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San Marino, Consiglio Grande e Generale: operatori dell’informazione

da Redazione

Nel mirino dei consiglieri di minoranza è l’articolo 6, “Autorità Garante per l’Informazione”, di cui l’Upr, con un emendamento, chiede la soppressione. Con 28 voti contrari e 13 favorevoli l’emendamento viene però respinto e l’articolo approvato così come presentato. Il report dell’agenzia Della Torre.

 

SAN MARINO – La seduta consiliare di venerdì è stata per intero dedicata al comma 16, “Progetto di legge in materia di editoria e di professione degli operatori dell’informazione”, in seconda lettura. Concluso il dibattito, a cui si sono iscritti in 29, inizia l’esame dei 42 articoli del provvedimento. Gli emendamenti presentati dai gruppi di minoranza sono tutti respinti. In particolare, nel mirino dei consiglieri di minoranza è l’articolo 6, “Autorità Garante per l’Informazione”, di cui l’Upr, con un emendamento, chiede la soppressione. Con 28 voti contrari e 13 favorevoli l’emendamento viene però respinto e l’articolo approvato così come presentato.

I lavori si interrompono all’articolo 29 “Pubblicità destinata ai prodotti editoriali”. L’esame dell’articolato proseguirà nella giornata di lunedì.

 

Di seguito un estratto degli interventi.

 

comma 16, “Progetto di legge in materia di editoria e di professione degli operatori dell’informazione”, dibattito:

Tony Margiotta, Su: “Sinistra Unita in commissione non è rappresentata perché il consigliere Luca Lazzari non è più del nostro gruppo. Noi però con l’intervento del consigliere Foschi abbiamo evidenziato problematiche molto importanti di questo progetto di Legge. Il principio fondamentale che deve guidare la nostra azione deve essere “stampa libera”. E invece con questo progetto di legge prevediamo che tre componenti su cinque dell’organismo di garanzia siano nominati dalla politica: fa rabbrividire. A San Marino il giornalismo non è regolamentato e questo genera una situazione poco chiara. Ma ora siamo andati a cadere nuovamente su quel controllo che la politica vuole e che ha adottato negli ultimi 30 anni in tutti i settori. Contrarissimo a questa impostazione e durante l’articolato affronteremo gli argomenti in maniera più approfondita e chiara. Potevamo dare un segnale importante ma non l’abbiamo fatto. Saremmo dovuti andare in un’altra direzione. La Legge sull’informazione prevede che la maggioranza dei componenti dell’organo di controllo e garanzia vengano nominati dalla politica: questa è la direzione sbagliata”.

Andrea Zafferani, C10: “Stiamo parlando di un potere che deve essere autonomo dalla politica. Nel rispetto della Legge e delle normative. E qui sta il primo problema della legge: mancano le definizioni di alcune questioni fondamentali quando si parla di informazione. Per esempio non vengono disciplinati il diritto di critica e quello di satira. Altro problema fondamentale riguarda il rapporto tra autonomia informazione e controlli sull’operato di chi lavora nel mondo dell’informazione. Il codice deontologico, per quanto venga fatto dagli operatori, è approvato dal Consiglio grande e generale e dunque è potenzialmente modificabile dalla politica. Perché non si è prevista, come per altri istituzioni, una semplice presa d’atto? Non una vera e propria approvazione che lascia alla politica la possibilità di modificare il Codice deontologico. Inoltre c’è il problema dell’Autorità che ha controllo politico e una serie di compiti molti importanti. Perché si è voluta mantenere questa impostazione? Perché la politica vuole mantenere il controllo sull’informazione? Bastava creare un’Authority con composizione paritaria”.

