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Teatro Valdoca: recensione dello spettacolo “Voci di tenebra azzurra”

da Redazione

L’idea di nostos raffiora nella poetica della compagnia, in quel suo sguardo verso gli animali che popolano le pagine di Mariangela Gualtieri: l’amore, le carezze, lo sguardo attento sulle esigenze primarie della “fattoria”, che si fa attraverso domande, risposte, dubbi e speranza.

 

di Alessandro Carli

 

CESENA – Il teatro della Valdoca è una sorta di Arcadia: un mondo poco rumoroso, fatto di gesti, luci e soprattutto parole, immagini, dolcezza. “Voci di tenebra azzurra” – questo il titolo del nuovo spettacolo firmato da Cesare Ronconi e Mariangela Gualtieri – è, a modo suo, una forma di nostos greco, di ritorno a un universo che vive voci quasi sussurrate, che accarezzano. Il monologo, vissuto in scena da Mariangela Gualtieri, sin dai primi attimi soffia via ogni dubbio: un cappello cilindrico bianco – straordinario copricapo di collodiana memoria – suggerisce agli spettatori (al massimo 35 ogni replica: una scelta apprezzabile per non rovinare l’incanto) che quella stanza raccoglie e coniuga in un idioma comprensibile un arazzo di suggestioni animalesche, di pensieri (sempre poetici) di chi non ha voce. L’idea di nostos raffiora nella poetica della compagnia, in quel suo sguardo verso gli animali che popolano le pagine di Mariangela Gualtieri: l’amore, le carezze, lo sguardo attento sulle esigenze primarie della “fattoria”, che si fa attraverso domande, risposte, dubbi e speranza. Così i tre atti, sapientemente accorpati in un unico respiro, anticipano la chiusura, un omaggio a Giovanni Pascoli, poeta della terra.

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