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Svizzera: la “road map” anche per i frontalieri

da Redazione

Accordo: ok la Voluntary disclosure, il segreto bancario cadrà con la ratifica. L’Italia ha concordato un accordo migliore di quello con San Marino.

 

di Daniele Bartolucci

 

La notizia degli accordi in materia fiscale siglati dall’Italia con Svizzera, Liechtenstein e Principato di Monaco ha fatto il giro del mondo con il titolo altisonante di ‘fine del segreto bancario’. Lo stesso titolo dato dal Governo italiano ai comunicati stampa, che a qualcuno potrebbe sembrare un déjà vu. Tali notizie sono arrivate infatti a meno di tre settimane dall’entrata in vigore dell’Accordo in materia di collaborazione finanziaria tra Italia e San Marino. Allo stesso modo, sarà solo l’entrata in vigore degli accordi a decretare la fine del segreto bancario, ma qualche novità c’è già.

 

VOLUNTARY DISCLOSURE

Come noto l’accordo fra San Marino e Italia è stato sottoscritto il 26 novembre 2009. Ricordare quella data è fondamentale per due motivi: il primo è che la Repubblica di San Marino ha deciso di dire addio al segreto bancario nei confronti dell’Italia molto prima dei Paesi appena citati, il secondo è che per concludere l’iter burocratico ci sono voluti oltre 4 anni, per cui le firme apposte sui vari accordi, in questo senso, hanno un valore di mero annuncio. Come conferma l’Articolo III dell’accordo con la Svizzera: “I due Stati contraenti si notificheranno vicendevolmente per via diplomatica che sono adempiuti i presupposti legali interni necessari all’entrata in vigore del presente Protocollo di modifica. Il Protocollo di modifica entra in vigore quando è stata ricevuta l’ultima di queste notifiche”. Lo stesso vincolo è presente negli accordi con Monaco e Liechtenstein, così come era presente in quello con San Marino. Quindi la situazione è ben diversa da quella dei tre Paesi: l’accordo con l’Italia è già in vigore, per gli altri no. La notizia data dal Governo Renzi è quindi una mezza notizia, edulcorata a dovere per zittire quanti gli imputano di non fare abbastanza contro gli evasori fiscali? In verità l’entusiasmo del Ministro Padoan e del suo Premier sono giustificati: al netto della storica firma, l’obiettivo principale è quello di dare sostanza alla “Voluntary disclosure”, il ‘ravvedimento operoso’ previsto dalla legge di Stabilità 2015, teso all’emersione di attività e investimenti detenuti all’estero da contribuenti che non hanno mai provveduto ad adempiere agli obblighi di monitoraggio fiscale. Infatti, i contribuenti italiani con capitali non dichiarati e custoditi in conti in Svizzera, Monaco e Liechtenstein, che volessero aderire alla regolarizzazione dei capitali non saranno penalizzati (raddoppio delle sanzioni e dei termini di accertamento) rispetto ad altri che regolarizzano capitali detenuti in altri paesi non inclusi nella ‘black list’, come sono considerati oggi la federazione elvetica e i due principati. Con la firma dei rispettivi ministri, tutti e tre i Paesi verranno considerati come se fossero già in ‘white list’ (come lo è ufficialmente San Marino), anche se formalmente lo sarà solo dopo la ratifica da parte dei parlamenti dei Paesi e le notifiche incrociate. In pratica, per la fine del segreto bancario, si dovrà attendere l’entrata in vigore degli Accordi e dei Protocolli aggiuntivi, mentre ai fini della ‘volountary disclouser’ l’Italia potrà fin da subito ‘accogliere’ le domande – e i capitali nascosti – dei propri cittadini entro i termini fissati dalla Legge (entro il 30 settembre 2015) senza che questi considerino estremamente penalizzante questo ‘ravvedimento’. E’ un’agevolazione, in pratica, al recupero fiscale su questi capitali detenuti all’estero nei tre Paesi. Anche perché, teoricamente, in futuro questi Accordi saranno superati dai nuovi standard Ocse, di cui l’Italia è stata tra i Paesi ‘early adopter’, ovvero tra i Paesi che si sono impegnati ad adottarlo a partire dal 2017 con riferimento alle attività finanziarie detenute nel 2016. La Svizzera, invece, si è impegnata ad adottare lo scambio automatico di informazioni a partire dal 2018.

 

FRONTALIERI

Una delle questioni più delicate nei rapporti tra l’Italia e i Paesi confinanti è il trattamento fiscale dei frontalieri. San Marino ha deciso nel 2012 di lasciare che fosse l’Italia, con una legge ordinaria, a regolare tale trattamento nei confronti dei residenti nel Belpaese e annualmente ci si deve affidare alle proroghe della franchigia e alle sue altalenanti valenze (praticamente viene abbassata o aumentata ogni volta ormai). La Svizzera ha agito diversamente: all’Accordo – che modifica la vecchia Convenzione del 1976 – viene aggiunto un secondo atto firmato dai due Ministri dell’Economia: nel Roadmap on the Way Forward in Fiscal and Financial Issues between Italy and Switzerland il capitolo 4 è dedicato alla questione frontalieri. Al di là dell’incidenza numerica (si stimano 62mila residenti italiani che lavorano in Svizzera contro i poco più di 5mila che lavorano a San Marino), è sintomatico che dopo l’annuncio svizzero di nuove tasse sui frontalieri – altro déjà vu per i sammarinesi – si sia raggiunto un accordo tra i due Paesi che rappresenta un unicum, ma così innovativo che potrebbe essere il pioniere di altri accordi con altri Paesi, come San Marino appunto. La ‘road map’ delinea infatti il percorso per la revisione dell’accordo sui frontalieri firmato nel 1974, che riguardava solo i frontalieri italiani e prevedeva la tassazione esclusiva in Svizzera con il ristorno del 40% dei gettito ai Comuni italiani della zona di confine. Il nuovo accordo, che riguarda anche i frontalieri svizzeri prevede la reciprocità, quindi i lavoratori frontalieri di entrambi gli Stati saranno assoggettati ad imposizione sia nello Stato in cui esercitano l’attività, sia nello Stato di residenza. In che modo? Il Governo italiano ha annunciato che “la quota spettante allo Stato del luogo di lavoro ammonterà al massimo al 70% del totale dell’imposta normalmente prelevabile alla fonte. Il Paese di residenza dei lavoratori applicherà l’imposta sul reddito delle persone fisiche tenendo conto delle imposte già prelevate nell’altro Stato ed eliminando l’eventuale doppia imposizione. Il carico fiscale totale dei frontalieri rimarrà inizialmente invariato e successivamente, con molta gradualità, sarà portato al livello di quello degli altri contribuenti”. Un accordo “innovativo” l’ha definito lo stesso Mef, e competitivo per le imprese svizzere. Sicuramente diverso da quello siglato con San Marino nel 2012. Eppure un accordo simile a quello svizzero era stato ipotizzato negli anni ’90: circolò una bozza di protocollo che prevedeva l’esenzione (da parte italiana) del 65% dell’imposta, fino a un massimo di 24mila euro. Ora che l’Italia sembra stia ingranando la marcia giusta, potrebbe non bastare più la franchigia a far restare sul Titano i migliori lavoratori. Potrebbe diventare necessario un aumento di stipendio, ma ciò significherebbe perdere competitività per le aziende sammarinesi.

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