Roberto Ciavatta, Rete: “A me pare che la Legge presenti una grande confusione. Una serie di organismi (Consulta per informazione, associazione operatori informazione, Autorità garante) che spesso si sovrappongono tra loro e si confondono. Non si capisce la Consulta che tipo di Statuto abbia. Sembra un’associazione ma ha una serie di adempimenti burocratici molto limitati. Io non capisco perché la politica debba avere un controllo sulle attività giornalistiche e sulla libertà d’espressione dei giornalisti. Non ci sono dal mio punto di vista le condizioni di serenità per andare a intervenire in questo settore. Perché l’informazione a San Marino è vissuta come il nemico che parla troppo. Noi abbiamo presentato una serie di emendamenti che andavano nella direzione di razionalizzare questa norma. Ma non nella presunzione che questa norma potesse diventare una norma modello. Questa norma è nata vecchia e, ad esempio, non prende in considerazione il fenomeno “blogger”. Avevamo chiesto che i benefici di cui possono usufruire i giornali siano legati anche al controllo dei rapporti contrattuali presenti all’interno delle testate. Siamo di fronte a un paradosso enorme. Lo Stato potrebbe elargire contributi a attività che hanno lavoratori in nero. Avevamo previsto attività di abilitazione alla professione giornalistica. Noi avevamo previsto dei corsi universitari di abilitazione alla professione. C’è il problema della dominanza del mercato: il 60% ci sembra troppo alta e noi avevamo chiesto di stare sotto la soglia dei 50%. C’è un problema della proliferazione di organismi che non si capisce bene tra di loro quale tipo di relazione abbiano. L’Autorità garante per l’informazione non può essere controllata dalla politica. Con questa legge si vuole punire chi fino ad oggi ha operato nell’informazione a San Marino”.

Mariella Mularoni, Pdcs: “E’ vero che forse si poteva ottenere un risultato migliore. Però va dato atto del coraggio di questa Legge. Il progetto di legge colma un vuoto normativo e va inteso come una risposta alle numerose sollecitazioni delle parti coinvolte giunte in questi anni. Mancava fino ad oggi una specifica regolamentazione ed allora necessitava di essere ricondotto dentro un percorso normativo e deontologico. La tutela della libertà e del pluralismo dell’informazione sono principi cardini del nostro Paese. Libertà e democrazia hanno costituti elementi fondanti. Non può esistere libertà però senza regole certe. A San Marino non esiste una norma che regolamenta l’attività dell’informazione. Servono regole chiare e precise affinché questo lavoro possa essere svolto nella correttezza più assoluta e venga tutelato anche colui che è oggetto di notizia. Il progetto di legge introduce un codice deontologico da rispettare che verrà elaborato dalla Consulta per l’informazione. Se in corso di applicazione dovessero emergere criticità, c’è volontà di migliorare il testo”.

Francesca Michelotti, Su: “Spiace non essere presenti come Su in Commissione consiliare, non aver potuto ascoltare e partecipare al dibattito che è stato lungo. Non ci si presenta in Aula, né in Commissione, senza che ci sia stato un adeguato confronto e preparazione. E’ un appello che rivolgo a segretari e maggioranza: siano approfonditi nelle proprie sedi di discussione gli argomenti che si portano poi al confronto con l’opposizione. La gatta frettolosa fa i gattini ciechi. La maggioranza rivendica di aver difeso con questa legge il diritto di informare correttamente i cittadini e alle forze di minoranza attribuisce di aver sposato la causa giornalistica intesa come mera professione. E’ un’accusa che trovo infondata e da cui vogliamo difenderci. Oggi ci si ritrova una legge che non ha voluto un ordine, né le garanzie di un ordine. Premetto che sono contraria agli ordini, ma gli riconosco anche dei meriti, sono un presidio dei professionisti a difesa delle garanzie della loro professionalità e dell’immagine pubblica degli iscritti. Si è preferito delegare questi compiti di garanzia, che afferiscono agli aspetti sanzionatori, proprio alla politica istituendo l’Autorità garante dell’informazione. Sono 5 membri, 4 più un presidente nominato dal Consiglio grande e generale su proposta del segretario all’Informazione, quindi nomina politica, due nominati dal Consiglio su suggerimento della Consulta, ma non è una presa d’atto, si può pensare che la consulta designi e il Consiglio poi non nomini. Poi c’è un membro di maggioranza e uno di minoranza. Mi sembra inopportuno che un organismo di nomina consiliare irrori sanzioni ai giornalisti, sono dispiaciuta per la bocciatura di un emendamento di Su e anche per quello di C10, dove si prevedeva che la funzione di irrogare sanzioni fosse a capo della Consulta e che ci fosse la possibilità di fare ricorso all’Authority, e in caso di giudizio diverso ci fosse possibilità dell’arbitrato. E’ questo il più grande vulnus alla libertà dell’informazione che rilevo nella legge.Quando si fanno Authority, si tenga poi conto che, nei paesi democratici, la maggioranza della componente è nelle mani delle minoranze, visto che è un organismo di garanzia ed è quello che richiedono gli statuti delle opposizioni nei paesi avanzati. La libertà di stampa certamente è fastidiosa, soprattutto per il potere. Vedo altre contaminazione, nella definizione degli editori puri che godono di contributi pubblici, l’articolo di matrice antimonopolistica è insoddisfacente. Infine, la lettera mandata dagli operatori ai consiglieri: sono d’accordo con loro, la legge non norma minimamente l’accesso alle informazioni”.

