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Teatro: la recensioni dello spettacolo “Nessi” di Alessandro Bergonzoni

da Redazione

“Nessi, o forse “Nessie” (ci perdoni l’attore), ha fatto capire al pubblico che l’artista bolognese è di una bravura mostruosa.

 

di Alessandro Carli

 

CESENA – L’inizio: un buio in scena lungo quasi 10 minuti, scandito da un monologo fuoriscena che rimbomba, esplode in tutta la sua forza. Il resto, con il palco illuminato per due ore, è semplicemente la conferma della straordinaria classe di Alessandro Bergonzoni. Teatro Bonci di Cesena gremito sino alla “piccionaia”, domenica sera in occasione di “Nessi”, il nuovo lavoro dell’artista bolognese. Sul palco tre incubatrici per svezzare le “parole premature” a cui un Bergonzoni-ostetrico presta amorevoli cure e travolgenti monologhi. Di più è difficile raccontare: come suggerisce il titolo, il flusso monologante è tutto giocato sui calembour e sulla grammatica, una nuova storia degli uomini “Con_nessi”. A che cosa? Alla magia del palcoscenico e poi, a scendere, alla propria vita. A partire proprio dal primo vagito. I “Nessi” che richiamano il nome dello spettacolo sono questi: traslazioni di senso, tra semiotica e attacchi all’intelligenza della platea. Un viaggio caleidoscopico, in cui Bergonzoni si erge a Virgilio: sotto l’inferno della mediocrità, a metà strada la possibilità di catarsi, nel Paradiso la bellezza della risata arguta.

Bergonzoni, non a caso, in scena è il medico della parola. Al centro della sua cura, o satelliti della vita: la nascita, l’elemento liquido (“Per diventare fiumi non basta fare un corso d’acqua”), la morte, il lavoro, la fede in Dio (“Dio ha un piano, noi lo dobbiamo suonare”), l’amore. Tutti “concetti” apparentemente slegati ma che, nella testa infinitamente arguta dell’artista felsineo, diventano un arazzo di nodi, cattedrali linguistiche, riflessioni. E’ un lavoro sul suono e sul significato, con accenti e neologismi che hanno una forma nell’incubatrice della mente ma che poi escono, nascono, diventano vive attraverso la pronuncia, i suoni.

“Nessi”, o forse “Nessie” (ci perdoni l’attore se lo portiamo idealmente a Lochness), ha fatto capire al pubblico che Bergonzoni è di una bravura mostruosa.

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