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San Marino, editoria: la tutela tra le mani della politica

da Redazione

L’Autorità Garante sarà composta da ben cinque membri del Consiglio Grande e Generale. Distinzione tra “impresa editrice” e “testata giornalistica”. Contributi sino a 15 mila euro.

 

di Daniele Bartolucci

 

“Promuovere e tutelare il pluralismo dell’informazione inteso come libertà di informare e diritto ad essere informati a garanzia e protezione dei fruitori e degli operatori del settore”.

Questa la finalità più alta della “Legge in materia di editoria e di professione degli operatori dell’informazione” che il Segretario di Stato al Lavoro Iro Belluzzi ha elaborato assieme alla maggioranza nei mesi scorsi e che, salvo sorprese, è arrivata finalmente al termine del suo iter parlamentare.

 

L’AUTORITÀ GARANTE PER L’INFORMAZIONE

Non senza strascichi polemici, soprattutto per l’istituzione di una Autorità Garante per l’Informazione che ufficialmente “ha il compito di tutelare il diritto all’informazione inteso come libertà di informare e diritto ad essere informati, nonché quello di vigilare sui principi e le finalità del servizio radiofonico e televisivo”.

Niente di strano, se non fosse che questa Autorità avrà – a numeri – una preponderanza di “nominati” dalla politica: 5 membri tutti nominati dal Consiglio Grande e Generale, il Presidente su indicazione del Segretario competente, due membri indicati rispettivamente da maggioranza e minoranza e altri due membri, uno indicato dalla carta stampata e l’altro dalla radio/tv di Stato.

Questa “interferenza” o peggio “controllo” della politica sull’informazione, già sollevata dagli operatori del settore, trova poi concretezza in una serie di “poteri” attribuiti all’Autorità: “Esercita i controlli sul corretto esercizio delle attività di settore, determinando e applicando sanzioni in caso di mancato rispetto delle norme”, “esercita le altre attribuzioni previste dalla presente legge e delibera sulle richieste di provvidenze sull’editoria di cui al Titolo III, Capo III della presente legge”, “valutati gli elementi in suo possesso e quelli portati a sua conoscenza da chiunque vi abbia interesse, esercita poteri di indagine e di verifica al fine di prevenire e contrastare limitazioni e distorsioni del pluralismo dell’informazione, concentrazione tra imprese operanti nel settore, anche al fine di garantire la trasparenza degli assetti proprietari”, “ordina alle imprese interessate di sospendere gli atti posti in essere in violazione dei divieti”, “istruisce verifiche al fine del riconoscimento dello status professionale dei giornalisti che hanno acquisito l’abilitazione professionale negli Stati esteri, nonché lo status professionale degli operatori […] per il rilascio della Press Card”.

Non solo: sarà la Consulta dell’informazione (costituita da operatori/editori) a redigere il proprio Codice Deontologico, ma sarà l’Autorità ad approvarlo, così come a esaminare “le segnalazioni ricevute circa presunte violazioni delle norme contenute nel Codice Deontologico degli operatori dell’informazione” e ad applicare “le sanzioni previste dal medesimo codice”.

Sulle modalità operative bisognerà comunque aspettare almeno 3 mesi, il tempo concesso all’Autorità una volta costituita per adottare il proprio regolamento interno e depositarlo in Tribunale. A mo’ di Camera di Commercio, infine, sarà l’Autorità a raccogliere annualmente le copie dei bilanci delle imprese editrici e delle testate giornalistiche.

Autorità a parte, il settore dell’informazione comunque verrà completamente riformato, a partire da chi ci lavora: con questa legge, infatti, sono riconosciute e regolamentate le professioni nel settore.

 

PUBBLICISTI E PROFESSIONISTI

Come in Italia, esisteranno sia i giornalisti che i pubblicisti. Ad esclusione dei professionisti già presenti (o quelli che in via transitoria acquisiranno tale titolo per legge) sarà istituito un esame di abilitazione alla professione di giornalista, le cui domande verranno accolte dalla Consulta, previo un “praticantato” di 12 mesi.

Altra questione rilevante, infine, è quella relativa all’impresa stessa: in questo caso la legge distingue impresa editrice da testata giornalistica. La prima fa riferimento alla licenza per l’esercizio dell’attività, mentre la seconda è “l’organo di informazione registrato in apposito elenco, con l’indicazione del direttore responsabile, del nome della testata e del suo proprietario e della sede dell’impresa editrice, il numero di copie editate”.

 

I BENEFICI A SOSTEGNO DELL’INFORMAZIONE

Altra distinzione, ai fini dei benefici statali previsti, è quella tra “editori puri” e le imprese editrici “che siano controllate o partecipate da istituti bancari, da finanziarie, da fiduciarie o, in percentuale di maggioranza, da imprese che non svolgano quale attività prevalente l’attività editoriale, o che siano con essi associate”. Benefici trattati nel Capo III della legge “Interventi a sostegno dell’attività editoriale”: in futuro, “con apposito decreto delegato saranno individuati interventi a sostegno della formazione dei giornalisti, finalizzati a percorsi formativi autorizzati dall’Autorità, nonché interventi per la raccolta pubblicitaria”.

Subito, invece, “sono previsti i seguenti benefici: a) contributo sino ad un massimo del 7% sul costo del prodotto editoriale documentato […] fino ad un massimo di Euro 10.000,00 (diecimila) per ogni singola testata”; “b) contributo sino ad un massimo del 30% sul costo derivante dal servizio di fornitura di notiziari da parte delle principali agenzie di informazione, fino ad un massimo di Euro 5.000,00 (cinquemila) per ogni singola testata”. Per quanto riguarda le pubblicazioni periodiche di Partiti, Movimenti o Associazioni senza fini di lucro, giuridicamente riconosciute, “usufruiscono di un contributo pubblico annuo, qualora la testata periodica effettui in un anno solare almeno sei pubblicazioni distinte, di euro 100,00 (cento/00) per ogni numero del periodico, sino ad un massimo di 24 numeri”, ovvero 2.400 euro massimi. Interessante, infine, la norma per cui le imprese giornalistiche debbano essere molto “trasparenti”, perfino più delle banche: “tutti gli organi di informazione comprese le agenzie di informazione”, recita l’articolo 36, “sono tenuti a trasmettere, entro il mese di aprile di ogni anno, presso l’Autorità, i dati relativi al nominativo di coloro che, persone fisiche e giuridiche, hanno partecipazioni nell’impresa editrice e di coloro che, persone fisiche e giuridiche, le hanno avute nell’anno precedente, o che hanno, nell’anno precedente, a qualunque titolo, contribuito a finanziare la testata giornalistica, indicando l’importo complessivamente erogato da ciascun soggetto e la forma e scopo delle erogazioni, siano esse state fatte a titolo di contributo, o di pagamento di pubblicità o sponsorizzazione o ad altro titolo”.

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