Home FixingFixing San Marino, fondi pensione: in arrivo “correttivi” e innovazioni

San Marino, fondi pensione: in arrivo “correttivi” e innovazioni

da Redazione

Il Congresso ha incaricato tre esperti “al fine di rendere sostenibile il sistema previdenziale”. Il rischio è l’azzeramento tra meno di 20 anni dell’ingente patrimonio accumulato.

 

di Daniele Bartolucci

 

Il sistema previdenziale sammarinese è, o per meglio dire, sarà nei prossimi anni messo a dura prova dalla crisi economica (meno occupati si traduce in meno contributi versati) e dell’aumentata aspettativa di vita (più pensioni erogate e per più anni). Per questo il Congresso di Stato ha incaricato tre professionisti del settore per “elaborare precise proposte di soluzioni correttive e introdurre delle innovazioni di sistema che coinvolgano i vari pilastri del sistema previdenziale sammarinese al fine di renderlo più sostenibile nei prossimi anni per la finanza pubblica”.

 

PRIMA LA VALUTAZIONE, ORA I “CORRETTIVI”

L’incarico di consulenza è stato affidato al Prof. Massimiliano Menzietti, al Prof. Marco Micocci e all’Avvocato Alessandro Bugli, già nominati a luglio del 2014 in qualità di membri della Commissione di Studio che aveva il compito di redigere “un documento di valutazione che possa delineare ipotesi di misure correttive al sistema previdenziale e che esamini ipotesi di separazione per una autonomia e autosufficienza dei fondi pensione, al fine di garantire la stabilità di lungo periodo della gestione previdenziale, senza tuttavia diminuire l’efficacia della tutela previdenziale per la categoria assistita”. Tale relazione è stata portata a termine e presentata al Consiglio per la Previdenza e al Congresso di Stato. Proprio quest’ultimo, nella seduta del 3 marzo 2015, dopo aver “preso atto del contenuto della relazione della Commissione di Studio”, ha deliberato il “mandato alla Direzione Generale dell’Istituto per la Sicurezza Sociale di predisporre dei contratti di consulenza con i membri della Commissione di Studio, con imputazione sui pertinenti capitoli di spesa del bilancio ISS, al fine di presentare un progetto dettagliato con l’indicazione delle innovazioni da apportare al sistema previdenziale per renderlo sostenibile nei prossimi anni”. Come da dicitura finale, “tali contratti dovranno essere trasmessi al Congresso di Stato per la presa d’atto”, così è avvenuto in data 8 giugno. “L’accordo di consulenza”, si legge nella delibera, “ha validità fino al 31 dicembre 2015, salvo eventuale proroga da concordarsi con l’ISS, e comunque non oltre il 28 febbraio 2016, per un compenso lordo omnicomprensivo di euro 49.500”.

 

CORRETTIVI SUL LUNGO PERIODO, NON C’È URGENZA

La relazione della Commissione contiene dunque la motivazione principale per cui il Congresso ha deciso di investire in un progetto che delinei i necessari “correttivi”. Dopo aver valutato attentamente i bilanci dei fondi pensione e le dinamiche che sottostanno ad essi, i tecnici hanno individuato alcune criticità sul medio-lungo periodo, rassicurando al contempo che non ci sono rischi nell’immediato. Questo perché i bilanci attuali sono in buona salute (il saldo gestionale è in attivo e lo sarà per almeno altri 9 anni circa), con patrimoni importanti, come ad esempio la gestione dei lavoratori subordinati che può vantare un patrimonio di oltre 350 milioni di euro a fine 2014 con prospettive di crescita nei prossimi anni. I bilanci però mettono in evidenza anche la sofferenza del saldo previdenziale (meno 10 milioni già nel 2014), che è il primo campanello d’allarme fatto risuonare nella relazione, in quanto, se non si dovesse intervenire, eroderà nei prossimi anni l’ingente patrimonio accumulato finora, che è un unicum o quasi nel mondo e che San Marino ha l’obbligo invece di tutelare. E’ questo l’obiettivo della consulenza appena deliberata, parrebbe di capire, perché nonostante si stia parlando di un accumulo positivo fino a oltre 417 milioni raggiungibili nel biennio 2021-22, sarebbe questo un “picco massimo” da cui, inesorabilmente e nemmeno tanto lentamente, si inizierebbe a scendere, arrivando in meno di dieci anni (tra il 2033 e il 2034) a consumare l’intero patrimonio accumulato negli anni. Un’eventualità emersa già negli anni scorsi, tanto che il legislatore era intervenuto con l’innalzamento dell’età pensionabile, che dal 2021 sarà di 66 anni, e delle aliquote contributive (ad eccezione degli agricoltori) fino a un massimo del 22% per gli autonomi e un 21,5% per i subordinati. Ma nonostante questo, gli effetti della crisi (quasi 2 occupati per 1 pensionato, si veda Fixing nr. 15) e l’aumento dell’aspettativa di vita hanno peggiorato il quadro di riferimento. In verità anche il Governo ci ha messo del suo con i prepensionamenti, che sono “costi” spostati dal Bilancio pubblico al fondo pensione. Un concetto matematico che si aggiunge al fatto che poi lo Stato interviene nella misura del 10% delle entrate contributive annuali e, nel caso di gestioni in rosso, fino al 25%. Questo dice la legge, derogata nella finanziaria per il 2014 (legge 174/2013) che ha ridotto il contributo al 5%. Doveva essere un’eccezione, invece la deroga è stata ripetuta anche per il 2015, andando a incidere in maniera negativa sul bilancio dei fondi pensione, già messo a dura prova dalla diminuzione dei contributori-lavoratori occupati e dall’aumento dei pensionati. Scartando l’ipotesi di un aumento delle aliquote contributive, la ricetta più semplice sarebbe quella di aumentare le entrate dei fondi attraverso un piano occupazionale che riporti il numero dei contribuenti in equilibrio con quello dei pensionati, che non devono essere aumentati “a spinta”. I tecnici della Commissione di Studio, però, in base alla loro esperienza, hanno individuato diversi punti in cui intervenire, come ad esempio la rendita che i fondi pensione potrebbero garantirsi in futuro cambiando alcune scelte nella gestione di questo immenso patrimonio (oggi che c’è, prima che sparisca). Stessa cosa per il Fondiss (secondo pilastro), abbinato allo sviluppo anche del terzo pilastro, anche in funzione di chi, come gli imprenditori e i manager, si trovino a vivere per brevi e determinati tempi a San Marino. Questo renderebbe, sottolineano i tecnici, il sistema sammarinese non solo più sostenibile, ma anche più attrattivo.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento