Home categorieComunicati Stampa Precariato nella PA, anche la Corte Europea l’ha dichiarata illegittima

Precariato nella PA, anche la Corte Europea l’ha dichiarata illegittima

da Redazione

Questa nuova fase di confronto sul fabbisogno della Pubblica Amministrazione avviato con la delegazione di Governo, è accolta con favore dalla FUPI-CSdL. Come ribadito più volte, non è più tempo di tergiversare. Da anni si sono lasciati gli uffici e i tanti servizi in situazioni di precarietà rispetto alle piante organiche, determinando uno stato di cose che può creare anche disservizi per gli utenti. Ciò si ripercuote sulle fasi organizzative, non permettendo chiaramente di individuare l’esatta collocazione “gerarchica” del dipendente rispetto alle mansioni che è realmente chiamato a svolgere, con una conseguente difficoltà ad individuare le sue reali responsabilità.

La trattativa su questo tema era iniziata l’anno scorso, subendo poi uno stop dall’autunno 2014, per poi riprendere, come detto, nei giorni scorsi; ancora non è stato definito nulla in termini di impegni precisi. Sono chiare però alcune enunciazioni del governo che ha intende prevedere cambiamenti rispetto alla valutazione del merito dei dipendenti; un passaggio al quale il sindacato non si oppone assolutamente, a condizione che gli strumenti di valutazione siano seri e passibili di controllo.

Il punto di arrivo di questo processo è un nuovo regime retributivo e normativo per il pubblico dipendente; questo obiettivo è ottenibile solo con l’eliminazione strutturale e definitiva del precariato, non più accettabile, se non per il solo periodo che intercorre dall’assegnazione di un incarico alla successiva emanazione del bando di selezione. Del resto, anche la recente sentenza della Corte europea (cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13 e causa C-418/13) ha dichiarato, tra le altre cose, illegittima la possibilità per uno stato di mantenere in una condizione di precariato i propri dipendenti se non per periodi atti, appunto, ad implementare tali procedure concorsuali.

L’eliminazione del precariato, in un contesto di nuovo regime retributivo e normativo, permetterebbe di diminuire l’incertezza e l’insicurezza delle generazioni più giovani che vivono questo stato di cose proprio nella fase della vita dove invece occorre avere più risorse per disegnare il proprio avvenire; in tale direzione siamo favorevoli a ridistribuire quello che oggi è un sistema retributivo che privilegia solo l’anzianità, determinando situazioni di troppo squilibrio che porta ad avere, all’interno di uno stesso ufficio, situazioni totalmente squilibrate tra gli stessi dipendenti. È ovvio che tale processo non può portare alla eliminazione di ciò che si deve riconoscere alla professionalità che si raggiunge solo con anni di servizio, che deve continuare ad avere un corrispettivo riconoscimento economico.

Altro aspetto sottolineato dalle Federazioni Pubblico Impiego della CSU è quello della necessità di ricomprendere in questo nuovo regime anche i dipendenti di eventuali percorsi di privatizzazione di uffici statali; il pensiero ovviamente va a Poste spa, per il quale si è chiesto di ripensare al progetto, visto che le premesse non sono certo favorevoli ad un percorso di questo tipo per mille ragioni, fra cui la impossibilità di creare un soggetto che fornisca servizi finanziari in un momento in cui le stesse banche soffrono per ragioni di liquidità.

La trattativa deve comunque inserirsi in quello che è il confronto per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, fermo da troppi anni.

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