Gian Matteo Zeppa, Rete: “Anche io cito la lettera fatta arrivare ai gruppi e alla Reggenza dagli operatori sulle preoccupazioni della legge. Mi ha colpito il riferimento del segretario all’Usgi, che viene definita una parte del mondo dell’informazione. Questa legge è nata male, fu sospesa in Commissione perché c’erano discrepanze in maggioranza. La tripartizione dei poteri prevede che ci siano altri poteri che devono essere canonizzati. Questa legge tende a portare sotto l’ala protettiva del consiglio, del governo e della politica qualcosa che dovrebbe essere libero. Non è che delle regole di tutela per la persona non esistono in questo Paese, c’è invece nella legge la volontà malcelata di imporre sotto l’ala protettrice della politica tutto ciò che è attinente alla stampa. Devono essere i giornalisti della consulta, non la politica ad interferire sanzionando i giornalisti. Non è scontato che la politica sia migliore di certi giornalisti. L’Autorità di nomina politica ha le competenze di comminare sanzioni, su che base? Su questa legge? La politica deve avere l’ala protettrice della politica. Quando si fa una legge non si deve partire dall’apice, ma dalla ‘gabola’. Anche l’Usgi, trattata a male parole, mi pare invece che quegli ‘alcuni rappresentanti’ debbano essere trattati con più dignità, visto che sono quelli che hanno suggerito gli emendamenti migliorativi. E’ una legge che mette paletti sulla libertà di stampa, lei segretario paradossalmente potrebbe denunciare l’Usgi perché ha dato contro ad un atto governativo”.

Valeria Ciavatta, Ap: “Riconosco che dall’opposizione ci stono stati interventi improntati alla ragionevolezza. Così Santolini e Foschi che hanno riconosciuto che l’impostazione della legge potrebbe essere condivisa. In altri si vuole portare al parossismo la preoccupazione che la politica sia questa mano nera che va sull’informazione e la condizioni, la politica del Consiglio. Dite qualcosa che non è vero. Mi sembra si stia falsando la lettura, forse per legittime preoccupazioni, ma senza tenere conto della nostra storia e della storia dei media nel mondo. Si prevede che una quota di un organismo sia nominato dal Consiglio ed è una mano nera sulla libertà dell’informazione? Il Consiglio si occupa di tanti interessi e diritti e deve occuparsi anche di alcune cose da regolamentare in questo settore. Il Consiglio è nominato dai cittadini, c’è una Commissione di giustizia che avvia azioni di sindacato sui giudici, vogliamo ricordarlo? Allora è la politica che mette mano sulla magistratura? Ieri sera ho sentito che non c’è possibilità di fare ricorso sui provvedimenti disciplinari dell’organo, ma in realtà come funziona lo decide il codice deontologico che a sua volta viene deciso dalla Consulta, ovvero i giornalisti. Così facciamo come i giornalisti che prendono un commento e lo spacciano come notizia. Ma non c’è nessun diritto a vendere per notizia un commento, un’opinione o un pregiudizio, è un modo di fare che lede i diritti e lo dicono gli strumenti di diritto internazionali.

