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Stati Uniti d’America: lo zio Sam controlla e accerta i redditi del Titano

da Redazione

Circa 3 mila sammarinesi con doppia cittadinanza USA nel mirino del fisco. Tetto a 50 mila dollari. John Mazza: “Regolarizzazione con il SOFP”.

 

di Daniele Bartolucci

 

Una vera doccia fredda per i sammarinesi con la doppia cittadinanza statunitense, che stanno scoprendo in queste settimane di dover pagare le tasse anche negli Usa, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno avuto rapporti economici con quello Stato, ma, appunto in base al fatto di essere “Us person”, quindi o cittadini o possessori della Green Card. Pagare o rischiare un accertamento fiscale: questa la scelta che hanno di fronte, consapevoli che tra le conseguenze potrebbe esserci perfino l’arresto.

La scena finale de “Gli intoccabili” con le manette ai polsi di Al Capone non è opera di fantasia, ma palesa la reale determinazione con cui gli Stati Uniti d’America possono perseguire l’evasione fiscale, un reato federale e, quindi, uno dei più gravi secondo la loro giurisprudenza. Ma se un tempo veniva perseguito soprattutto all’interno dei propri confini, al pari della “sicurezza nazionale”, dopo l’attacco alle Torri gemelle gli Usa hanno allargato il proprio orizzonte anche sul resto del mondo. Da una parte la spinta data dalla lotta al finanziamento al terrorismo, dall’altra quella della domanda interna (in questo caso delle casse statali, prosciugate dalla crisi e dalle manovre “sanitarie” di Barack Obama), hanno velocizzato questa operazione su larga scala, fino all’ideazione dell’accordo Fatca, con cui gli Stati Uniti potranno disporre di una fotografia aggiornata su tutte le transazioni finanziarie dei loro cittadini, ovunque essi si trovino a vivere e lavorare, compresa San Marino.

“In pratica”, spiega il dottor John Mazza, tra i fondatori dell’Associazione Fratellanza San Marino America, “gli istituti bancari devono censire tutte le transazioni finanziarie dei cittadini statunitensi, schedarli e rendere questi dati disponibili all’autorità americana. Con questa operazione gli Usa intendono monitorare e conoscere, in pratica, tutte le posizioni economiche dei loro cittadini nel mondo, in previsione di un accertamento fiscale che, come noto, comporta dei rischi enormi”.

Come conferma il dottor Mazza, però, quasi nessuno era a conoscenza di questo obbligo fiscale: “In verità tale obbligo è sempre esistito, anche se gli stessi Usa non hanno mai informato i propri cittadini all’estero, in particolare – e ci sarebbero già dei casi anche nella Repubblica di San Marino – coloro i quali non sanno neppure di essere cittadini statunitensi”.

Infatti la cittadinanza si ottiene in diversi modi: al netto delle naturalizzazioni (è richiesta la residenza per tot anni e altri criteri), chiunque nasce negli Stati Uniti d’America è un cittadino statunitense, ma anche chi è figlio di due cittadini americani sposati o, in base ad un conteggio degli anni, anche con un solo genitore già cittadino statunitense.

“E’ chiaro che la quasi totalità dei sammarinesi con la doppia cittadinanza non sapevano e non sanno dell’obbligo fiscale in oggetto, per questo l’Associazione Fratellanza San Marino America sta lavorando da alcuni mesi ad una soluzione ad un problema che, se non affrontato per tempo, potrebbe mettere a rischio non solo i capitali di questi cittadini, ma anche la loro stessa libertà”.

Non potrebbero semplicemente rinunciare alla cittadinanza statunitense? “La rinuncia non è contemplata, eventualmente si può fare richiesta formale, ma sarebbe un’autodenuncia in quanto, tra i criteri di ammissibilità c’è anche quello della regolare posizione fiscale. No, quella non è una soluzione”, ribadisce Mazza, “così come il non agire, ovvero credere di poter rimanere nell’ombra. E’ solo un’illusione momentanea, gli Stati Uniti sono molto determinati a scovare tutti gli evasori fiscali, sia che siano le grandi multinazionali, sia i semplici cittadini”.

Ovviamente non tutti i “semplici”, visto che è stata fissata comunque una soglia di 50mila dollari sotto la quale le banche non sono tenute a schedare tali cittadini.

“E’ pur vero che è una soglia abbastanza bassa”, ammette John Mazza, “non credo siano molti i sammarinesi al di sotto di essa”. Quindi non c’è alternativa, bisogna pagare? “In verità, se fino a pochi anni fa non c’erano agevolazioni in tal senso – e, comunque, i cosiddetti condoni fiscali americani erano molto salati, ndr – già nel 2012 è stata proposta una prima sanatoria in tal senso, su spinta del Canada, dove risiedono oltre un milione di cittadini statunitensi. Ma anche quel procedimento era molto oneroso. Finalmente nel 2014 è entrato in vigore il SOFP, che permette una regolarizzazione fiscale presentando la dichiarazione dei redditi degli ultimi 3 anni e dei 6 anni precedenti di FBAR, senza alcuna penalità. Per aderirvi occorre seguire un iter burocratico che coinvolge obbligatoriamente un legale abilitato ad operare negli Usa. Ci siamo già attivati in tal senso con uno studio di consulenza tributaria di Roma in cui il nostro referente è Donald J. Carroll, probabilmente uno dei massimi esperti di queste tematiche operante in Italia”. E’ questa la soluzione, dunque? “Come associazione invitiamo ufficialmente tutti i sammarinesi con doppia cittadinanza ad aderire quanto prima, onde evitare conseguenze penali e patrimoniali enormi. In questo il nostro endorsement è totale e ufficializzato anche in una lettera ai Segretari di Stato agli Esteri e alle Finanze perché, anche se si tratta comunque di cittadini di un altro Stato, prendano coscienza di questa problematica e si attivino di conseguenza secondo le loro prerogative”.

In questo senso potrebbero essere importanti i futuri accordi con gli Usa sulle doppie imposizioni? “Tale accordo è sì fondamentale, ma purtroppo non avrà alcuna valenza in questo caso, trattandosi di cittadinanza e non di residenza fiscale. E’ però un fattore da tenere in considerazione, per questo invitiamo i nostri concittadini sammarinesi ad aderire al SOFP, perché tale dimostrazione sia foriera di una più rapida definizione degli accordi bilaterali che San Marino ha necessità di siglare con gli Usa”. Il riferimento è al fatto che i sammarinesi con cittadinanza statunitense sono circa 3mila e, nel caso venissero tutti identificati come evasori fiscali, gli Usa non avrebbero remore nel dire che a San Marino è evasore un cittadino su 10, tale è la proporzione demografica attuale. In definitiva la regolarizzazione fiscale conviene due volte: ai sammarinesi con doppia cittadinanza che così eviterebbero problemi maggiori, ma anche alla Repubblica, in un’ottica di rapporti diplomatici con gli Stati Uniti. Questi sì fondamentali per il futuro del Paese e, quindi, anche per il futuro dei figli di quei sammarinesi che hanno sempre considerato la cittadinanza statunitense una sorta di “eredità” da trasmettere loro.

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