere libero a San Marino, così come nella maggior parte del mondo.

I requisiti che vengono richiesti oggi dalla legge n. 7 del 1961, e domani dalla nuova legge che uscirà dal Consiglio, non riguardano il diritto o meno di costituire un sindacato, ma di essere una persona giuridica, cosa completamente diversa e non rintracciabile in alcuna convenzione internazionale, essendo San Marino l’unico Paese al mondo ad esercitare la prerogativa della validità erga omnes dei contratti. Se la proposta di legge Belluzzi fosse in contrasto con la convenzione 87, lo sarebbe anche la legge attualmente in vigore, ma ciò non risulta nei consessi internazionali. Partendo poi dal concetto stesso che l’erga-omnes fornisce ai contratti di lavoro un valore giuridico pari ad una legge dello Stato, è giusto che chi si appresta ad essere di fatto legislatore, seppure nella sola materia contrattuale, debba avere un riconoscimento giuridico formale; per averlo occorrono requisiti ben definiti, concetto questo che esiste già nel nostro ordinamento dal 1961. Negare questo significa non avere conoscenza delle più semplici basi della democrazia.

In tutti i sistemi democratici le decisioni che ricadono su tutti devono essere adottate con la massima rappresentatività degli aventi diritto al godimento del dispositivo. Questa è la filosofia democratica! Stabilire che chi rappresenta una parte minoritaria abbia il diritto di decidere per tutti, è un altro tipo di pratica, che non ha nulla a che vedere con la democrazia.

Va anche chiarito come viene dimostrata l’appartenenza ad una organizzazione sindacale; è necessario fissare delle regole certe su come si dà prova della propria rappresentatività. In tutto il mondo si dimostra l’iscrizione ad un sindacato, così come ad una associazione sportiva o culturale, attraverso il versamento di una quota sociale.

Affermare, come fa l’USL, che tale quota non sia necessaria, vuol dire sconfessare il concetto stesso di associazionismo, considerando anche che in moltissimi Paesi in cui non vi è nessuna norma legislativa che stabilisca una quota di servizio, la stessa viene sancita in normative contrattuali, che non escludono comunque mai la quota sociale di iscrizione sindacale. Del resto, come si manifesta la volontà di appartenenza di un iscritto, se non con una quota che il datore di lavoro, pubblico o privato, versa direttamente all’associazione sindacale? O manifestare pubblicamente l’appartenenza è diventato un male? In conclusione, va ribadito una volta di più che le regole stabilite nei rinnovi contrattuali con ANIS ed UNAS, così come quelle presenti nella bozza di “Legge Belluzzi”, allo stato attuale delle cose non escluderebbero dal panorama sammarinese nessun sindacato dei lavoratori e nessuna associazione datoriale. Viene quindi da chiedersi il perché di una così forte contrarietà da parte di alcune associazioni… È solo la paura di confrontarsi con regole nuove, o sotto c’è dell’altro?

CSU

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