Non vedo perché non ci possa essere un organo dove i media e il Consiglio si incontrino. Da tempo i mass media non sono solo più intermediari, possono supportare il dibattito politico democratico del Paese, ma dobbiamo sapere che sono in potere di influenzare la politica. Tant’è che nei periodi elettorali c’è un regolamento che definisce gli spazi dei mezzi di informazione. Tra gli stessi giornalisti c’è chi lamenta che la mancanza di regole fa in modo che persone squalifichino la categoria.

Dopo anni di promesse, finalmente arriva una legge di categoria, è vero che ci vuole coraggio ad affrontare questa riforma perché tutti ti danno addosso. Qualunque cosa si faccia in questo settore, credo che sia comunque da apprezzare. Poi a San Marino non è palesata la posizione di una testata.

I testi dei giudici di tangentopoli sammarinesi dicono che c’è chi ha allungato la mano nera anche sull’informazione. I media distruggono le persone, si esaltano gli incapaci, ciò va bene a certi finanziatori. E voi vi preoccupate di un’ Authority di nomina politica?”.

Nicola Selva, Upr: “Non abbiamo condiviso l’impostazione di questa legge, non sono un esperto del settore, ma vorrei fare alcune osservazioni. In questa legge trovo contraddizioni, da una parte si vuole tutelare la libertà di informazione, ma passerà sotto il controllo politico del governo di turno. Troviamo un sovra-potenziamento degli organismi di controllo. L’Upr è riuscita a fare accettare alcuni emendamenti, uno in particolare, che impone la presenza dei cittadini sammarinesi in questo organismo, l’authority, perché il rischio era che, oltre a ridurre la libertà, le redini venissero lasciate a cittadini stranieri. Questa legge non risolve i problemi della categoria e soprattutto mette i giornalisti sotto la cappa del controllo politico e degli editori. Nonostante tutto l’Upr ha cercato di migliorare il testo e malgrado la non condivisione, apprezziamo l’atteggiamento del segretario che ha accolto qualche suggerimento”.

Manuel Ciavatta, Pdcs: “Mi ha colpito molto il consigliere Valeria Ciavatta, la ringrazio. Ringrazio anche Santolini e Foschi per i loro interventi che hanno fatto valutazioni oggettive su una materia molto delicata. Per il diritto all’informazione persone hanno lottato dando la vita, ne capiamo l’importanza. Ma è una libertà che fa paura perché può creare denuncia o opinione, ma può diventare anche diffamazione e presa in giro. Per questo la libertà ha sempre avuto a che vedere con la censura. Questa legge non va nella direzione della censura, ma non si deve fare passare che in questo momento in cui la politica è sotto l’occhio dell’informazione la voglia censurare. L’informazione deve essere vera soprattutto in questo momento. Non si può però non considerare che nel nostro piccolo Paese l’informazione influisca più fortemente sulle persone e nelle relazioni che nei grandi Stati.

Per questo, da noi, l’informazione ancora di più deve avere l’obiettivo della verità. Anche i nostri operatori dell’informazione vogliono chiarezza su chi fa questo mestiere. E’ un lavoro che ha avuto più tappe per una maggiore condivisione. E’ vero che restano nodi irrisolti, giudicati così dall’Usgi che ringrazio per gli incontri avuto con le forze politiche e con il governo nell’intento di migliorare questa legge. Il nodo incontestabile è il ruolo dell’Authority, la legge ha fatto scelte pensando alla grande rilevanza che ha l’informazione nel nostro Paese e la necessità di corresponsabilità da parte della cittadinanza. Le nomine del Consiglio derivano da corresponsabilità, non sono ingerenza politica o tanto meno nera.

Conosco degli operatori dell’informazione e riconosco la loro professionalità, non ho paura di loro. Né tanto meno penso che la politica abbia mai pensato di voler ridurre la loro libertà. Ma credo che sia oggi imprescindibile una regolamentazione del settore. Oggi l’informazione per il nostro Paese è importante anche per presentare fuori di noi un’immagine positiva e attrattiva”.

