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Giustizia civile: le norme per velocizzare i processi

da Redazione

In I° lettura il PdL per impedire che la durata si protragga oltremisura. Modifiche sulle rogatorie, sulle perizie e sulla disciplina degli appelli.

 

di Daniele Bartolucci

 

Cause civili più veloci, in prima lettura è arrivato il progetto di legge “Disposizioni in materia di procedura e di diritto civile e di procedura amministrativa”, che dovrebbe dare “risposta alla duplice esigenza di speditezza dei procedimenti giudiziari e di diminuzione dei costi della giustizia”, come ha relazionato il Segretario agli Interni Gian Carlo Venturini. Nello specifico “gli istituti che il progetto di legge intende modificare abbracciano i seguenti argomenti: la procedura civile, la procedura concorsuale, il diritto civile, il gratuito patrocinio, il controllo preventivo di legittimità e la procedura amministrativa”. Una delle modifiche principali riguarda l’assunzione di prove tramite commissione rogatoria (articolo 2), in quanto “si è voluto ovviare alla eventualità, in concreto più volte verificatasi, che l’assunzione per le vie diplomatiche di prove in Stati con i quali non esistono Convenzioni internazionali bilaterali o multilaterali che autorizzino le Autorità Giudiziarie a dialogare direttamente, si protragga di fatto sine die. Si è quindi previsto che se la risposta alla commissione rogatoria non pervenga entro il termine di sei mesi dalla richiesta da parte della Segreteria di Stato per gli Affari Esteri, su istanza di parte, il Giudice potrà disporre l’apertura del successivo termine di prova. La prova pervenuta in data successiva a tale termine, ma prima dell’apertura del termine ad allegare, potrà essere utilizzata nel medesimo grado di giudizio. In caso contrario, potrà essere presa in considerazione in appello”. Abbinato a questo, è stata modificata anche la disciplina delle perizie (articolo 3): “Ad oggi la legge non prevede un termine entro il quale la parte richiedente la perizia debba depositare la somma richiesta dal perito. L’attuale vuoto normativo può comportare un enorme dilatamento dei tempi processuali ogni qualvolta il pagamento della perizia sia tardivo, in ragione del fatto che, fino a quando la parte istante non abbia depositato la somma dovuta al perito, la perizia non può essere allegata agli atti di causa e non è possibile proseguire il giudizio. Per ovviare alle criticità esposte, si è stabilito che, qualora la parte che abbia richiesto la perizia non depositi la somma dovuta al professionista incaricato nel termine di sessanta giorni successivi alla intimazione fatta dal Giudice, la perizia è ugualmente allegata agli atti di causa mentre il perito, spirato tale termine, ha la possibilità di vedere soddisfatte le proprie ragioni creditorie promuovendo la procedura esecutiva nei confronti della parte cha ha richiesto la prova”. Stesso principio utilizzato per la chiamata in causa del terzo, disciplinata dall’articolo 5. “Nell’attuale normativa il termine per la chiamata in causa del terzo è limitato temporalmente con sbarramento ai termini reprobatori sicché in caso di chiamata in causa tardiva rispetto al termine predetto, il terzo è costretto a radicare un nuovo giudizio con aggravio di spese e di tempo. La modifica attuata prevede che il soggetto chiamato in causa dopo l’apertura di detto termine possa difendersi in quel medesimo giudizio senza dovere richiedere la separazione dei processi, qualora una parte lo richieda espressamente per motivi di economia processuale o in presenza di altre gravi ragioni”. Interessante anche l’articolo 8 sulla definizione delle eccezioni preliminari di procedibilità sollevate in corso di causa: “Lo scopo della norma è quello di giungere in corso di causa alla definizione di tutte le eccezioni preliminari di procedibilità e di nullità della citazione mediante l’apertura di un procedimento incidentale di breve durata, quindi senza dovere attendere la sentenza definitiva – come ad esempio oggi accade nel caso in cui sia sollevata eccezione di difetto di legittimazione della parte o di difetto di litisconsorzio necessario”. In pratica si “impedisce che il procedimento prosegua sino a sentenza in presenza di elementi ostativi concernenti il rito che comunque precluderebbero l’esame del merito della vertenza”. E così anche l’articolo 9 impugnazione dei decreti e dei provvedimenti interlocutori emessi in corso di causa, che “introduce il principio secondo cui i provvedimenti emessi in corso di causa possano essere impugnati soltanto per questioni di diritto; corollario di tale assunto è l’introduzione del divieto di assumere mezzi di prova nell’ambito di tale gravame. Anche questa previsione ha la finalità di impedire che la durata dei procedimenti di impugnazione incidentali si protragga oltremisura senza che ve ne sia necessità”. Importante inoltre la modifica alla disciplina dell’appello (articolo 10), che ha “lo scopo di disincentivare gli appelli meramente dilatori e di rendere più celere la definizione del secondo grado di giudizio. La novità più significativa consiste nell’introduzione dell’esecutività della sentenza di primo grado qualora abbia esclusivamente ad oggetto la condanna al pagamento di una somma di denaro. L’immediata corresponsione di quanto spettante alla parte vincitrice dovrebbe dissuadere la parte soccombente dal proporre appelli pretestuosi tesi unicamente a ritardare l’esborso di denaro. E’ fatta comunque salva la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecutività della sentenza, in presenza di gravi e fondati motivi che saranno valutati in concreto dal Giudice d’Appello”. In tale contesto, sono state apportate modifiche alla fase istruttoria dell’appello: “Al Giudice d’Appello sono state sottratte le decisioni sulle questioni emerse: nel corso dell’Istruttoria e mezzi di prova richiesti dalle parti – affidati al Giudice Istruttore salva diversa determinazione da parte del Giudice d’Appello- e come invece rimanga di sua competenza la decisione definitiva su tali aspetti nell’ambito della sentenza che definisce l’intero grado di giudizio. Inoltre, si è voluto evitare che in appello possano essere assunte prove identiche a quelle già assunte in primo grado per provare le medesime circostanze in fatto e in diritto, vietandolo espressamente”.

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