Pier Marino Sarti: “Ok alle residenze turistiche, ma si inizi dalle norme per ampliare la casa per i figli. Ripresa forse tra 3 anni. La politica faccia qualcosa, anche sbagliata, ma la faccia”.
di Daniele Bartolucci
Tra crisi economica e mercato immobiliare svalutato, l’edilizia sammarinese non può che sperare in un 2015 migliore, anzi, dati alla mano, può solo sperarlo.
“Io che sono un ottimista per natura”, spiega Pier Marino Sarti della Impresa Edile Titano spa, “credo che la ripresa, se ci sarà, non la vedremo prima di due o tre anni… bisogna vedere quante imprese ci saranno ancora, però. La nostra è stata fondata nel 1969 da mio padre, e orgogliosamente non ha mai chiesto un solo giorno di cassa integrazione, ma non so quanto resisteremo”.
Del resto la moria di ditte più o meno grandi, che si è poi trasmessa all’indotto (artigianato, fornitori, eccetera), è un dato che si ripete in tutti i bollettini di statistica.
A Pier Marino Sarti, che è anche consigliere della Cassa Edile della Repubblica di San Marino e quindi ha la controprova della portata reale della crisi del settore, chiediamo quali siano le possibilità per sbloccare, per quanto si può, la situazione attuale e invertire il trend negativo che ha colpito San Marino da qualche anno.
Negli ultimi due mesi San Marino Fixing ha elencato e in certi casi azzardato alcune ipotesi di sviluppo, cambiamenti che potrebbero portare con sé quell’ossigeno che oggi manca al settore: dagli incentivi fiscali sulle ristrutturazioni allo svincolo della proprietà dalla residenza (abitazioni per turisti, ad esempio, ma non solo), financo ad una nuova normativa in materia.
Pensa anche lei che queste siano le strade per rilanciare il settore?
“Condivido in toto l’analisi che avete fatto su queste pagine, ma la politica non l’ha concretizzata, mi pare di capire. Sulle ristrutturazioni, che sarebbero un volano eccezionale, gli incentivi sono poca cosa: si potevano mettere più soldi e in maniera più efficace. Purtroppo il ‘treno’ è passato, visto che la Legge di Bilancio, che destina i fondi per questi contributi, ormai è già stata fatta e approvata. Eppure il potenziale c’è: proprio Fixing ha evidenziato che ci sono circa 12mila unità abitative costruite in territorio, io vi dico che ci sono circa 600 richieste di ristrutturazione pronte a partire. Quindi il lavoro potrebbe esserci, se volessero e se lo gestissero bene”.
Specificatamente, in che senso “gestirlo”?
“Il problema di oggi non è solo la crisi economica, ma il fatto che in meno di 10 anni si è costruito ciò che normalmente si costruisce in 30… è chiaro che ora ci troviamo con troppi edifici, sempre meno spazio libero e, dulcis in fundo, anche molti immobili sfitti o inutilizzati. Per questo se ci sono 600 ristrutturazioni pronte a partire, invece di compattarle tutte in uno o due anni, sarebbe bene ottimizzare questa possibilità spalmandola in un periodo più lungo, si potrebbe fare una media di 60 per 10 anni. Ciò garantirebbe lavoro e qualche certezza in più sul futuro”.
Resta il problema che le ristrutturazioni non siano poi così a buon mercato sul Titano.
“Sicuramente costa meno che comprare un terreno e costruirci sopra, ma soprattutto sfido chiunque, oggi, a impegnarsi in un’operazione del genere… i terreni sono ormai svalutati anche della metà, ma non si vendono nemmeno a questi prezzi. Se però io avessi il lavoro, se potessi quindi garantirmi delle entrate, potrei anche pensare a investire e con quel lavoro pagare gli oneri dell’investimento. Così invece sarebbe un azzardo, un mezzo suicidio”.
Restiamo ancora sulle ristrutturazioni: incentivi a parte, perché non ne vediamo tante quante ci si aspetterebbe?
“Se per le costruzioni ex novo probabilmente si è lasciato troppo spazio all’impresa, sulle ristrutturazioni i paletti sono talmente alti e fitti che spazio ce n’è davvero poco. Allargare, di poco e in relazione al 2015 – ricordo che il Piano Regolatore è dei primi anni ’90 – le maglie normative potrebbe sbloccare molte delle situazioni che si sono create in questi anni. L’esempio tipico è la casa per il figlio: perché costringerlo a comprare un appartamento a dieci chilometri da dove vivono i genitori se con poca spesa si potrebbe ricavare una seconda abitazione nello stesso stabile? Non si tratta di avviare nuove speculazioni o dare diritti edificatori a chi non ne dovrebbe avere, ma di seguire una logica più attinente alla realtà, dove una casa con diversi ettari di terreno attorno può costruire un piano in più senza stravolgere il contesto circostante. O una casa in centro urbano può allargarsi di qualche metro senza che questo pregiudichi l’intero quartiere. A volte, poi, si parla di centimetri, non di metri. In ogni caso regole più attuali darebbero qualche possibilità in più ai privati di investire nelle loro abitazioni e, di conseguenza, far lavorare tutti noi”.
Altro tema caldo, le case ai non residenti. Anche la legge in materia segue vecchie logiche secondo lei?
“Sinceramente non ho mai compreso l’idea alla base di questa disposizione. Ovviamente non significa che vedrei bene un’immigrazione incontrollata, ma non capisco perché privarsi della possibilità di vendere case e immobili a stranieri, anche senza dare loro la residenza. Non è detto che la cerchino, per prima cosa. Inoltre chi dovesse scegliere San Marino come seconda casa, o come abitazione per motivi di lavoro, potrebbe spostare qui anche la propria famiglia, aumentando gli effetti positivi sull’indotto, visto che dovranno pur mangiare, vestirsi, spostarsi anche loro”.
Da come ne parla, come molti imprenditori, sembra che si aspetti molto dalla politica. Cosa in particolare?
“Qualsiasi cosa, davvero. Non è arrivato ancora il Durc, che avrebbe garantito le imprese regolari negli appalti pubblici e nelle commesse più importanti. A livello legislativo, quindi, se non vogliono aumentare gli incentivi alle ristrutturazioni o modificare la legge sulle residenze, mettano mano almeno al vecchio Prg. Ripeto, facciano qualsiasi cosa, anche fosse sbagliata, ma facciano qualcosa per l’edilizia sammarinese”.