Andrea Belluzzi, Psd: “Non ho sentito parole che partissero da analisi della situazione attuale dei media. Avete paura colleghi? Forse ora vi rendete conto del potere di questa professione? Abbiamo paura a chiedere ai media a chi appartengono? Per chi operano? Con quali risorse? Io apprezzo chi è intervenuto per dire che era necessaria una normativa. E apprezzo ancora di più chi dice che è necessario superare la paura del cambiamento che, a mio avviso, deve essere vissuto come un’opportunità. Questa Legge va a identificare diritto e responsabilità dell’informazione. Non possiamo più vivere in un Paese in cui non sappiamo chi sono gli editori e come si finanziano. Non possiamo stare più in un Paese in cui chi scrive non ha doveri ma solo diritti. E’la Consulta che scrive le regole del codice deontologico. E le regole del gioco non le può applicare chi le ha scritte ma un altro organismo. Sono tre le rappresentanze: 2 operatori del settore, un rappresentante del Governo e 2 rappresentanti del Consiglio Grande e Generale. Ricordiamo inoltre che i componenti devono avere competenze specifiche. In ogni caso la norma prevede che contro il provvedimento dell’Authority si può fare ricorso in sede di giudizio amministrativo. Spesso dietro il diritto di informare si vedono calpestati i diritti dei cittadini dimenticando i danni che si possono causare alle persone. Spesso fa più danno una sentenza sui media che in Tribunale”.

Segretario di Stato Iro Belluzzi, replica: “Io voglio ribadire un concetto per me fondamentale: non ci sto ad essere etichettato come quello che, come sostengono alcuni operatori dell’informazione, ha posto fine alla libertà di stampa a San Marino. Il progetto di legge nasce dal profondo rispetto che nutro per coloro che operano nell’informazione e svolgono attività di giornalista. Mi commuovono le persone che svolgono propria attività giornalistica con impegno sacrificando anche la propria vita (penso a Peppino Impastato o Ilaria Alpi). Il progetto di legge nasce per dare forza a coloro che vorranno svolgere la professione giornalistica. Il diritto alla satira non è menzionato nella norma ma potrà essere svolto e esercitato con quei criteri che corrispondono al buon vivere e alla coesistenza civile. Io non voglio entrare in polemica con l’Usgi ma qualcuno ha citato un articolo di un componente dell’associazione: il signor Masiello. Vorrei conoscere il curriculum di questo signor Masiello?”.

Marco Podeschi, Upr: “Sinceramente i lavori della Commissione sono stati molto interessanti. Riconosco al segretario Belluzzi il coraggio di aver portato avanti con coerenza questo progetto di Legge ma sono perplesso del parere della maggioranza. Non ho capito che idea ha la maggioranza su questa legge. Upr ha presentato una miriade di emendamenti alla Legge per migliorarla. Alcuni accolti molti altri no. Ma la maggioranza per fortuna ha bocciato l’articolo che proponeva l’obbligo dei giornalisti esteri di accreditarsi appena entrati in Repubblica. C’è grande confusione. Per esempio ci sono testate editate in Italia che non ricadranno nel perimetro d’azione di questa legge. Questa legge introduce 4 organismi che hanno compiti sull’informazione. Organismi che sono composte da dipendenti e datori di lavoro. La Consulta e l’Authority quali basi in termini economici hanno per agire? Non hanno neppure una struttura. Nel progetto di legge non è previsto nulla. Il problema è che la Legge andava fatta molto più semplice. Mancava normativa di base che regolasse la professione giornalistica a San Marino. Ma con questo PdL si mescola sacro con profano. Giornalisti con Editori. In Italia c’è l’ordine dei giornalisti e la federazione degli editori. Noi cosa facciamo? Mettiamo insieme negli organismi giornalisti ed editori. Ribadisco poi che moltissime testate non ricadono sotto legge sammarinese. Il rischio è che con questa normativa troppo complicata si vada solo a creare caos in un settore molto delicato per ogni Stato democratico. Spero che questa legge possa essere presto emendata. Perplesso e negativamente colpito dall’atteggiamento tenuto dalla maggioranza in commissione. Molti non sapevano neppure di cosa stavamo parlando”.

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