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Rinnovo contratto artigiani: sì di UNAS e CSU fino al 2018

da Redazione

Nei prossimi quattro anni sarà garantita una rivalutazione delle buste paga pari al 3,5%. Confermati flessibilità e potere d’acquisto, c’è anche l’accordo sulla rappresentatività.

 

di Daniele Bartolucci

 

La stagione dei rinnovi contrattuali continua la sua marcia con gli accordi firmati tra sindacati e associazioni di categoria che poggiano, comunque, sul tema della rappresentatività. Come per l’accordo tra ANIS e CSU di inizio giugno, anche quello tra UNAS e CSU, infatti, pone le basi per una regolamentazione più moderna della rappresentatività nei rapporti sociali, oggetto di uno specifico progetto di legge ideato dalla Segreteria al Lavoro, ora al vaglio di tutte le associazioni sindacali e di categoria.

 

ARTIGIANATO, FLESSIBILITÀ E POTERE D’ACQUISTO

I rappresentanti di UNAS, Unione Nazionale Artigiani Sammarinesi, e di Fli-CSU, nella sede dell’associazione di categoria, hanno sottoscritto il rinnovo del contratto del settore artigianato per il quadriennio 2015-2018, che riguarda circa mille dipendenti.

I contenuti salienti dell’intesa riguardano in primis gli aumenti delle retribuzioni che restano fermi per i primi due anni, in virtù dell’inflazione data, ma non verificata, negli anni precedenti. Mentre per il successivo biennio UNAS e Fli-CSU sono previsti adeguamenti all’informazione programmata, contestualmente ad una verifica di metà mandato per valutare eventuali scostamenti.

Come il precedente, siglato nel 2012, il nuovo contratto si pone l’obiettivo di salvaguardare il potere d’acquisto degli stipendi rispetto all’inflazione, ha una durata di quattro anni e prevede una rivalutazione complessiva delle buste paga del 3,5%.

Gli aumenti partono dal 2016 con un più 0,50%, per poi salire all’1,20% nel 2017 e all’1,80% nel 2018. Centrale Sindacale Unitaria e Unione Artigiani hanno concordato di tenere monitorato l’andamento dell’inflazione per valutare, entro un anno e mezzo, eventuali ritocchi agli aumenti già programmati. Resta invece sostanzialmente invariata, rispetto al contratto precedente, la parte normativa, se non per l’attenzione posta all’ulteriore flessibilità nella distribuzione degli orari, finalizzata ad ottimizzare le risorse destinate agli ammortizzatori sociali. Le parti hanno infatti definito che la flessibilità, per fare fronte ai picchi di lavoro e alle attività stagionali, può essere di mezz’ora in più al giorno per un massimo di sei mesi all’anno. “La firma”, ha sottolineato il Segretario generale di UNAS, Pio Ugolini, “è giunta dopo un rispettoso confronto tra le parti, consapevoli della complessità del momento economico attuale e della necessità di giungere presto a una nuova regolamentazione della rappresentatività per la validità erga omnes dei contratti.

Il Presidente di UNAS, Loretta Menicucci ha espresso quindi soddisfazione per il rinnovo contrattuale, conseguito in un “clima di profondo rispetto tra le parti impegnate a cercare un risultato basato sul confronto e non sul conflitto”. Infatti, “il risultato nell’interesse del lavoratore e del datore di lavoro si può ottenere solo con un approccio equilibrato degli interlocutori”.

 

“RAPPRESENTATIVITÀ: SERVONO REGOLE CERTE”

Oltre al rinnovo contrattuale, UNAS e CSU hanno firmato anche l’accordo sulla rappresentatività. Una firma accompagnata da un appello alle forze politiche: “Servono regole nuove e certe per dare stabilità ai contratti”. L’accordo che ribadisce i principi generali della rappresentatività e della democrazia sindacale.

Principi già condivisi nel 2012 (allo stesso modo dell’accordo per il settore Industria firmato la settimana prima con ANIS) con l’obiettivo di rinnovare le relazioni sociali, valorizzando la forza rappresentativa delle singole organizzazioni sociali che partecipano alle trattative per i contratti con valenza erga omnes. “Esigenza di rinnovamento”, hanno sottolineato le parti, “riconosciuta in un ordine del giorno approvato tre anni fa dal Consiglio Grande e Generale e oggi tradotta in una proposta di legge del Segretario di Stato per il Lavoro. Legge che rappresenta una buona base di partenza per avviare un confronto rispettoso delle esigenze e della libertà di tutti, senza però perdere di vista la necessità di introdurre regole certe sia nelle trattative contrattuali che nelle relazioni sindacali. L’ obiettivo deve essere chiaro: un unico contratto di lavoro a validità erga omnes”. “È opportuno rilevare”, hanno spiegato i rappresentanti dell’associazione, “che UNAS rappresenta la parte preponderante di questo settore storico, composto quasi interamente da datori di lavoro sammarinesi, e che anche a questo tavolo verrà sottoscritto un allegato sul tema delle regole necessarie per la validità erga omnes dei Contratti”.

E sempre a proposito di rappresentatività, i segretari FLI-CSU, Enzo Merlini e Giorgio Felici, si dicono “stupefatti” dalle accuse avanzate dall’USL nei giorni scorsi: “Siamo di fronte alla classica tempesta in un bicchier d’acqua. Leggiamo infatti sulla stampa che il terzo sindacato afferma di rappresentare il 21% del mondo del lavoro. Benissimo, cosa avranno dunque da temere da un accordo sulla rappresentatività che vuole sancire e valorizzare proprio il peso numerico delle organizzazioni sindacali? E quale tipo di minaccia può rappresentare il fatto di definire iscritto chi paga la quota associativa? Siamo alla più assoluta normalità, all’A-B-C della democrazia sindacale”.

“La rappresentatività non si compra, non si improvvisa, si fa con chi ha i numeri”, hanno quindi ribadito da UNAS, anche alla luce dei primi incontri sulla bozza di legge, su cui l’associazione sta formalizzando le osservazioni da presentare in questa fase di pre-confronto. UNAS quindi plaude al Segretario Iro Belluzzi, che sta affrontando la necessità di normare una materia così complessa che la politica ha da troppo tempo rinviato: “Sicuramente è un provvedimento importante- osserva il Segretario, Pio Ugolini – e va dato merito a chi sta provando a mettere ordine dove c’è confusione e difficoltà interpretativa delle norme”. L’opacità della materia è infatti tale che ad oggi “si corre il che possa valere un contratto di categoria siglato da chi non è affatto rappresentativo di quella stessa categoria”. Eppure, la rappresentatività si fa solo con i numeri, puntualizza Ugolini. “La stessa legge del ’61 istituisce già i principi basilari che qualificano la realtà datoriale, tra cui il raggiungimento di una determinata soglia di iscritti in un particolare settore”. Con gli anni il contesto e il numero degli attori del mondo del lavoro si sono ampliati, malgrado ciò non si è mai intervenuti a livello normativo per fissare i dovuti paletti. La questione è in stallo da anni, si attende una risoluzione dal 2008 e nel 2012 in Consiglio grande e generale è stata persino riconosciuta la necessità di intervenire sulla materia attraverso più ordini del giorno. Oggi, quindi, “è necessario che cambi l’approccio della contrattazione collettiva – ribadisce il portavoce di UNAS – chi non ha i numeri per rappresentare un settore non può fare salti in avanti per battere tutti sul tempo e depositare per primo un contratto”.

Anche perché a tutti dovrebbe essere chiaro che “se il contratto non ha una base rappresentativa non può avere validità”.

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